-
1 parte
f part( porzione) portion( lato) sidelaw partyparte civile plaintifffar parte di una società belong to a society, be a member of a societyprendere parte a take part ina parte separatescherzi a parte joking apartmettere da parte qualcosa put something asidedall'altra parte della strada on the other side of the streetda nessuna parte nowhereda tutte le parti everywhereda parte mia for my part, as far as I'm concernedregalo et cetera from mein parte in part, partlyin gran parte largely* * *parte s.f.1 part; ( porzione) share, portion: mi è piaciuta la prima parte, I liked the first part; una parte della casa andò distrutta dal fuoco, part of the house was destroyed by the fire; ho avuto la mia parte di fortuna, I have had my share of luck; non ho ancora avuto la mia parte dei profitti, I have not had my share of the profits yet; dividere in due parti, to divide into two parts; fare le parti, to divide up (o to share out); essere parte integrante di qlco., to be an integral part of sthg. // (mat.) integrazione per parti, integration by parts // parte, ( alcuni) some: una parte di loro non venne, some of them did not come // gran parte di, a lot of (o a large part of); (pl.) a great many (of) (o a lot of): gran parte della gente..., a great many people...; gran parte del mio denaro va per mangiare, a lot of my money goes on food // in parte, in part (o partly): in parte con la forza, in parte con la persuasione, partly by force, partly by persuasion; contribuire in parte alle spese di produzione, to contribute in part towards the expenses of production // in gran parte, largely (o to a great extent) // la maggior parte di, most (of) (o the majority of): la maggior parte della gente, most people; la maggior parte dei miei studenti, most of my students; per la maggior parte, for the most part // aver parte in qlco., to have a hand in sthg. // essere a parte di qlco., to be informed of sthg. (o to be in on sthg.); mettere qlcu. a parte di qlco., to inform s.o. of (o about) sthg. // far parte di qlco., to be (o to form) part of sthg.: far parte della famiglia, to be one of the family; far parte di un partito, to be a member of a party // prender parte a qlco., to take part (o to join) in sthg., ( dividere) to share sthg.: voglio prendere parte alle spese con te, I want to share the expenses with you; prender parte a una congiura, alle celebrazioni, a un affare, to take part in a conspiracy, in the celebrations, in a business-deal; prender parte alla conversazione, to join in the conversation; prendere parte alla gioia di qlcu., to participate in (o to share) s.o.'s joy3 ( luogo, regione) part, region: da qualche parte, somewhere; da che parte viene quell'uomo?, where does that man come from?; dalle mie parti si parla in dialetto, in my part of the country dialect is spoken; devo andare da quelle parti, vuoi un passaggio?, I've got to go over there; if you want I'll give you a lift; non conosco nessuno da queste parti, I don't know anybody in these parts4 ( lato) side, part: dall'altra parte, on the other side; dalla parte destra, sinistra, on the right, left (o on the right-hand, left-hand side); da questa parte della montagna, della strada, on this side of the mountain, of the road; nell'altra parte della città, on the other side of the city; da che parte viene il vento?, which way is the wind blowing from?; questa parte del foglio deve rimanere vuota, this side of the paper must be left blank; il quadro pende da una parte, the picture is hanging down on one side; da che parte arriva il treno?, on which side does the train come in?; da questa parte, signori, this way, gentlemen // da una parte all'altra, from one side to the other // a parte, apart (from): a parte ciò, apart from that; a parte qualche eccezione, apart from a few exceptions; in una lista a parte, in a separate list; scherzi a parte, joking apart; questa è una cosa a parte, that's another matter (o a different thing altogether); il servizio è a parte, the service is extra; le telefonate le pago a parte, I pay for the telephone calls separately // da parte, aside: farsi, tirarsi da parte, to step aside (o to get out of the way); tirare da parte, to draw apart; ho alcune migliaia di sterline da parte, I have a few thousand pounds put aside; mettere da parte, ( risparmiare) to put aside (o to save), ( trascurare) to put on one side; sentirsi messo da parte, to feel left out // da una parte..., dall'altra..., on (the) one hand..., on the other... // d'altra parte..., on the other hand... // da parte a parte, right through: la freccia gli passò il braccio da parte a parte, the arrow went right through his arm // da parte di, from, ( di parentela) on one's father's, mother's side: un parente da parte di mio padre, a relative on my father's side; ci sono molte lamentele da parte degli studenti, there are many complaints from the students; da parte mia farò il possibile, for my part (o as for me) I shall do my best; da parte mia non ci sono problemi, there are no problems on my side; da parte sua non ho ricevuto niente, I haven't received anything from him; digli da parte mia che..., tell him from me that...; questo è molto gentile da parte tua, this is very kind of you; salutalo da parte mia, give him my regards // da ogni parte, da tutte le parti, on all sides (o in every direction), ( moto) from all sides: da tutte le parti si vedeva il mare, the sea could be seen on all sides (o in every direction); il forte fu attaccato da ogni parte, da tutte le parti, the fort was attacked from all sides // da tutte e due le parti, on both sides // da due mesi a questa parte non lo vedo, I have not seen him for two months (o I have not seen him these last two months) // sono dalla tua parte, I'm on your side; essere dalla parte del torto, to be in the wrong; mettersi dalla parte del torto, to put oneself in the wrong5 (ruolo in opere teatrali, in un affare ecc.) part, rôle: la parte principale di una commedia, the leading rôle of a play; distribuzione delle parti, cast of the play; ( il distribuirle) casting of the play; fece la parte di Otello, he played Othello; assegnare la parte a qlcu., to cast s.o. for a part; sostenere una parte, to act (o to sustain) a rôle; avere una parte importante in un affare, to play (o to take) a prominent part in an affair; fare una parte secondaria, to play a minor (o secondary) rôle // fa sempre la parte dello stupido, he is always playing the fool // ha fatto la sua parte fino alla fine, he played his part to the end // fare una ( brutta) parte a qlcu., ( trattarlo male) to bite s.o.'s head off, ( giocargli un brutto tiro) to play the dirty on s.o.7 (comm., dir.) party; side: parte civile, plaintiff; costituirsi parte civile contro qlcu., to bring an action against s.o. (o to sue s.o.); le parti in causa, the parties to the case; la parte lesa, interessata, the injured, interested party; le due parti in un contratto, the two parties to a contract; convocare, udire le parti, to summon, to hear the parties8 (mus.) part.* * *['parte]sostantivo femminile1) (di un intero) partdividere in -i uguali — to divide equally o evenly
2) (porzione) part, share3) (componente) part4) (lato) side (anche fig.)d'altra parte — fig. then again, on the other hand
da parte a parte — [attraversare, trafiggere] right o straight through
5) (direzione) way, direction6) (luogo)da qualche parte — somewhere; (in frasi interrogative) anywhere
da qualsiasi parte — anywhere, anywhere and everywhere
da un'altra parte — elsewhere, somewhere else
da nessuna parte — nowhere; (con altra negazione) anywhere
7) (zona)da queste -i — (nei dintorni) somewhere about o around here
da parte sua ha dichiarato che... — for his part he declared that...
da una parte... dall'altra... — on the one hand... on the other hand
9) (fazione, campo) sidedi parte — [spirito, discorso] partisan
essere dalla parte di qcn. — to be on sb.'s side
10) dir. party11) (difese)prendere le -i di qcn. — to take sb.'s part, to side with sb., to stand o stick up for sb
12) teatr. telev. cinem. (ruolo) part, role (anche fig.)parte da protagonista — lead o leading role
fare la propria parte — fig. to do one's part o bit
13) mus. part14) da parte dida parte di qcn. — (per quanto riguarda) by o from sb., on the part of sb.; (per incarico di) on behalf of sb.; (del ramo familiare di) on sb.'s side
15) da parte (in serbo) aside; (in disparte) apartmettere, lasciare qcs. da parte — to put, leave sth. to one side o aside
prendere qcn. da parte — to take sb. to one side, to get sb. alone
farsi da parte — to step o move aside
16) a parte (separatamente) apart, separately; (eccetto, tranne) apart, besidesscherzi a parte — joking aside o apart
nessuno lo sa, a parte Mary — nobody knows, besides Mary
a parte i cani, gli animali non mi piacciono — dogs apart, I don't like animals
17) in parte (in) part, partlyin parte era paura, in parte avidità — it was part fear, part greed
18) prendere parte a to take* part in, to join in [manifestazione, gioco, attività]; to be* engaged in, to join in [discussione, negoziati]•parte del discorso — ling. part of speech
- i intime — private parts, privates colloq.
••* * *partein large measure, to a large o great extent\→ largo————————parte/'parte/sostantivo f.1 (di un intero) part; un romanzo in tre -i a three-part novel; per la maggior parte for the most part; la maggior parte della gente most people; dividere in -i uguali to divide equally o evenly2 (porzione) part, share; pagare la propria parte to pay one's share; dedica loro una parte del suo tempo libero he devotes some of his free time to them; la maggior parte del tempo most of the time3 (componente) part; le -i del corpo the parts of the body; far parte di to be part of; fa parte della famiglia he's one of the family4 (lato) side (anche fig.); da ogni parte from all sides; d'altra parte fig. then again, on the other hand; da parte a parte [attraversare, trafiggere] right o straight through; dalla stessa parte on the same side; abita dall'altra parte della strada he lives across the street; il tempo è dalla nostra parte time is on our side5 (direzione) way, direction; da che parte andate? which way are you going?6 (luogo) da qualche parte somewhere; (in frasi interrogative) anywhere; da qualsiasi parte anywhere, anywhere and everywhere; da un'altra parte elsewhere, somewhere else; da nessuna parte nowhere; (con altra negazione) anywhere; da tutte le -i everywhere7 (zona) da queste -i (nei dintorni) somewhere about o around here; dalle -i della stazione in the neighbourhood of the station; se per caso capiti dalle nostre -i if you're ever down our way; un dolce tipico delle nostre -i one of our local cakes8 (punto di vista) da parte sua ha dichiarato che... for his part he declared that...; da una parte... dall'altra... on the one hand... on the other hand...9 (fazione, campo) side; di parte [spirito, discorso] partisan; essere dalla parte di qcn. to be on sb.'s side; essere dalla parte del torto to be in the wrong11 (difese) prendere le -i di qcn. to take sb.'s part, to side with sb., to stand o stick up for sb.12 teatr. telev. cinem. (ruolo) part, role (anche fig.); parte da protagonista lead o leading role; fare la parte del cattivo to play the villain ; fare la propria parte fig. to do one's part o bit13 mus. part14 da parte di da parte di qcn. (per quanto riguarda) by o from sb., on the part of sb.; (per incarico di) on behalf of sb.; (del ramo familiare di) on sb.'s side; salutalo da parte mia give him my best regards; è stupido da parte sua fare it is stupid of him to do; ho un regalo per te da parte di mia sorella I've got a present for you from my sister15 da parte (in serbo) aside; (in disparte) apart; mettere, lasciare qcs. da parte to put, leave sth. to one side o aside; prendere qcn. da parte to take sb. to one side, to get sb. alone; farsi da parte to step o move aside16 a parte (separatamente) apart, separately; (eccetto, tranne) apart, besides; scherzi a parte joking aside o apart; un mondo a parte a world apart; a parte il giardino apart from the garden; nessuno lo sa, a parte Mary nobody knows, besides Mary; a parte i cani, gli animali non mi piacciono dogs apart, I don't like animals; preparate una salsa a parte prepare a sauce separately17 in parte (in) part, partly; in parte era paura, in parte avidità it was part fear, part greed18 prendere parte a to take* part in, to join in [manifestazione, gioco, attività]; to be* engaged in, to join in [ discussione, negoziati]; prendiamo parte al vostro dolore we share your grieffare la parte del leone to take the lion's share; anche l'occhio vuole la sua parte you should also please the eye\parte del discorso ling. part of speech; - i basse groin; - i intime private parts, privates colloq. -
2 draw *****
[drɔː] drew vb: pt drawn pp1. n1) (lottery) lotteria, riffa, (picking of tickets) estrazione f, sorteggio, (for sporting events) sorteggio2) (Sport: equal score) pareggio3) (attraction) attrazione f4)to be quick on the draw — essere veloce con la pistola, fig avere i riflessi pronti
2. vt1) (pull: bolt, curtains) tirare, (caravan, trailer) trainare, rimorchiare, (bow) tendere la corda di2) (extract: from pocket, bag) tirar fuori, (from well, tap) attingere, (sword) sguainare, (teeth) estrarre, (cork) cavare, (salary, money from bank) ritirare, (cheque) cambiare, riscuotere, (Culin: fowl) pulireto draw blood — fare uscir il sangue, fig colpire nel vivo
3) (attract: attention, crowd, customer) attrarre, attirareto feel drawn to sb — sentirsi attratto (-a) verso qn, provare attrazione per qn
4) (sketch: picture, portrait) fare, (object, person) disegnare, (plan, line, circle) tracciare, (map) disegnare, fare, (fig: situation) fare un quadro di, (character) disegnare5)(formulate: conclusion)
to draw (from) — trarre (da), ricavare (da)(comparison, distinction)
to draw (between) — fare (tra)6) Ftbl etc3. vi1)to draw (towards) — avvicinarsi (a), avanzare (verso)he drew to one side — si è tirato da parte or in disparte
to draw to an end or to a close — volgere alla fine, avvicinarsi alla conclusione
2)to draw for trumps — scegliere il seme or la briscola3) (chimney) tirare4) (Sport: be equal: two teams) pareggiare5) (sketch) disegnare•- draw in- draw off- draw on- draw out- draw up -
3 FARE
I см. тж. FARE IIv- F171 —farcela (тж. fargliela)
- F173 —- F174 —far(si) contro...
- F175 —— см. -A10— см. -A12— см. - C3043— см. - T512— см. - T728fare l'abito a...
— см. -A36— см. -A54— см. - P1036— см. -A57— см. -A71— см. -A157— см. -A159— см. -A160— см. -A158— см. -A186— см. -A158— см. -A306— см. -A317— см. -A318— см. -A351— см. -A361— см. -A371— см. -A388fare ala (davanti) a...
— см. -A419— см. -A470— см. -A472— см. -A482— см. - C2101— см. -A500— см. -A507— см. -A511— см. -A548— см. -A529— см. -A539— см. -A549— см. -A579— см. -A628— см. -A632— см. -A649— см. -A650— см. - B279— см. - D437— см. - F776— см. - P131— см. -A715— см. -A743— см. -A846— см. -A847— см. -A848— см. -A919— far fare anticamera a qd
— см. -A920— см. -A938— см. -A941— см. -A945fare apparire il fondo a... (или di...)
— см. - F1025— см. - R543— см. -A997— см. -A998— см. -A1075— см. -A1076— см. -A1077— см. -A1146— см. - D171fare l'arte di Michelaccio (и iu michelacclo, Michelasso) (: mangiare, bere e an iare a spasso)
— см. - M1382— см. -A1182— см. -A1190— см. -A1206fare come l'asino al catino (или al corbello, alla secchia)
— см. -A1210— см. -A1208— см. -A1258— см. -A1286— см. -A1310— см. -A1311fare l'atto di (+inf.)
— см. -A1312— см. - F366— см. -A1313— см. -A1314— см. -A1341— см. -A1351— см. -A1399— см. - B14— см. - C1710— см. - B49— см. - B50— см. - B66farsi baffi (или un baffo) di qc
— см. - B67— см. - B63— см. - B72— см. - B79— см. - B82— см. - B85— см. - B86— см. - B97— см. - B117— см. - B118— см. - B124— см. - B1470— см. - C2665— см. - D172— см. - G207— см. - M1176— см. - B125— см. - Q65— см. - S2092— см. - T927fare un ballo in campo azzurro
— см. - B131— см. - C3254— см. - B176— см. - B196— см. - B197fare bandiera d< ricatto
— см. - R308— см. - B222— см. - B241— см. - B242— см. - B243— см. - C2582— см. - B245— см. - B246— см. - B217— см. - B265— см. - B269— см. - B306— см. - B317— см. - B369— см. - B373— см. - B416— см. - B424— см. - B426— см. - B446— см. - B448— см. - B449— см. - B465— см. - F717— см. - F818— см. - G150— см. - G617— см. - B424— см. - M2098— см. - B466— см. - P1546— см. - B467— см. - T680— см. - V726— см. - B472— см. - B515- F178 —farla bene [male]
— см. - B516— см. - B485— см. - B562far berlic(che) (e) berloc(che) (тж. far berlocche)
— см. - B580— см. - B589— см. - B604— см. - B608— см. - B624— см. - B633— см. - B679— см. - B680— см. - B700— см. - B719— см. - B719a— см. - B721— см. - B734— см. - B748— см. - B757— см. - B764— см. - B773— см. - B774— см. - B775— см. - B786— см. - B884— см. - B885far (ci) (uau farsi) la bocca a...
— см. - B886— см. - B887— см. - B888— см. - B807— см. - B889— см. - B890— см. - B891— см. - B892— см. - B944— см. - B945— см. - B950— см. - B955— см. - B975— см. - B976— см. - B989— см. - B990— см. - B1002— см. - P1236fare (il) bordone a...
— см. - B1021— см. - B1037— см. - B1048— см. - B1050— см. - B1070— см. - B1092— см. - B1093— см. - B1108— см. - B1115— см. - B1116— см. - B1166— см. - B1137— см. - B1167— см. - B1185— см. - B1198— см. - B1211— см. - B1216— см. - B1217— см. - B1252— см. - B1254— см. - T889— см. - B1283— см. - B1290— см. - F718— см. - F819— см. - M2237— см. - T681 b)— см. - B1295— см. - B1300— см. - B1301— см. - B1302fare una buca in...
— см. - B1303— см. - G899— см. - B1309— см. - F138— см. - B1319— см. - B1328— см. - B1341— см. - B1344— см. - B1342— см. - B1343— см. - B1344— см. - B1345— см. - B1381— см. - B1393— см. - B1404— см. - B1415— см. - N389— см. - C1525— см. - C3255— см. - E30fare buona festa a...
— см. - F184— см. - F717— см. - F818— см. - F838— см. - G482— см. - C1521— см. - P2252— см. - P2316— см. - S163— см. - S164— см. - S510— см. - T138fare buon viso (a cattiva fortuna или a cattivo gioco, a cattiva sorte)
— см. - V658— см. - B1497fare la cabala (или le cabale)
— см. - C1— см. - V320fare la caccia a...
— см. - C16— см. - C30— см. - C36— см. -A420— см. - C1847— см. - C56— см. - C66— см. - C96a— см. - C130— см. - C196— см. - C198— см. - C202— см. - C206non fare qd calvo d'un capello
— см. - C208— см. - C215— см. - C216— см. - C217— см. - C236— см. - C242— см. - C261— см. - C254— см. - C262— см. - C2653— см. - C305— см. - C317— см. - C3173— см. - C318— см. - C332— см. - C419— см. - C457— см. - C458— см. - B1057— см. - E192— см. - C433afare come il cane del peduccia'o
— см. - C460— см. - C517— см. - C1822— см. - C576— см. - C562— см. - C563— см. - C585— см. - C603— см. - C614— см. - C613— см. - C616— см. - C620— см. - M2176— см. - M2188fare una capatina in... (и т a...)
— см. - C621— см. - C641— см. - C612— см. - B650— см. - C662far capitale di...
— см. - C665far capo a... (или di...)
— см. - C756farsi capo di (+inf.)
— см. - C757— см. - C758— см. - C759— см. - C690— см. - C760— см. - C761fare a qd il capo come una cesta (или come un cestone, come un pallone)
— см. - C762— см. - C764— см. - C765— см. - C766— см. - C827— см. - C850— см. - C852— см. - R234— см. - C863— см. - C870— см. - C892— см. - C893— см. - C911— см. -A1206 b)— см. - C916— см. - C921a— см. - C929— см. - C930— см. - C934— см. - C991— см. - C1004— см. - C1014— см. - C1036— см. - C1037— см. - C1074— см. - C1075— см. - C1076— см. - C1077— см. - C1117— см. - C1166— см. - C1129— см. - C1133— см. - C1140— см. - C1214— см. - C1215— см. -A538far cascare il pane di mano a qd
— см. - P261far cascare le parole di bocca
— см. - P523far caso a... (тж. farci caso)
— см. - C1237far (si) caso di...
— см. - C1238far caso da... a...
— см. - C1239— см. - C1240— см. - C1251— см. - C1253— см. - C1255— см. - S2104— см. - C1259— см. - C1260fare castelli in aria (тж. fare castelli sopra qc; fare dei castelli in Spagna; fare i castelli con le carte)
— см. - C1264fare una catilinaria contro qd
— см. - F740— см. - C1286— см. - C1289— см. - C1297a— см. - C1525— см. - E30— см. - F718— см. - F819— см. - C1312— см. - C1313fare causa comune con...
— см. - C1314— см. - C1325— см. - C1334— см. - C1335— см. - C1366fare come il cavallo del Ciolle
— см. - C1950— см. - C1402— см. - C1423— см. - C1432— lavoro fatto a cazzotti
— см. - C1433fare la cena del galletto: un salto e a letto (тж. fare la cena di Salvino: orinare e andare a letto)
— см. - C1458fare cenno di si [di по]
— см. - F181a— см. - C1498— см. - P643— см. - C1505— см. - C1517— см. - C1528— см. - C1530— см. - C1542— см. - F53— см. - F719— см. - C1634— см. - L26— см. - C1685— см. - C1686— см. - C1687— см. - C1720— см. - C1727— см. - C1733— см. - C1777— см. - C1778— см. - C1807— см. - C1814— см. - C1893— см. - C1894fare sua cima di...
— см. - C1912— см. - C1927— см. - C1932— см. - C1946— см. - C1953— см. - C1955— см. - C1964— см. - C1967fare civetta (или alla civetta)
— см. - C1988— см. - C1989— см. - C1990— см. - C2000— см. - C2010— см. - C2037— см. - C2046— см. - C2038— см. - C2066— см. - C2070— см. - C2076— см. - C2087fare il colletto (al bicchiere)
— см. - C2094— см. - C2110— см. - C2135— см. - C2190— см. - C2191— см. - C2203— см. - C2200— см. - C2259— см. - C2256— см. - C2237— см. - C2267— см. - C2286— см. - C2292— см. - C2293— см. - C2294— см. - C2302— см. - C2315— см. - C2325— см. - C2326— см. - C2336— см. - C2345— см. - C2347— см. - C2348— см. - C2319— см. - C2360— см. - C2368— см. - C2379fare (a) comunella dei guadagni
— см. - C2380— см. - C2395— см. - C2402— см. - C2105— см. - C2406— см. - C2456— см. - C2476far conto che...
— см. - C2533far conto di (+inf.)
— см. - C2534fare conto (или ì conti) su qc
— см. - C2535fare i conti con...
— см. - C2536— см. - C2437— см. - C2538— см. - C2540— см. - C2511fare il conto dei quattro sordi
— см. - C2543— см. - C2538— см. - C2544— см. - C2574— см. -A512— см. - C2581— см. - C2585— см. - C2588— см. - C2593— см. - C2597— см. - C2605— см. - C2607— см. - C2611— см. - C2620— см. - C2621— см. - C2625— см. - C2626— см. - C2699— см. - C2700— см. - C2701— см. - C2681— см. - C-M-2683— см. - C2714far corona a...
— см. - C2718— см. - C2722— см. - C2738— см. - C2752— см. - C2753— см. - C2786— см. -A161— см. - D394— см. - C2793— см. - C2801— см. - C2817— см. - C2818— см. - C2826— см. - C2827— см. - C2828— см. - C2832— см. - C2839— см. - C2853— см. - C2865— см. - N386fare una cosa (или le sue cose)
— см. - C2899— см. - C2900— см. - C2901— см. - C2902— см. - C2901farsi coscienza (di...)
— см. - C2942— см. - C2984— см. - C2997— см. - C3006— см. - M2176— см. - C3014— см. - C3020fare credito a...
— см. - C3025— см. - C3026— см. - C3064— см. - C3077fare croce (тж. farsi la croce)
— см. - C3087— см. - C3088— см. - C3089— см. - C3090fare una (или la) croce a... (или sopra.., su...)
— см. - C3091— см. - C3104— см. - C3107— см. - C3132— см. - C3136— см. - C3138— см. - C3153— см. - C3255— см. - C3256— см. - C3258— см. - S2017— см. - D15— см. - D37— см. - D65— см. - D87— см. - D173— см. - D141— см. - D224— см. - D228— см. - D248— см. - D249— см. - D255— см. - D285— см. - B751— см. - D296fare una d.atriba contro qd
— см. - F740fare il diavolo per...
— см. - D336— см. - D338— см. - D339— см. - P2076— см. - D382— см. - D413— см. - D421— см. - D429— см. - D441— см. - D446— см. - D505— см. - D506— см. - D507— см. - C1723— см. - V949— см. - D576— см. - D582— см. - D585— см. - D606far disegno su...
— см. - D626— см. - D629— см. - D662— см. - B700— см. - D727— см. - D728— см. - F1177— см. - V613— см. - D750— см. - D767— см. - D769— см. - D790— см. - D789fare (il) doppio gioco (тж. far doppia faccia)
— см. - D825— см. - P2219— см. - D858— см. - D877— см. - D878fare un dovere (или suoi doveri)
— см. - D889— см. - D890— см. - C1662— см. - L610— см. - P632— см. - P760— см. - P1375— см. - P1465— см. - S121— см. - E10fare (l')eco (тж. farsi l'eco)
— см. - E14— см. - O681— см. - E28— см. - E31— см. - E54— см. - E83— см. - E84— см. - E102— см. - E142— см. - E179— см. - E194fare esperienza di...
— см. - E195— см. - E196— см. - E203— см. - E281fare una faccetta (или le, delle Faccette)
— см. - F11— см. - F53fare una faccia di...
— см. - F54— см. - F55— см. - F56— см. - F57— см. - F59— см. - F69— см. - F70— см. - F81— см. - F91— см. - F102— см. - F105fare famiglia (тж. farsi una famiglia)
— см. - F136— см. - F135— см. - F137— см. - F134— см. - F142— см. - F154— см. - F152far fango delle (proprie) parole
— см. - F153— см. - F76— см. - F539— см. - L62— см. - F225— см. - E103— см. - F281— см. - F282— см. - F261— см. - F284— см. - F305— см. - F309— см. - F322— см. - F332— см. - F368— см. - F382— см. - F465— см. - F469— см. - F470— см. - F481— fai (или fa') festa!
— см. - F482fare festa a...
— см. - F484— см. - F485— см. - F487— см. - F488fare le feste a...
— см. - F489— см. - F480— см. - F483— см. - F486— см. - F491— см. - F515— см. - F537— см. - F538— см. - F548— см. - F558— см. - F559— см. - F631— см. - F670— см. - F671— см. - F692— см. - F702— см. - F715fare la figura di...
— см. - F716— см. - F715— см. -A482— см. - F730— см. - F736— см. - F740— см. - F777— см. - F778fare qc sul filo di...
— см. - F779— см. - F820— см. - F838— см. - F821fare la fine del moscone d'oro
— см. - F822— см. - S1677— см. - T745— см. - F850— см. - F851farla finita con...
— см. - F858— см. - T739— см. - F870— см. - F892— см. - F927— см. - F954— см. - F956— см. - F958— см. - F978fare fondamento su...
— см. - F992— см. - F1052fare (la) forca da... (или a...)
— см. - F1053— см. - F1054— см. - F1055— см. - F1052— см. - F1082— см. - F1090— см. - F1091farsi forte di... (или sopra...)
— см. - F1103— см. - F1125— см. - F1126— см. - F1127— см. - F1170— см. - F1171— см. - F1172— см. - F1173— см. - F1174— см. - F1156— см. - F1177— см. - F1175— см. - F1176— см. - F1156— см. - V160— см. - G899— см. - F1200fare fracasso di...
— см. - F1201farsi franco di...
— см. - F1210— см. - F1211— см. - F1219— см. - F1242— см. - F1270— см. - F1284— см. - F1290— см. - F1319— см. - F1327— см. - F1338fare fronte a...
— см. - F1360— см. - F1376— см. - F1402— см. - F1423— см. - T546— см. - F1445— см. - M1102— см. - F1517— см. - F1519fare fuoco a (или contro, addosso a) qd
— см. - F1520fare fuoco sotto...
— см. - F1521— см. - F1522far fuoco e fiamma (или fiamme)
— см. - F1504— см. - F1524— см. - F1523— см. - F1525— см. - F1564— см. - F1564a— см. - F1565— см. - F1590— см. - F1601fare le fusa e i cannoni (тж. fare le fusa или fuse torte)
— см. - F1602— см. - T889— см. - G12farsi (или fare a) gabbo di qd
— см. - G21— см. - G27— см. - G31— см. - G32— см. - G39— см. - G66— см. - G97— см. - G98— см. - G151— см. - G152fare le gambe alle provvisioni
— см. - G153— см. - G193— см. - G195— см. - G197— см. - G210— см. - G218— см. - G222— см. - G223— см. - G224— см. - G225— см. - G231— см. - G264— см. - G263fare (fa) gatta morta (или la gatta di Masino) (che chiudeva gli occhi per non vedere i topi) (тж. fare la gattamorta)
— см. - G248— см. - G309— см. - G312— см. - G316— см. - G320— см. - G322— см. - T758— см. - G346— см. - G319— см. - G370— см. - G385— см. - G386— см. - G388— см. - G389— см. - G399— см. - G412— см. - G413— см. - G428— см. - G440— см. - C1874far gioco a...
— см. - G487— см. - G488— см. - G489— см. - G513— см. - G586— см. - G614— см. - G626— см. -A794— см. -A1147— см. - C767— см. - C1593— см. - S1409— см. - P165— см. - T547— см. - C461— см. - G660— см. - G683— см. - G683a— см. - G684— см. - C846— см. - G684a— см. - G685— см. - C2865— см. - G713fare il giubbone a qd (тж. fare giubboni con la lingua)
— см. - G717— см. - G725— см. - P30— см. - G734— см. - G767— см. - G771— см. - G778— см. - G779— см. - G780— см. -A58— см. -A1183fare la glossa su...
— см. - G813— см. - G812— см. - G816— см. - G817— см. - G823— см. - G824— см. - G838— см. - G870— см. - G871far governo di...
— см. - G907— см. - G916— см. - G932— см. - G960— см. - G970— см. - G971— см. - G972— см. - C1251— см. - C2545fare gran festa a...
— см. - F484— см. - G972— см. - P1954— см. - S1718— см. - T971— см. - U134— см. - V727— см. - G997— см. - G998— см. - G1006— см. - G1038— см. - G1075— см. - G1076— см. - G1085— см. - G1102— см. - G1103— см. - G1104— см. - G1105— см. - G1114— см. - G1116— см. - G1141— см. - G1156— см. - T548— см. - G1185— см. - I22— см. - I135— см. - I163— см. - I169— см. - I176— см. - I179— см. - I202— см. - I216— см. - I233fare un inferno (или l'inferno)
— см. - I245— см. - I287— см. - I300— см. - I307— см. - B707— см. - I328— см. - I398— см. - I36— см. - L13— см. - L38— см. - L63fare come i ladri di P sa (che il giorno leticano или che il giorno si levan gli occhi, e la notte vanno (a) rubare insieme)
— см. - L82— см. - L153— см. - L160— см. - L183— см. - C1942— см. - G685a— см. - L184— см. - L915— см. - L216— см. - L217— см. - L296— см. - L316— см. - L317— см. - L381— см. - L392fare il leprone ed il piccinaco
— см. - L403— см. - L414— см. - L462— см. - L185— см. - L488fare il letto a...
— см. - L487— см. - L488fare leva su...
— см. - L507— см. - L518— см. - L574— см. - L587— см. - L589— см. - L622— см. - L672— см. - L772— см. - L778— см. - L781— см. - L818— см. - L839— см. - L867a— см. - L147— см. - L868— см. - L906— см. - L920— см. - L943— per non farla (tanto) lunga
— см. - L944far luogo a...
— см. - L979— см. - L981— см. - L997— см. - L998— см. - M2— см. - M20— см. - M40fare come Maestro Piallino che d'una trave fece un nottolino (тж. fare come maestro Nottola che d'una trave fece una trottola)
— см. - T890— см. - M107— см. - M113— см. - M120— см. - M131— см. - F718— см. - M148— см. - M170— см. - M213— см. - F178— см. - C2516non fare male a una mosca (тж. non fare male nemmeno al pane)
— см. - M214far ma.a cera a qd
— см. - C1525— см. - G482fare mal governo di...
— см. - G907— см. - G1023— см. - M334— см. - S1777— см. - T681 b)— см. - V659— см. - V962— см. - M317— см. - M323— см. - M340— см. - M345— см. - M357— см. - M360— см. - M364— см. - V172— см. - M599— см. - M597fare la mano a qc (тж. farci или farsi la mano)
— см. - M598— см. - M600— см. - M710— см. - M736— см. - M737— см. - M742— см. - M746— см. - M762— см. - M802— см. - M835— см. - M836— см. - M838— см. - M842— см. - M845— см. - M859— см. - M860— см. - M861— см. - M887— см. - M888— см. - M892— см. - M901— см. - M902— см. - M914— см. - M917— см. - M920— см. - M970— см. - M971— см. - M1006— см. - M1012far mazzo dei suo; salci
— см. - M1013— см. - M1020— см. - M1049— см. - M1067— см. - M1068— см. - M1071— см. - M1072— см. - M1073far a (или di) meno di...
— см. - M1112— см. - M1140— см. - M1186— см. - M1207— см. - M1208— см. - M1240— см. - M1274— см. - M1289fare il mestiere di Michelaccio (или michelaccio, Michelasso) (: mangiare, bere e andare a spasso)
— см. - M1382— см. - M1290— см. - M1299— mi fa mestieri
— см. - M1300— см. - M1306— см. - M1314— см. - M1315— см. - M1330— см. - M1346— см. - M1347— см. - M1348— см. - M1379fare miglia quanto il pensiero
— см. - M1418far delle mille (тж. farsi mille)
— см. - M1434— см. -A81— см. - S55— см. - V397— см. - M1448— см. - M1461— см. - M1463— см. - M1462— см. - M1479— см. - M1524— см. - M1529— см. - M734— см. - M1530— см. - M1532— см. - M1545— см. - M1542— см. - F718— см. - M1583— см. - M1661— см. - M1605— см. - M1606— см. - M1660— см. - S1519— см. - M1728— см. - M1844fare come monsignor Perrelli (che scriveva le lettere e poi le andava a consegnare)
— см. - P1310— см. - F1191— см. - S61— см. - S618— см. - M1868— см. - M1869— см. - M1870— см. - M1892— см. - D642— см. - M1930— см. - M2003— см. - M2004— см. - M2040— см. - M2039— см. - M2068far mostra di (+inf.)
— см. - M2096— см. - M2097— см. - M2098— см. - M2099— см. - M2111— см. - M2120— см. - M2121— см. - M2126— см. - M2133— см. - M2160— см. - M2164— см. - M2190— см. - M2208— см. - M2217— см. - M2238— см. - M2239fare un muso da...
— см. - M2240— см. - M2223a— см. - M2225— см. - M2248— см. - M2249— см. - M2261— см. - N4— см. - N5— см. - N8— см. - N22— см. - F1477far nascere il nodello (или il nodo, i nodi) nel giunco
— см. - G756farci il naso (тж. fare il naso a...)
— см. - N49— см. - N93— см. - N108— см. - P2130— см. - N120— см. - N131— см. - N132— см. - D429— см. - N148— см. - N154— см. - N161— см. - N210— см. - N211farne delle nere (тж. farne di nere e di bige)
— см. - N212— см. - N240— см. - F838a— см. - N254— см. - N266— см. - N281— см. - N294— см. - N309— см. - N311— см. - F181a— см. - N331— non far di noccioli
— см. - N332far un nodo (alla или in gola)
— см. - N366— см. - N367— см. - N368— см. - N369— см. - N388— см. - N423— см. - N424— см. - N445— см. - N446— см. - N478— см. - N491— см. - N515— см. - N520— см. - N591— per far numero
— см. - N592— см. - N593— см. - N594— см. - N595— см. - N614fare il nuovo (тж. farsi nuovo di qc)
— см. - N615— см. - O26— см. - O27— см. - O157fare d'occhio (тж. farci d'occhio)
— см. - O158— см. - O159fare gli occhi a...
— см. - O160— см. - O102— см. - O161— см. - O162— см. - N213— см. - O164— см. - R556— см. - O165— см. - O166— см. - O256— см. - C72— см. - C2903— см. - E103— см. - E104fare d'ogni fuscello una trave
— см. - T889— см. - G334— см. - L115— см. - P693— см. - S1106— см. - O298— см. - O320— см. - O340— см. - O341fare onore a...
— см. - O377— см. - O378— см. - O379— см. - O380fare gli onori di casa (или di domicilio, di dominio)
— см. - O381fare onore alla (propria) firma
— см. - O382— см. - O383— см. - O402— см. - N101— см. - R97fare l'ora di...
— см. - O462— см. - O430— см. - O557fare orecchi (или le orecchia)
— см. - O558— см. - O602— см. - O627— см. - O696— см. - O697— см. - P3— см. - P13— см. - P27— см. - P44far pagare la lira ventun soldo
— см. - L730— см. - P106— см. - P115far alla palla di...
— см. - P150— см. - P151— см. - P186— см. - P190— см. - D340— см. - P209— см. - R308— см. - P353— см. - D340— см. - P382— см. - P390— см. - P400— см. - P403— см. - P407— см. - P411— см. - P415— см. - P443— см. - P444— см. - P438— см. - P524— см. - P525— см. - P526— см. - P527— см. - P633— см. - P634— см. - P635fare parte a...
— см. - P636— см. - P637— см. - P638— см. - P639— см. - P640— см. -A60— см. - E142— см. - P642— см. - P674— см. - P694— см. - P695— см. - P728— см. - P729— см. - B1007— см. - L744— см. - P745— см. - P746— см. - P795— см. - P749fare il passo secondo la gamba
— см. - P798— см. - P753— см. - P795— см. - P797— см. - P799— см. - P851— см. - P870— см. - P878— см. - P888— см. - P898— см. - P911— см. - P943— см. - P967— см. - P982— см. - P988— см. - P992— см. - P1004fare un pegno al Monte di Pietà
— см. - P1005— см. - P1037— см. - P1038— см. - P1018— см. - P1015— см. - P1107— см. - P1040— см. - P1018fare d'un pelliccilo un cancro
— см. - P1077— см. - P1106— см. - C2582— см. - P1107— см. - P1148— см. - P1157— см. - P1194— см. - P1213— см. - P1214— см. - P1236a— см. - P1258— см. - P1259— см. - P1271— см. - T830— см. - P1337— см. - P1352— см. - P1353— см. - P1378— см. - P1377— см. - P1463— см. - P1464— см. - P1473— см. - P1768— см. - P1505fare il pianto di...
— см. - P1529far(ne) un pianto (e un lamento) di...
— см. - P1530— см. - P1547— см. - P1559— см. - P1560— см. - P1655— см. - P1656— см. - P1657— см. - P1731— см. - P1740— см. - P1754— см. - B562— см. - L818— см. - P1757fare come i pifferi di montagna (che andarono per suonare e furono suonati)
— см. - P1794— см. - T109— см. - P1810— см. - P1811fare la pioggia e il bel tempo
— см. - P1824— см. - P1829— см. - F662— см. - F663— см. - P1844— см. - P1849— см. - C199— см. - C934— см. - L182— см. - M2111— см. - R297— см. - V146— см. - V980— см. - P1950— см. - C907— см. - P1954— см. - P1969— см. - P1984— см. - P2024— см. - P2032— см. - P2033— см. - P2034— см. - P2029— см. - P1813— см. - P2050fare il portico dietro la casa
— см. - P2122— см. - P2133— см. - P2156— см. - P2190— см. - P2217fare una (или la) predica a qd
— см. - P2227— см. - F89— см. - T109— см. - P2257— см. - P2260— см. - P1308— см. - P2271— см. - P2292— см. -A1087fare le sue prime esperienze in...
— см. - E197— см. - F720— см. - P2317— см. - P2330— см. - P2331— см. - B775— см. - C306— см. - C2350— см. - C2818— aver fatto il proprio corso
— см. - C2819— см. - M1049far prove di scriverne al paese
— см. - P2367— см. - P2402— см. - P2417— см. - P2429— см. - P2425— см. - P2434— см. - P2435— см. - P2437— см. - P2527— см. - P2528— см. - P2539— см. - P2480— см. - P2502fare il punto della situazione
— см. - P2529— см. - P2502— см. - P2503— см. - P2557— см. - P2566non farsene né in qua né in là
— см. - Q6— см. - M2073— см. - Q27— см. - Q35— см. - Q38— см. - Q66— см. - Q67— см. - Q98— см. - C1662— см. - L610— см. - P643— см. - P760— см. - S121- F180 —— см. -A1211— см. -A849— см. - Q104— см. - Q105— см. - Q123— см. - R6— см. - R14— см. - R63— см. - R64— см. - R65— см. - R66— см. - R67— см. - C2541fare come la rana (или il ranocchio) (che non morde perché non ha i denti)
— см. - R107— см. - R117— см. - R133— см. - R134— см. - R135fare razza da sé (тж. non fare razza con nessuno)
— см. - R136— см. - R174— см. - R203— см. - R244— см. - R276— см. - R277— см. - R278— см. - R297— см. - R306— см. - R321— см. - O168— см. - P202— см. - P1768— см. - T171— см. - R336— см. - R370— см. - R371— см. - R375— см. - F1086— см. - R403— см. - C3173— см. - R409— см. - R416— см. - M2006— da far risuscitare i morti
— см. - M2007far ritornare a mangiar polenta
— см. - P1939— см. - R441— см. - R461— см. - R464— см. - C872— см. - B1023— см. - C643— см. - P2456— см. - R502— см. - R510— см. - R511— см. - R513— см. - R520far la ronda (intorno) a...
— см. - R521— см. - R557— см. - R558— см. - R610— см. - R613— см. - R637— см. - R648— см. - S8— см. - S11— см. - S27— см. - S28— см. - S14— см. - S22— см. - S69— см. - S71— см. - S80— см. - S618— см. - S107— см. - S110— см. -A1055— см. - B168farsi saltare le cervella (тж. far saltare il cervello all'aria)
— см. - C1583— см. - M2042— см. - S618— см. - T549— см. - S122— см. - S123— см. - S115— см. - C1594— см. - S117— см. - S127— см. - S167— см. -A502— см. - F369— см. - G775fare come San Lo che non inchiodava i cavalli, perché metteva i chiodi nei buchi fatti
— см. - L765— см. - L855— см. - M882— см. - M883— см. - M1383— см. - P1789— см. - S2104— см. - T709— см. - S206— см. - S250— см. - S262— см. - S269— см. - S284— см. - S304— см. - S305fare le scale di Sant'Ambrogio
— см. - A593a— см. - P202— см. - S329far a scarica barili (тж. fare a scaricabarili или lo scaricabarili)
— см. - S332— см. - S339fare scarpe della propria pelle
— см. - P1041— см. - S372— см. - S369— см. - S375— см. - S379— см. - S380— см. - S384— см. - S385— см. - C2975— см. - S427— см. - S451— см. - S454— см. - S462— см. - S466— см. - S469— см. - S473— см. - S503— см. - S507— см. - S511- F181 —farsi da sé ±
— см. - S534— см. - S547— см. - C249— см. - S571— см. - S611fare sempre quel medesimo verso
— см. - V398— см. - S619— см. - S635— см. -A59— см. - S649— см. - S661— см. - S660— см. - S672— см. - S702— см. - S715— см. - S718— см. - S721— см. - S724— см. - S725- F181a —fare (cenno) di sì [di no]
— см. - S752— см. - S760— см. - S773— см. - S774— см. - S782— см. - S783— см. - S811— см. - S813— см. - S837— см. - S840— см. - N370— см. - S869— см. - S882— см. - S926— см. - S964— см. - S974— см. - S980— см. - S1022— см. - S1039— см. - S1058— см. - S1071— см. - S1074fare il (или del) sordo (тж. fare da sordi)
— см. - S1097— см. - S1145— см. - S1166— см. - S1180— см. - F176— см. - S1193— см. - S1203— см. - S1234— см. - S1258— см. - S1284— см. - S1285— см. - S1287— см. - S1291— см. - S1299— см. - S1304— см. - S1328farsi specchio di...
— см. - S1329— см. - S1330— см. - S1338farsi specie di...
— см. - S1339far(si) le spese (тою. fare la spesa)
— см. - S1370— см. - S1371— см. - S1372— см. - S1374— см. - S1389— см. - S1394— см. - S1395— см. - S1442— см. - C462— см. - S1473— см. - S1482— см. - S1485fare lo spoglio di...
— см. - S1495— см. - S1496— см. - S1497farle sporche (тж. farla sporca)
— см. - S1502— см. - S1515— см. - S1516— см. - S1520— см. - S1531— см. - S1548— см. - S1563— см. - S1568— см. - S214— см. - S1631— см. - D891— см. - G1008— см. - U218— см. - S1656— см. - S1657— см. - S1665— см. - S1666— см. - S1671— см. - S1726— см. - S1777— см. - S1789— см. - S1796— см. - C835— см. - P323— см. - P324— см. - S1815— см. - S1819— см. - S1851— см. - S1852— см. - S1908— см. - S1956— см. - S1962— см. - S1969— см. - S2023— см. - T181— см. - S2062— см. - S2042— см. - S2057— см. - S2079— см. - S2104— см. - S2125— см. - T5— см. - T10— см. - T25— см. - T28— см. - T550— см. - B894— см. - O169— см. - T66— см. - T76— см. - T79— см. - T80— см. - T139— см. - T154— см. - T155— см. - T158— см. - T162— см. - R97— см. - T178— см. - T265fare in tempo a (+ inf.)
— см. - T266— см. - T348— см. - T356— см. - O299— см. - T367— см. - T419— см. - T403fare tesoro di...
— см. - T468— см. - T551— см. - T552— см. - T553fare a qd la testa come una campana (или un cestone, un pallone, un tamburlano)
— см. - T554— см. - T555— см. - T557— см. - T556— см. - T558— см. - T625fare il tifo per...
— см. - T637— см. - T638— см. - T658— см. - T660— см. - T661— см. - T651— см. - C218farsi tirare per il ferrai(u)olo
— см. - F421— см. - M1063— см. - P868— см. - T667— см. - T699— см. - T707— см. - T720— см. - T723— см. - T739— см. - T746— см. - T750fare che il tordo non dia dietro
— см. - T759— см. - C1603— см. - F947far tornare in (или alla) vita
— см. - V728— см. - T790— см. - T791— см. - M1584— см. - T818— см. - T826fare una tragedia (тж. fare tragedie)
— см. - T827— см. - T832— см. - C218— см. - T856— см. - T890— см. - L610fare tre passi su una lastra (или su, in, sopra un mattone)
— см. - P801— см. - T924— см. - F721— см. - G1106— см. - M2098— см. - T966— см. - M1534— см. - T975— см. - T986— см. - T987— см. - C1076 b)— см. - C1167— см. - C2175— см. - M1291— см. - M1464— см. - P2528— см. - S1040— см. - U4— см. - P802— см. - U105— см. - U135— см. - U187— см. - U186— см. - G217— см. - O226— см. - P1658— см. - T736— см. - U250— см. - U251— см. - V2— см. - V6— см. - V14— см. - V21— см. - V35— см. - V36— см. - R69— см. - V41— см. - V62— см. - V102farla (или farlo) vedere (тж. farne vedere di belle e di brutte)
— см. - V117— см. - V118— см. - B704— см. - C411— см. - C1771farne vedere di cotte e di crude
— см. - V117— см. - G686— см. - L801far vedere lucciole per lanterne
— см. - L143— см. - L909— см. - B704— см. - V321far vedere le stelle di giorno
— см. - S1695farne vedere di tutti i colorì
— см. - V117far vedere il volo dell'angelo
— см. - V908— см. - V144— см. - V170— см. - V213— см. -A77— см. -A998— см. - B248— см. - B371— см. - B625— см. - B1023— см. - C7— см. - F1273— см. - C1848— см. - I235far venire il mal di capo a qd
— см. - M182far venire il male del miserere
— см. - M191far venire la mostarda al naso
— см. - M2090— см. - N70— см. - S618— см. - V77— см. - V258— см. - V259— см. - V260— см. - V297— см. - V332— см. - V398— см. - V399— см. - V400— см. - V407fare la veste secondo il panno
— см. - V423— см. - V446— см. - V447— см. - V448— см. - V450— см. - V483— см. - V484— см. - V485— см. - V547— см. - V555fare delle vigilie non comandate
— см. - V563fare (del или il, da) villano
— см. - V573fare la visita di Sant'Elisabetta
— см. - E57— см. - V660— см. - V661— см. - V662— см. - N206 b— см. - R557— см. - V319fare (la) vista (uàи le viste)
— см. - V691— см. - V730— см. - V731fare la vita di Michelaccio (или michelaccio, Michelasso) (: mangare, bere e andare a spasso)
— см. - M1382— см. - V732— см. - V733— см. - V734— см. - S242— см. - V735— см. - V736— см. - V809— см. - M837— см. - V849— см. -A421— см. - V909— см. - I7— см. - V920— см. - V948— см. - C461— см. - V950— см. - B220— см. - F947— см. - V961— см. - V969— см. - V970— см. - V971— см. - Z56— см. - Z59— см. - Z72— см. - Z78— см. - M2188fare come gli zufoli di montagna (t che andaron per sonare e furono sonati)
— см. - Z102— см. - Z105- F183 —andare a farsi benedire (или friggere, squartare, груб. fottere)
— см. - B634andare a farsi fottere (или friggere, squartare)
— см. - F183— см. - P1965— см. - S1087— см. - T404— см. -A560- F185 —avere da (или a, a che, che) fare con qd
- F186 —non aver (niente или nulla) a che fare con...
- F188 —avere che fare in...
— см. - U184— см. - C543essere fatto di calza disfatta
— см. - C214— см. - C2679— см. - F589— см. - M889- F190 —farsi far su...
impancarsi a fare il maggiordomo
— см. - M102— см. -A879- F191 —— см. - D461— см. - N101- F192 —mandare a farsi benedire (или buscherare, friggere, squartare, strabenedire, груб. fottere)
— см. - M1904pelare la gallina (или la gazza) senza farla stridere (тж. pelare или pelacchiare il pollo senza farlo stridere)
— см. - G75- F193 —— см. - P1552— см. - S935— см. - P1553— см. - C1809— см. - E129— см. - L858— см. - N539— см. - L539— см. - M127nudo come Dio (или la madre, la mamma) l'ha fatto
— см. - N539— см. - S1521cosa che [non] fa fare un buon chilo
— см. - C1728miglio che fa il lupo a digiuno (или che fa il lupo quando ha fame, che fa il lupo la notte)
— см. - M1414— см. - M1628— см. - T980— см. - B1201— см. - B1308— см. - B855— см. - G996— см. - C2845— см. - G996— см. - S1687— см. - L413- F194 —a farla liscia [male]
— см. - L738— см. - R8da far ridere le galline (или i banchi, i galli, le panche, i pappagalli, i polli, i topi)
— см. - R326— см. - S478— см. - C442— см. - M57— см. - P2152per non restare senza far nulla
— см. - R265— см. - C1545— см. - M1563— см. - M2117— см. - N417— см. - S1795— см. - S1831— см. -A40— см. -A210altro è dire, altro è fare
— см. -A561— см. - M2087— см. - B255— см. - B526bisogno fa prod'omo (тж. bisogno fa buon fante; il bisogno fa l'uomo ingegnoso; il bisogno или il bisognino fa (la) vecchia trottare, fa trottare la vecchia)
— см. - B776buco via buco, fa buco
— см. - B1353buio via buio, fa buio (или tenebre)
— см. - B1423— см. - P2308— см. - P2322— см. - S868— см. - V601caldo di panno, non fa mai danno
— см. - P337— см. - C913— см. - C932— см. - C980— см. - C1381— см. - C1430c'è da far ancora molta strada
— см. - S1892— см. - F636— см. - B541chi benefizio fa, benefizio aspetti
— см. - B548chi cerca far impiastro, sa dove lo vuol porre
— см. - I108chi colomba si fa, il falcone se la mangia
— см. - C2145chi è avvezzo a fare, non si può stare
— см. -A1391chi la fa, l'aspetti
— см. - F204chi fa bene per paura, niente vale e poco dura
— см. - P900chi fa bene quel che ha da fare, non è mai tardi
— см. - B533chi fa il carro, lo sa disfare
— см. - F196chi fa la casa in piazza, o la fa alta o la fa bassa
— см. - C1202chi fa i conti senza oste, pii convien farli due volte (или due volte li farà)
— см. - C2566- F196 —chi fa, disfà (тж. chi può fare, può anche disfare; chi fa или chi sa fare il carro, lo sa disfare)
— см. - F496chi mi fa festa più che non mi suole, m'ha buscherato o buscherarmi vuole (или m'ha ingannato o ingannarmi vuole)
— см. - F497— см. - F1320chi si fa largo dell'onore altrui, riesce talpa del suo
— см. - O392chi fa male, aspetti male
— см. - F204— см. - M227chi fa a modo suo. campa cent'anni
— см. - M1673chi fa le palle, non le tira
— см. - P158chi fa il saputo, stolto è tenuto
— см. - S241- F198 —chi fa da (или per) sé, fa per tre
chi fa il servizio al villano, si sputa in mano
— см. - S684chi fa tutte le feste, povero si veste
— см. - F498chi fa tutto per paura, niente vale e poco dura
— см. - P900chi far di fatti vuole, suol far poche parole
— см. - F291chi fila e fa filare, buona massaia si fa chiamare
— см. - M915- F199 —chi l'ha fatta, la beve
chi ha fatto trenta, può far trentuno
— см. - T921chi lavora, fa la gobba, e chi ruba fa la robba
— см. - G820chi lavora, fa la roba a chi non lavora
— см. - R477chi mal fa, male aspetti
— см. - F204chi mal fa, mal pensa
— см. - M228chi meglio mi vuole, peggio mi fa
— см. - M1052chi non fa bene in gioventù, stenta in vecchiaia
— см. - G638chi non fa, non falla (e fallando s'impara) (тж. chi fa falla, e chi non fa, sfarfalla)
— см. - F92chi non fa la festa quando viene, non la fa poi bene
— см. - F500chi non fa le pazzie in gioventù, le fa in vecchiaia
— см. - P928- F201 —chi non fa quando può, non fa quando vuole
chi non ha da fare, Dio gliene manda
— см. - D465— см. - P1483chi pecora si fa, il lupo se la (или se lo) mangia
— см. - P971chi piacere fa, piacere riceve
— см. - P1476- F202 —chi più fa, meno presume
chi può fare, può anche disfare
— см. - F196— см. - F1547chi tardi fa i suoi lavori, tardi raccoglie i suoi licori
— см. - L279chi vuol far l'altrui mestiere, fa la zuppa (или l'acqua attinge) nel paniere
— см. - M1295chi vuol fare il mercante della lana, non bisogna guardare a ogni peluzzo
— см. - M1194le chiacchiere non fanno farina
— см. - C1665— см. - C1764— см. - G865— см. - D923- F204 —come fai, così avrai (тж. chi fa male, aspetti male; chi mal fa, male aspetti; chi la fa, l'aspetti)
— см. - P2261corpo mio, fatti capanna!
— см. - C615— см. - C2951— см. - C3100— см. - D125i denari son fatti per spendere
— см. - D129— см. - D361Dio li fa, e poi li accoppia
— см. - D477— см. - D469Dio lascia fare, ma non sopraffare
— см. - D473Dio prima li fa, poi li accoppia
— см. - D477— см. - D634— см. - C1665— см. - T610duro con duro non fa buon muro
— см. - D917— см. - S1648— см. - Z49— см. - L799— см. - T712— см. - T738— см. - E147— см. - E162fa del bene e avrai sempre bene
— см. - B500— см. - B1087— см. - C494fa come l'uova: più bollono e più assodano
— см. - U198fa' il (tuo) dovere e non temere
— см. - D892— см. - F1036— см. - N302— см. - N496— см. - G655— см. - I160— см. - S1711— см. - C1869— см. - M1876facendo male, sperando bene, il tempo va, e la morte viene
— см. - T304fammi fattore un anno, se sarò povero, mio danno
— см. - F303fammi indovino, ti farò ricco (или e non sarò meschino)
— см. - I224— см. -A885a farsi la barba ci vuol soldi: a farsi minchionare non ci vuol nulla
— см. - B260a fare i fatti suoi, non ci s'imbratta le mani
— см. - F295— см. - M2053— см. - S70— см. - N111— см. - M1742— см. - M2200— см. - S480— см. - M2124fatti agnello, sei mangiato; fatti tigre, rispettato
— см. -A369— см. - F606— см. - N500— см. - F803finita la cucitura, si fa il nodo
— см. - C3131— см. - F916— см. - P2297— см. - F1141— см. - F1183— см. - P2297fuoco che arde in cima, non ne fare stima
— см. - F1550— см. - G86gennaio fa il peccato, e maggio n'è incolpato
— см. - G352la giustizia è fatta come il naso: dove tu la tiri viene
— см. - G783— см. - G1190— см. - L276— см. - I74— см. - I226— см. - I309— см. - L86— см. - L288— см. - L605loda il folle e lo farai correre
— см. - F986— см. - L915— см. - M241— см. - C2869— см. - M377— см. - M976il miele si fa leccare perché è dolce (тж il miele si fa leccare, il fiele si fa sputare)
— см. - M1410— см. - N501— см. - M1715il mondo è fatto a scale: chi le scende e chi le sale
— см. - M1824morto un papa, se ne fa un altro
— см. - P357— см. - N160— см. - N305— см. - N304non è fatto il fieno per le oche
— см. - F664non si fa cosa di notte che non si risappia di giorno (тж non si fa cosa sotto terra che non si sappia sopra)
— см. - C2924— см. - F1148— см. - N306— см. - N307— см. - S1383— см. - M1743— см. - S933non fu mai fatta tanta liscia di notte, che non si risapesse di giorno
— см. - L748— см. - O491non ogni fiore fa frutto (тж. non ogni verde fa fiore)
— см. - F919non si può fare a modo di tutti
— см. - M1678le nozze le fanno i minchioni, e i furbi se le mangiano
— см. - N532— см. - N563— см. - P2382ogni uccello fa festa al suo nido
— см. - U22l'orzo non è fatto per gli asini
— см. - O663l'ozio non fa con la virtù lega
— см. - O741parole fan mercato, e i denari pagano
— см. - P599— см. - P602— см. - P603— см. - P906— см. - P907la paura fa venir le traveggole
— см. - P908— см. - P938il pazzo fa la festa e il savio se la gode (тж. il pazzo fa le nozze e il savio se le gode)
— см. - P939perché due non fa tre (тж. perché le due non fanno tre)
— см. - D927— см. - O455— см. - P1928— см. - P2199— см. - P2202la predica fa come la nebbia, iascia il tempo che trova
— см. - P2230— см. - P2383puoi andare a farti sotterrarci
— см. - S1161— см. - F642il quattrino fa cantare il cieco
— см. - Q84- F208 —quel che non fa a uno, fa a un altro
— см. - S517le querce non fanno limoni (тж. la quercia non fa ulive)
— см. - Q103— см. - U56questo mondo è fatto a scale: chi le scende e chi le sale
— см. - M1824— см. - D869— см. - R420— см. - P2297— см. - S190senza denari non si fa la guerra
— см. - D136— см. -A1175— см. - S1412per star bene si fa delle miglia
— см. - B537— см. - S1791— см. - T328tre fili fanno uno spago, tre spaghi fanno una corda
— см. - F806— см. - F916— см. - C2623— см. - F984atroppa fortuna fa ingarzullire
— см. - F1149la troppa fretta, volendo far, disfà
— см. - F1324— см. - U99— см. - M260- F210 —una ne fa e una ne pensa (тж. una ne fa, cento ne pensa)
— см. - N600gli uomini fanno la roba, non la roba gli uomini
— см. - U154l'uomo fa il luogo, e il luogo l'uomo
— см. - U153— см. - U211— см. - U257— см. - F1248— см. - C230il vento fa crescere la fiamma
— см. - V286ventre mio, fatti capanna!
— см. - C615— см. - V356— см. - V425la vita è fatta a scale (, c'è chi le scende e ce chi le sale)
— см. - V773— см. - Z46 -
4 pull
I [pʊl]1) (tug) strattone m., tiro m.2) (attraction) forza f.; fig. forza f. di attrazione, attrattiva f.4) colloq. (swig) sorso m., sorsata f.5) colloq. (on cigarette etc.) tiro m., boccata f.7) (snag) (in sweater) maglia f. tirataII 1. [pʊl]1) (tug) tirare [chain, curtain, hair, tail, rope]to pull a sweater over one's head — (put on) infilare un maglione (dalla testa); (take off) sfilarsi un maglione (dalla testa)
2) (tug, move) (towards oneself) tirare ( towards verso); (by dragging) trascinare ( along lungo); (to show sth.) tirare (per il braccio) [ person]4) (remove, extract) estrarre [ tooth]to pull sth. off — [child, cat] tirare qcs. giù da [shelf, table]
to pull sth. out of — tirare qcs. fuori da [pocket, drawer]
5) colloq. (brandish) tirare fuori, estrarre [gun, knife]to pull a gun on sb. — puntare un'arma contro qcn
8) (steer, guide)11) colloq. (attract) attirare, richiamare [audience, girls]12) (make)2.1) (tug) tirare (at, on su)to pull at sb.'s sleeve — tirare qcn. per la manica
2) (resist restraint) [dog, horse] tirare (at, on su)3) (move)to pull ahead of sb. — [athlete, rally driver] staccare qcn.; [ company] distanziare [ competitor]
4) (smoke)to pull at — dare un tiro a [ cigarette]
6) (row) remare•- pull in- pull off- pull out- pull up••pull the other one (it's got bells on)! — colloq. chi credi di prendere in giro!
* * *[pul] 1. verb1) (to (try to) move something especially towards oneself usually by using force: He pulled the chair towards the fire; She pulled at the door but couldn't open it; He kept pulling the girls' hair for fun; Help me to pull my boots off; This railway engine can pull twelve carriages.) tirare; togliere2) ((with at or on) in eg smoking, to suck at: He pulled at his cigarette.) tirare (una boccata)3) (to row: He pulled towards the shore.) remare4) ((of a driver or vehicle) to steer or move in a certain direction: The car pulled in at the garage; I pulled into the side of the road; The train pulled out of the station; The motorbike pulled out to overtake; He pulled off the road.) dirigersi2. noun1) (an act of pulling: I felt a pull at my sleeve; He took a pull at his beer/pipe.) tirata, tiro2) (a pulling or attracting force: magnetic pull; the pull (=attraction) of the sea.) attrazione3) (influence: He thinks he has some pull with the headmaster.) influenza•- pull down
- pull a face / faces at
- pull a face / faces
- pull a gun on
- pull off
- pull on
- pull oneself together
- pull through
- pull up
- pull one's weight
- pull someone's leg* * *pull /pʊl/n.1 tirata ( anche fig.); tiro; strappo; strattone: I gave a pull at the rope, diedi uno strattone alla corda; It was a long pull from the valley up here, è stata una bella tirata dalla valle fin quassù4 (naut.) colpo di remo; remata; vogata6 (tipogr.) prima bozza7 sorso; sorsata: He took a long pull at his tankard of beer, bevve una lunga sorsata dal suo boccale di birra8 [u] (mecc.) capacità di traino9 [u] (fig.) autorità; ascendente; influsso; influenza; peso, entratura (fig.): That cardinal has a strong pull with the Pope, quel cardinale ha molta influenza presso il Papa10 [u] forza d'attrazione (per es., della luna sulla terra); (fig.) attrazione pubblicitaria; capacità di attrarre il pubblico; fascino; richiamo: (market.) pull strategy, strategia dell'attrazione; an actor [a play] with great box-office pull, un attore che richiama molto pubblico [un dramma di cassetta]15 (equit.) tirata di redini● ( baseball) pull hitting, battuta a sorpresa □ ( slang) to be on the pull, essere in caccia; cercare di rimorchiare (ragazzi o ragazze).♦ (to) pull /pʊl/A v. t.1 tirare; trarre; trascinare; tirare a sé; strattonare: Don't pull my hair, non tirarmi i capelli; to pull the trigger, tirare il grilletto; (ferr.) to pull the cord, tirare l'allarme; to pull a heavy weight, trascinare un grosso peso; ( sport) to pull an opponent's shirt, strattonare un avversario per la maglia2 estrarre; tirare fuori; cavare; togliere: I had two teeth pulled, mi sono fatto togliere due denti; He pulled a gun on me, ha tirato fuori una pistola e me l'ha puntata contro3 cogliere; strappare5 attirare ( la clientela, spettatori, ecc.); assicurarsi (l'appoggio di q.); ottenere ( consensi, voti, ecc.): to pull a crowd, attirare folle di spettatori7 (tipogr.) tirare; stampare: to pull a copy [a proof], tirare una copia [una bozza]9 (fam., spec. USA) fare, commettere ( un reato, ecc.): to pull a robbery, fare una rapina; to pull a job, fare un colpo (in banca, ecc.)16 (fig. fam.) rimorchiare (una ragazza, un ragazzo)B v. i.2 lasciarsi tirare; muoversi; spostarsi, aprirsi ( quando si tira): This drawer won't pull out, questo cassetto non vuole aprirsi6 (naut.) remare; vogare8 (fig. fam.) rimorchiare● ( USA) to pull camp, levare il campo (o le tende) □ to pull clear, sgombrare; togliersi di mezzo; ( sport: autom.) portarsi a bordo pista ( dopo un guasto, ecc.); ( ciclismo, ecc.) andare in fuga; staccare tutti □ to pull a face, fare la faccia lunga; fare una boccaccia (o una smorfia) □ to pull faces, far boccacce; fare smorfie □ to pull a fast one on sb., giocare un brutto tiro a q.; mettere q. nel sacco (fig.) □ (fig. fam.) to pull sb. 's leg, prendere in giro q.; prendere q. per i fondelli (fam.) □ (med.) to pull a muscle, farsi uno strappo muscolare □ (naut.) to pull oars, remare; vogare; avere un certo numero di vogatori □ (pop. USA) to pull the plug on sb. [st.], farla finita con q. [qc.] □ to pull one's punches, ( boxe) non affondare, trattenere i colpi; (fig.) risparmiare colpi, non infierire □ ( slang USA) to pull rank, far pesare la propria autorità; farla cascare dall'alto (fig.) □ to pull a sad face, fare la faccia triste; assumere un'aria rattristata □ ( di veicolo, dei freni, ecc.) to pull to one side, tirare da una parte; tendere ad andare da un lato □ to pull to pieces, fare a pezzi, rompere, spezzare; (fig.) criticare aspramente, stroncare □ to pull one's weight, mettercela tutta; fare la propria parte ( di lavoro) □ (fig.) to pull strings for sb., usare la propria influenza a favore di q. □ (fig.) to pull the strings, tirare le fila; manovrare □ ( slang USA) to pull a stunt, fare un numero (fig.); avere un'alzata d'ingegno □ (med.) pulled muscle, strappo muscolare.* * *I [pʊl]1) (tug) strattone m., tiro m.2) (attraction) forza f.; fig. forza f. di attrazione, attrattiva f.4) colloq. (swig) sorso m., sorsata f.5) colloq. (on cigarette etc.) tiro m., boccata f.7) (snag) (in sweater) maglia f. tirataII 1. [pʊl]1) (tug) tirare [chain, curtain, hair, tail, rope]to pull a sweater over one's head — (put on) infilare un maglione (dalla testa); (take off) sfilarsi un maglione (dalla testa)
2) (tug, move) (towards oneself) tirare ( towards verso); (by dragging) trascinare ( along lungo); (to show sth.) tirare (per il braccio) [ person]4) (remove, extract) estrarre [ tooth]to pull sth. off — [child, cat] tirare qcs. giù da [shelf, table]
to pull sth. out of — tirare qcs. fuori da [pocket, drawer]
5) colloq. (brandish) tirare fuori, estrarre [gun, knife]to pull a gun on sb. — puntare un'arma contro qcn
8) (steer, guide)11) colloq. (attract) attirare, richiamare [audience, girls]12) (make)2.1) (tug) tirare (at, on su)to pull at sb.'s sleeve — tirare qcn. per la manica
2) (resist restraint) [dog, horse] tirare (at, on su)3) (move)to pull ahead of sb. — [athlete, rally driver] staccare qcn.; [ company] distanziare [ competitor]
4) (smoke)to pull at — dare un tiro a [ cigarette]
6) (row) remare•- pull in- pull off- pull out- pull up••pull the other one (it's got bells on)! — colloq. chi credi di prendere in giro!
-
5 tirare
1. v.t.1) (tendere) тянуть, натягивать2) (trascinare) тащить; (trainare) буксировать, везти3) (togliere) вынимать, извлекать, вытаскивать; доставать, выдвигать; (togliere bruscamente) выхватывать4) (stampare) печататьè un giornale che tira duecentomila copie — тираж газеты двести тысяч (эта газета выходит двухсоттитысячным тиражом)
5) (tracciare) проводить6) (gettare) бросать, кидать, швырятьtirare un sasso — кинуть камень (камнем) в + acc.
7) (sparare) стрелять в + acc.2. v.i.1)3) (spirare)oggi tira un vento micidiale — сегодня страшный ветер (ветер сбивает с ног, очень ветрено)
4) (stringere)3. tirarsi v.t.4.•◆
tirare calci — a) пинатьgli tirò un calcio — он дал ему пинка; b) брыкаться
tirare pugni — драться (дубасить кулаками + acc.)
tirare le conclusioni (le somme) — подводить итоги (gerg. подбивать бабки)
tirò fuori una vecchia storia ormai dimenticata — он припомнил старую, давно забытую историю
è uno che tira dritto per la sua strada — он человек целеустремлённый (он идёт напролом к своей цели)
ottenuto il pareggio, la squadra tirò i remi in barca — добившись ничьей, команда размагнитилась
con l'aria che tira preferisco andarmene — я считаю: отойди от зла, сотворишь благо!
tira a campare — a) он кое-как перебивается; b) он не перетруждается (не переутомляется)
"Come va?" "Si tira avanti!" — - Как жизнь? - Помаленьку!
vorrei sapere chi tira i fili della situazione! — хотелось бы знать, кто за всем этим стоит!
tirare il fiato — a) (fare una pausa) перевести дыхание (сделать перерыв, отдохнуть); b) (provare sollievo) вздохнуть с облегчением
l'imputato tirò in ballo persone insospettabili — подсудимый назвал имена (gerg. заложил) людей совершенно непричастных
non tirare in ballo tua sorella, adesso! — свою сестру оставь в покое, пожалуйста! (твоя сестра тут не при чём!)
non si capisce perché tirò in ballo quella vecchia storia — непонятно, зачем он приплёл эту старую историю!
tirare per le lunghe — откладывать (тянуть, затягивать, волынить)
tirare l'acqua al proprio mulino — лить воду на свою мельницу (печься только о собственной выгоде; gerg. тянуть одеяло на себя)
tirare la carretta — вкалывать (gerg. ишачить, горбатиться)
tirare la cinghia — (fig.) подтянуть пояс (приготовиться к лишениям)
tirare le cuoia — протянуть ноги (отдать концы, сыграть в ящик, дать дуба, откинуть копыта, испустить дух, приказать долго жить)
non tirare troppo la corda con lui! — ты с ним полегче! (помягче!; не перебарщивай!, не доводи дело до крайности!)
quella di tirare le orecchie a chi compie gli anni è un'abitudine italiana — есть такая итальянская привычка - таскать за уши именинника
le tirò le orecchie perché non aveva mantenuto la parola — он пожурил её (попенял ей) за то, что она не сдержала слова
ha tirato su i tre figli da sola — она одна подняла (вырастила, воспитала) троих детей
quando mi chiedono una mano non so tirarmi indietro — когда меня просят помочь, я не могу отказать
una parola tira l'altra, abbiamo fatto l'una di notte — мы заговорились и не заметили, как досидели до часу ночи
-
6 campo
m.1 country, countryside (campiña).en mitad del campo in the middle of the country o countrysidela emigración del campo a la ciudad migration from rural areas to citiescampo abierto open countrysidea campo traviesa cross country2 field.dejar el campo libre a algo/alguien (figurative) to leave the field clear for something/somebodycampo de aviación airfieldcampo de batalla battlefieldcampo de pruebas testing groundcampo de tiro firing rangecampo visual field of vision3 camp (campamento).campo de refugiados refugee campcampo de concentración concentration campcampo de exterminio death camp4 pitch (sport) (de fútbol). (peninsular Spanish)jugar en campo propio/contrario to play at home/away (from home)campo de deportes sports ground5 field (computing).6 room.7 domain, scope.8 campsite.9 pitch area, area of play.pres.indicat.1st person singular (yo) present indicative of spanish verb: campar.* * *1 (campiña) country, countryside2 (agricultura) field3 (de deportes) field, pitch4 (espacio) space5 figurado field, scope\dejarle a alguien el campo libre figurado to leave the field open for somebodyir a campo traviesa/través to cut across the fieldscampo de batalla battlefieldcampo de concentración concentration campcampo de fútbol football pitchcampo de golf golf course, golf links pluralcampo de tenis tennis courtcampo de tiro shooting rangecampo deportivo playing fieldcampo visual visual fieldcampo magnético magnetic fieldcasa de campo country housetrabajo de campo field work* * *noun m.1) country, countryside2) field* * *SM1) (=terreno no urbano) countryviven en el campo — they live in the country o countryside
la gente del campo — country people o folk
2) (Agr) [para cultivar]los obreros del campo — farm workers, agricultural workers
los productos del campo — farm produce, country produce
campo de cultivo — (lit) farm land; (fig) breeding ground
3) (Dep) (=estadio) ground; (=cancha) pitch, field (EEUU)4) (=espacio delimitado)Campo de Gibraltar — Spanish territory around the border with Gibraltar
campo santo — cemetery, churchyard
Campos Elíseos — [en París] Champs Elysées; (Mit) Elysian Fields
5) (Mil) (=campamento) camplevantar el campo — (Mil) to break camp, strike camp; (=irse) to make tracks *
campo de aviación — airfield, airdrome (EEUU)
campo de trabajo — [de castigo] labour o (EEUU) labor camp; [de vacaciones] work camp
6) (=grupo) field7) (=ámbito) fieldcampo de acción, campo de actuación — scope, room for manoeuvre o (EEUU) maneuver
campo gravitatorio — gravity field, field of gravity
trabajo 1)campo visual — field of vision, visual field
8) (Arte) background9) (Heráldica) field10) And (=estancia) farm, ranch; Cono Sur (=tierra pobre) barren land; And, Cono Sur (Min) mining concession11) LAm (=espacio) space, roomno hay campo — there's no room o space
* * *1) ( zona no urbana) country; ( paisaje) countrysidecampo a través or a campo traviesa — <cruzar/ir> cross-country
2)a) ( zona agraria) land; ( terreno) fieldb)de campo — field (before n)
investigaciones or observaciones de campo — a field study trabajo
perdieron en su campo or en campo propio — they lost at home
4) (ámbito, área de acción) fieldesto no está dentro de mi campo de acción — this does not fall within my area o field of responsibility
dejarle el campo libre a alguien — to leave the field clear for somebody
5) ( campamento) camplevantar el campo — to make tracks (colloq)
6) (Andes) (espacio, lugar)hagan or abran campo — make room
7) (Inf) field* * *1) ( zona no urbana) country; ( paisaje) countrysidecampo a través or a campo traviesa — <cruzar/ir> cross-country
2)a) ( zona agraria) land; ( terreno) fieldb)de campo — field (before n)
investigaciones or observaciones de campo — a field study trabajo
perdieron en su campo or en campo propio — they lost at home
4) (ámbito, área de acción) fieldesto no está dentro de mi campo de acción — this does not fall within my area o field of responsibility
dejarle el campo libre a alguien — to leave the field clear for somebody
5) ( campamento) camplevantar el campo — to make tracks (colloq)
6) (Andes) (espacio, lugar)hagan or abran campo — make room
7) (Inf) field* * *campo11 = country, countryside, field.Ex: But in the country the processes of printing always provoke such lively curiosity that the customers preferred to go in by a glazed door set in the shop-front and giving onto the street.
Ex: Problems of community service seem to show up more clearly in the countryside.Ex: He was a loner himself, a small-town country boy who spent most of his time wandering about the hills and fields near his home.* biblioteca de campo de concentración = concentration camp library.* campo de juego = pitch.* campo a través = off-road.* campo de alfarero = potter's field.* campo de batalla = battleground, battlefield.* campo de ceniza volcánica = ash field.* campo de césped artificial = all-weather pitch.* campo de concentración = concentration camp, gulag, internment camp.* campo de cricket = cricket grounds.* campo de deportes = sport arena.* campo de detención = internment camp.* campo de exterminación = death camp.* campo de fútbol = football field.* campo de fútbol de tierra = dirt football pitch.* campo de golf = golf course.* campo de hierba artificial = all-weather pitch.* campo de internamiento = internment camp.* campo de juego = playing field.* campo de juego de tierra = dirt pitch.* campo de lava = lava field.* campo de manzanos = apple orchard.* campo de minas = minefield.* campo de naranjos = orange grove, orange orchard.* campo de olivos = olive grove.* campo de petróleo = oil field.* campo de prisioneros = prison camp, P.O.W. camp, prisoner of war camp, gulag.* campo de reclusión = internment camp.* campo de refugiados = refugee camp.* campo de tierra = dirt pitch.* campo de tiro = gun range, shooting range.* campo de trabajos forzados = labour camp, forced labour camp.* campo, el = bush, the.* campo petrolífero de producción regular = marginal field.* casa de campo = holiday home, country residence.* centro del campo = halfway line.* club de campo = country club.* como un campo de batalla = like a war zone.* cría en campo = free-range farming.* de campo = free-range.* dejar los campos en barbecho = let + fields lie fallow.* diario de campo = field notebook.* gallina de campo = free-range hen.* habitante del campo = country dweller.* línea de medio campo = halfway line.* mano de obra del campo = farm labour force.* pollo de campo = free-range chicken.* prácticas de campo = fieldwork [field work].* trabajador de campo = fieldworker [field worker].* trabajador del campo = farmworker [farm worker], agricultural labourer, farm labourer, farm worker.* trabajadores del campo = farm labour force.* vida en el campo = rural life.* vivir del campo = live off + the land.campo22 = area, arena, field, front, territory.Ex: The area in which standards for bibliographic description have had the most impact is in catalogues and catalogue record data bases.
Ex: This shifts the responsibility for headings and their arrangement into the arena of cataloguers and indexers.Ex: An appreciation of alternative approaches is particularly important in this field where trends towards standardisation are the norm.Ex: Present auguries on the resource front are not good.Ex: The report suggests that structural changes within higher education and within the information industry affect the legitimacy, status, and territory of librarians' work.* campo afín = twin field.* campo científico = academic field, scientific field.* campo de acción = purview, scope.* campo de actividad = area of application.* campo de actuación = purview, scope, sphere of interest.* campo de aplicación = field of application, scope, scope of application, field of practice, area of application.* campo de especialización = area of competence, field of specialisation.* campo de estudio = field of study.* campo de interés = sphere of interest.* campo de investigación = research field.* campo de la computación = computing field.* campo del conocimiento = field of knowledge.* campo de trabajo = field of endeavour.* campo de visión = breadth of vision, viewing position, field of vision.* campo electromagnético = electromagnetic field.* campo magnético = magnetic field.* campo temático = subject field.* campo visual = field of vision.* en el campo de = in the realm of, in the field of.* generar un campo magnético = generate + magnetic field.* investigación de campo = intervention research, field research.* investigador de campo = fieldworker [field worker].* trabajo de campo = fieldwork [field work].campo33 = field.Ex: Records are normally divided into fields.
* abreviatura del nombre del campo = tag.* búsqueda por campos = field searching.* campo bibliográfico = bibliographic field.* campo de cabecera = leader field.* campo de control = control field.* campo de datos = datafield.* campo de información = data field.* campo de longitud fija = fixed length field.* campo de longitud variable = variable length field.* campo de notas = notes field.* campo de registro = field.* campo de relación = linking field.* campo de texto libre = free-text field.* campo indizable = indexing field.* campo inserto = embedded field.* campo reservado = reserved field.* campo restringido = limit field.* código de campo = field code.* contenido del campo = field content.* de campos fijos = fixed-field.* delimitador de campo = field delimiter.* etiqueta de campo = field label, field tag.* identificador de campo = field label.* identificador de campo abreviado = short field label.* identificador de campo desarrollado = long field label.* indicador de campo = field indicator.* marca de final de campo = delimiter.* nombre del campo = field name.* separador de campo = field separator.* sufijo de campo = field suffix code.* tamaño del campo = field size.* tecla de borrado de campo = ERASE FIELD key.el campo(n.) = bush, theEx: Her experiences in Namibia involved cycling along dirt roads through the bush to village schools in order to read stories and help children make their own books = Sus experiencias en Namibia supusieron ir en bicicleta por caminos de tierra por el campo a las escuelas de las aldeas para leer cuentos y ayudar a los niños a hacer sus propios libros.
* * *A(campiña): el campo the countryse fue a vivir al campo he went to live in the countryla migración del campo a la ciudad migration from the countryside o from rural areas to the citiesel campo se ve precioso con nieve the countryside looks lovely in the snowmodernizar el campo to modernize agricultureel campo no se cultiva de manera eficaz the land is not worked efficientlylas faenas del campo farm workla gente del campo country peoplea campo raso out in the opencampo a través or a campo traviesa or a campo través cross-countryCompuesto:cross-country runningel campeonato nacional de campo a través the national cross-country championships1 ( Agr) fieldlos campos de cebada the barleyfields, the fields of barleyperdieron en su campoor en campo propio they lost at homelleno absoluto en el campo the stadium o ( BrE) ground is packed3hicieron investigaciones or observaciones de campo they did a field studyCompuestos:masculine and feminine ( Ven) shortstoplanding fieldbattlefieldtraining grounddeath campgolf course, golf links (pl)field of honor*killing fieldminefieldtesting o proving groundfiring rangeairfieldminefield( Per) mineoilfieldcemeteryC (ámbito, área de acción) fieldesto no está dentro de mi campo de acción this does not fall within my area o field of responsibilityel campo de acción de la comisión the committee's remitabandonó el campo de la investigación she gave up research workdejarle el campo libre a algn to leave the field clear for sbCompuestos:field of fireforce fieldfield of vision● campo gravitatorio or de gravedadgravitational fieldmagnetic fieldoperative fieldsemantic fieldfield of visionD (campamento) campCompuestos:concentration camprefugee campE( Andes) (espacio, lugar): hagan or abran campo make roomsiempre le guardo campo I always save her a placeF ( Inf) fieldG (en heráldica) field* * *
Del verbo campar: ( conjugate campar)
campo es:
1ª persona singular (yo) presente indicativo
campó es:
3ª persona singular (él/ella/usted) pretérito indicativo
Multiple Entries:
campar
campo
campo sustantivo masculino
1 ( zona no urbana) country;
( paisaje) countryside;
el campo se ve precioso the countryside looks beautiful;
campo a través or a campo traviesa ‹caminar/ir› cross-country
2 ( zona agraria) land;
( terreno) field;
las faenas del campo farm work;
los campos de cebada the field of barley;
campo de aterrizaje landing field;
campo de batalla battlefield;
campo de minas minefield;
campo petrolífero oilfield
3 (Dep) ( de fútbol) field, pitch (BrE);
( de golf) course;◊ jugar en campo propio/contrario to play at home/away;
campo a través cross-country running;
campo de tiro firing range
4 (ámbito, área de acción) field;
5 ( campamento) camp;◊ campo de concentración/de refugiados concentration/refugee camp
campar verbo intransitivo to stand out, be prominent
♦ Locuciones: familiar campar por sus respetos, to do as one pleases
campo sustantivo masculino
1 country, countryside
2 (tierra de cultivo) land: trabaja en el campo, he works on the land
(parcela de cultivo) field: los campos de girasoles embellecen el paisaje, sunflower fields leave the landscape looking beautiful
3 Dep field
(de fútbol) pitch
(de golf) course
4 (ámbito) field
5 Fís Fot field 6 campo de acción, field of action
Mil campo de batalla, battlefield
campo de concentración, concentration camp
campo de trabajo, work camp
campo magnético, magnetic field
campo visual, field of vision
trabajo de campo, fieldwork
♦ Locuciones: a campo traviesa o través, cross-country
' campo' also found in these entries:
Spanish:
abierta
- abierto
- ampliar
- aplanar
- chalet
- ciudad
- dibujar
- dominguera
- dominguero
- dominio
- eminencia
- empecinada
- empecinado
- faena
- faenar
- finca
- mariscal
- merendero
- pequeña
- pequeño
- primicia
- rancho
- reverdecer
- salida
- sembrada
- sembrado
- terrena
- terreno
- villa
- vista
- zigzag
- abonar
- ámbito
- anegar
- avance
- caminata
- campesino
- cercar
- criar
- cultivar
- empantanado
- empantanarse
- excursión
- florido
- fumigar
- labor
- medio
- merendar
- merienda
- milpa
English:
airfield
- angrily
- area
- arena
- battlefield
- bound
- common
- concentration camp
- cottage
- country
- country club
- country cottage
- countryside
- course
- cover
- cross-country
- domain
- dread
- field
- field trip
- field work
- football field
- free rein
- front nine
- go through
- golf course
- ground
- link
- magnetic
- minefield
- open
- out-of-bounds
- pasture
- pitch
- playing field
- proving ground
- ramble
- range
- reputed
- rifle range
- rolling
- scramble
- shooting-range
- sphere
- villa
- ahead
- battle
- branch
- concentration
- cross
* * *campo nm1. [terreno, área] field;un campo de tomates a field of tomatoes;dejar el campo libre a algo/alguien to leave the field clear for sth/sbcampo de acogida [de refugiados] provisional refugee camp;campo de aterrizaje landing-field;campo de aviación airfield;también Fig campo de batalla battlefield;campo de concentración concentration camp;los Campos Elíseos [en París] the Champs Êlysées;el campo enemigo enemy territory;campo de exterminio death camp;el Campo de Gibraltar = the area of Spain at the border of Gibraltar;campo de hielo ice field;campos de maíz cornfields;también Fig campo minado minefield;campo de minas minefield;campo de nieve snowfield;campo petrolífero oilfield;campo de prisioneros prison camp;campo de pruebas testing ground, proving-ground;campo de refugiados refugee camp;campo de tiro [para aviones] bombing range;[para policías, deportistas] firing range, shooting range;campo de trabajo [de vacaciones] work camp;[para prisioneros] labour campuna casa en el campo a house in the country;en mitad del campo in the middle of the country o countryside;la emigración del campo a la ciudad migration from rural areas to citiescampo abierto open countryside; Dep campo a través cross-country running [de tenis] court; [de golf] course;el campo de fútbol del Barcelona the Barcelona football ground;el campo contrario the opponents' half;jugar en campo propio/contrario to play at home/away (from home)campo atrás [en baloncesto] backcourt violation;campo de entrenamiento training ground;campo de juego playing field4. [área, ámbito] field;el campo de las ciencias the field of science;un campo del saber a field o an area of knowledge;no entra en su campo de actuación it's not one of his responsibilitiesLing campo léxico lexical field5. Informát field6.de campo [sobre el terreno] in the field;trabajo de campo fieldwork7. Fís fieldcampo eléctrico electric field;campo electromagnético electromagnetic field;campo de fuerza force field;campo gravitatorio gravitational field;campo magnético magnetic field;campo magnético terrestre terrestrial magnetic field;campo visual visual field, field of vision8. [partido, bando] camp, side;el campo rebelde the rebelshazme campo para que me siente make some room so I can sit down10. RP [hacienda] farm, ranch* * *m1 field2:en el campo in the country(side);ir al campo go to the country;raso in (the) open country;a campo traviesa, campo a través cross-countryground4:en el campo de la técnica in the technical field;tener campo libre para hacer algo have a free hand to do sth* * *campo nm1) campaña: countryside, country2) : fieldcampo de aviación: airfieldsu campo de responsabilidad: her field of responsibility* * *campo n1. (extensión de terreno) country2. (paisaje) countryside3. (tierra de cultivo) field4. (materia de estudio) field -
7 ♦ play
♦ play (1) /pleɪ/n.1 [u] gioco; modo di giocare: The children are at play, i bambini stanno giocando; the game and play of chess, il gioco degli scacchi e come giocarlo; the play of sunlight upon leaves, il gioco della luce del sole sulle foglie3 (teatr.) lavoro teatrale; dramma; commedia: the plays of John Webster, i drammi di John Webster; to direct a play, dirigere un dramma; to perform a play, rappresentare un dramma; to produce (o to put on) a play, mettere in scena un dramma (o una commedia); The play fell flat, la commedia è stata un fiasco; We went to the play, siamo andati a teatro4 [u] (mus.) esecuzione● (fig.) play-acting, commedia; finzione; melodramma (fig.) □ play-box, scatola per giocattoli □ ( radio, TV, USA) play-by-play commentary, radiocronaca; telecronaca; commento minuto per minuto □ play-day, giorno di vacanza ( da scuola) □ play-debt, debito di gioco □ ( USA) play dough, plastilina □ ( sport) play-off ► play-off □ a play on words, un gioco di parole □ play pool, piscina per giochi; piscinetta ( per bambini) □ play street, strada ( di città) chiusa al traffico per i giochi dei bambini □ (psic.) play therapy, terapia del gioco; ludoterapia □ to allow full play to one's restlessness, dare pieno sfogo alla propria irrequietezza □ as good as a play, divertentissimo □ to bring (o to call) into play, mettere in gioco; fare intervenire; mettere in azione □ to come into play, entrare in gioco (fig.); entrare in azione □ to give free play to one's imagination, dare (libero) sfogo alla propria fantasia □ in play, per gioco; per scherzo; per celia; ( sport: del pallone, della palla) in gioco □ ( sport) to make play, dar filo da torcere agli avversari □ (fam.) to make a play for, darsi da fare per, cercare di ottenere (qc.); manovrare per ( una nomina, ecc.); fare il filo a, stare dietro a (q.) □ ( sport: del pallone, della palla) out of play, non in gioco.NOTA D'USO: - play, game o toy?- play (2) /pleɪ/vc. verb.(comput.) esegui!; riproduci! ( istruzione).♦ (to) play /pleɪ/v. t. e i.1 giocare ( anche sport); giocare a (o con); gareggiare; giocherellare; baloccarsi; gingillarsi; divertirsi; scherzare; trastullarsi: to play tennis, giocare a tennis; to play with a ball, giocare con una palla; ( sport) to play a beautiful game, giocare bene; fare un bel gioco; ( anche) fare dell'accademia; to play sb. at cards, giocare a carte con q.; Let's play cowboys, giochiamo ai cowboy!; Let's play at (being) redskins, giochiamo agli indiani!; to play a pawn, giocare (o muovere) un pedone (a scacchi); to play one's cards well [badly], giocare bene [male] le proprie carte ( anche fig.); to play with a bunch of keys, baloccarsi (o gingillarsi) con un mazzo di chiavi; (fig.) to play with fire, scherzare col fuoco2 (fam.) giocare a essere; fare la parte di; far mostra; far finta: Jim played ski instructor, Jim faceva la parte del maestro di sci; to play innocent, recitare la parte dell'innocente3 ( sport) effettuare, fare ( un tiro, ecc.): He wasn't sure which shot to play, era incerto su quale colpo effettuare4 ( sport) far giocare; mettere in campo: The coach played Jones as goalkeeper, l'allenatore ha schierato Jones come portiere5 ( sport: del terreno) essere adatto al gioco: This cricket pitch plays well, questo campo di cricket è adatto al gioco ( ci si gioca bene)6 ( sport) giocare contro (q.); ospitare; battersi contro: Scotland were playing Wales, la Scozia ospitava il Galles; Will you play the challenger?, ti batterai contro lo sfidante?7 (teatr.) recitare; rappresentare; interpretare, sostenere ( un ruolo); fare la parte di; fare ( una parte); ( di una commedia, ecc.) essere recitato; tenere il cartellone; ( di film) essere proiettato: to play King Lear, rappresentare il Re Lear; Mel Gibson plays Hamlet, Mel Gibson interpreta la parte di Amleto; to play one's part well, fare bene la propria parte ( anche fig.); A new movie is playing tonight, questa sera danno un film nuovo; to play opposite, recitare a fianco di ( una persona dell'altro sesso); avere (q.) come partner8 (mus.) suonare; eseguire: to play the national anthem, suonare l'inno nazionale; to play by ear, suonare a orecchio; to play the violin, suonare il violino; DIALOGO → - Discussing music- They're playing the Forum on the 16th of December, suonano al Forum il 16 dicembre10 scherzare (poet.); muoversi qua e là; errare; ( del vento) soffiare: The moonlight was playing on the still waters of the lake, il chiaro di luna scherzava sulle acque tranquille del lago; A faint smile played on her lips, un lieve sorriso le errava sulle labbra (o le sfiorava le labbra)11 (mecc.: di un pezzo) avere gioco: Pistons must play inside cylinders, i pistoni devono aver gioco dentro ai cilindri13 dirigere, orientare ( un getto d'acqua, ecc.): We played a searchlight on the building, abbiamo illuminato l'edificio con una fotoelettrica16 (fam.) stare al gioco● ( sport) to play at home [away], giocare in casa [in trasferta] □ ( calcio, ecc.) to play a ball, calciare una palla □ to play ball, ( sport) dare il calcio d'inizio (o di ripresa); (fig.) fare la propria parte; non tirarsi indietro (fig.): (fam.) to play ball with sb., collaborare con q.; dare una mano a q. □ to play one's cards close to one's chest, tenersi le carte strette al petto ( giocando); (fig.) tenere nascoste le proprie mosse □ to play dead, fare finta d'essere morto, fare il morto; (fig.) restare indifferente, fare finta di niente □ to play the devil, fare il diavolo a quattro □ ( slang) to play dirty, fare il gioco sporco □ to play fair, giocare lealmente; (fig.) giocare a carte scoperte, comportarsi in modo leale □ to play sb. false, tradire q.; ingannare q. □ (fig.) to play first fiddle, avere una parte di primo piano; avere molta voce in capitolo □ to play a fish, stancare un pesce dandogli corda e poi tirando la lenza □ to play sb. like a fish, giocare con q. come il gatto con il topo □ to play the fool, fare lo stupido □ (teatr., mus., sport) to play for the first time, esordire; giocare (o recitare, suonare) per la prima volta □ to play for heavy stakes, giocare forte, d'azzardo □ to play for safety, stare sul sicuro; ( sport) tirare a «fare risultato» ( accontentandosi di un pareggio) □ to play for sympathy, cercare di accattivarsi la simpatia □ to play for time, cercare di guadagnare tempo, temporeggiare; ( sport) fare melina □ to play foul, ( sport) fare falli, essere falloso; (fig.) barare; essere sleale □ to play the game, stare alle regole del gioco; (fig.) esser leale, onesto □ (fig.) to play sb. 's game, stare al gioco di q. □ (fam.) to play games with sb. [st.], farsi gioco di q. [giocare (o giocherellare) con qc.] □ to play God, fare il padreterno □ to play high, giocar forte; fare forti puntate □ (fam.) to play the horses, giocare alle corse ( di cavalli) □ (fig.) to play into sb. 's hands, fare il gioco di q. □ to play oneself into a new job, fare l'abitudine (fam.: l'osso) a un lavoro nuovo □ (fam.) to play it cool, mantenere la calma □ to play it for real, fare sul serio □ ( calcio) to play the long ball, verticalizzare; dare profondità al gioco □ to play low, giocare in modo prudente; fare puntate basse □ ( Borsa, fin.) to play the market, speculare (o giocare) in Borsa □ ( sport) to play out of one's skin, giocare da dio □ to play safe, tenersi dalla parte del sicuro; non voler correre rischi □ (fig.) to play second fiddle (o second lead), fare il comprimario; avere una parte secondaria (o di secondo piano) □ ( sport) to play a team at home, ospitare una squadra □ (teatr.) to play to a full house, recitare a teatro esaurito □ to play to the gallery, (teatr.) recitare per il loggione; (fig.) cercare una popolarità a buon mercato □ to play truant, marinare la scuola □ to play a waiting game, ( sport) fare melina; (fig.) tirarla per le lunghe; stare a vedere come si mettono le cose □ (equit.) to play with horses ( on the ground), far lavorare (o esercitare) i cavalli (a terra) □ (eufem.) to play with oneself, masturbarsi. -
8 axabarciar
Axabarciar, es tratar, vender, comprar, cambiar, etc. Cuntu you aquindi nisti primeiru llibru qu'un astur fae con ñaturallidá, con honradé, con amore grandie ya ñoble que disdi guaxetín na miou xenciétcha ya ñatural alma se fexu hacia tous lus melgueirus y'embruxantes chugares de la miou mantina tierra d'Asturies, ya de toes les Fidalgues xentes que la poblen, falu you que nagora mesmu tenu ñecexidá de cuntayes un cuintu que nun ye tal couxa, perque cuaxi tóu lu que falu aquindi fóu verdá. Ya cumu encalda mu ben nista pallabra, pos nagua mexor que como exemplu qu'isti casu que per oitre lláu pué xervir tamén d'escola. (Cuento yo aquí en este diccionario primero que hace un astur con documentación, naturalidad y suprema honradez, lleno de un amor grande y noble que desde niño en mi sencilla y natural alma se hizo, hacia todos los dulces y embrujantes lugares de mi amada Tierrina Asturiana, y hacia todas las Hidalgas gentes que la pueblan. Digo que ahora mismo tengo necesidad de contarles un cuento, que no es tal cosa, porque casi todo lo que les voy a contar ha sido una auténtica verdad, y como tal alumbramiento tiene el origen en esta palabra, pues nada mejor que este ejemplo, que por otro lado puede servir también de escuela). (LES XABARCEIRES) L'Aldexuxán (aldea de Susana) yera la miou aldina, fae ya un faticáu d'anus cundu you yera un guaxín, despós de l’achuquinante 'ngarradiétcha, que xemóu de cadarmus toes les teixáes de la miou embruxante Asturies, apaxiétchandu de llutus, mexeries, fames, atristeyáus ya enfernales dollores a toes les xentes, lu mesmu las prietes que yeren las drechistes, que lus roxus que yeren de las esquerdas. (La aldea de Susana era mi aldea, hace ya muchos años cuando yo era un niño después de la asesinante guerra que sembró de cadáveres todas las casas de mi embrujante Asturias, vistiendo de lutos, miserias, hambre e infernales dolores a todas sus nobles gentes, lo mismo a los negros que eran los derechistas, que a los rojos que eran los de las izquierdas). —Por aquel entonces, cuando el hambre, la necesidad y la miseria se enseñoreaban de les teixáes (lares) mejor dicho de los hijos y de las viudas de los perdedores, ya que los pobres, los que no estaban encuandicáus (sepultados) s'atopaben arretrigáus nes cárxeles, (encadenados en las cárceles) ya oitres con más xuerte, xebráranse per miéu 'l hermenu venceor pal extranxeiru. (Y otros con más suerte, se marcharan por miedo al hermano vencedor para el extranjero). —Cuento yo, que por aquellos tristes aconteceres sucedió en mi aldea esta historia que ahora al recordarla tras más de cuarenta años de haber sucedido, trae a mi pensamiento una añoranza triste, nel mesmu lleldar que me fae xonreyire. En el mismo suceder que me hace sonreir, ya que el caso según mi humilde parecer se las trae, porque todos los personajes qu'encaldan (hacen) esta cierta, historia, eran seres que para poder vivir tenían que luchar bravamente todos los amanecidos días, no importa cómo lo hicieran; pero por aquellos tristes tiempos el que no luchaba no comía, no es como hoy, que se tira más comida en un día a la basura, que en los tiempos de esta historia comía toda Asturias en una semana. —Yera mi aldina tan bétcha en allumbrar frutos, que desde los principios del branu (verano), fasta lu fondeiru de la xeronda (hasta lo último del otoño), talmente parecía mi melgueiru chugar (dulce pueblo), el mismo jardín que el Creador debe de tener reservada para las sencillas y buenas gentes que tras la muerte sean huéspedes de su Santificante Reino. Tal exquisita riqueza natural daba lugar, a que casi todos los vecinos tuviesen un pollino que espatuxara llixeiru (andase rápido), y fuese resistente para que no se esmurgazara esventronáu (cayera reventado) en los difíciles y abruptos caminos, con las maniegas (cestas) encima de su albarda amamplenáes (llenas) de sabrosos frutos, antes de llegar a la romería o fiesta donde iba destinado tal manjar, así fueran higos, cerezas, ciruelas, peras, etc., etc., etc. Algunas veces también solían llevar manzanines arroxáes nel fornu (manzanas asadas en el horno) y ablanines turráes nel mesmu cheldar (y avellanas asadas en el mismo lugar), y estas frutas así tratadas, tenían un gusto tan exquisito que uno no se hartaba nunca de comer por ellas. Por estos quehaceres y otros múltiples necesarios en sus caseríos, cada vecino cuidaba a su pollino todo el año, como la mejor de sus prendas, porque era el humilde pollino el único medio de locomoción que tenían para efectuar infinidad de trabajos y muy necesarios traslados. Decía el pedáneo de mi aldea, donde sucedió esta historia que estoy empezando a relatarles, que un pollinín d'arremangu (de valía), le proporcionaba más ganancias al aldeano que una xuntura de les mexores vaques (pareja de sus mejores vacas). Pero endenantes d'afondigoname nel contare lus fechus que fixerun les xabarceires del miou chugar (antes de ahondar en los hechos que dieron lugar las tratantas de mi pueblo), voy a contar así d'esboriaúra (de resbalón), lo que le ha sucedido al razonero alcalde de mi aldeina: Hubiérase casado Graciano cuando era muy joven aun, con Ramona la de Juan de Pacha, que era una mozacona (mozona) de ñidies (finas) mexierches (mejillas), arregañaónes ñalgues (apetecibles nalgas) y un entamu (senos) también empericotáu (prominente, estupendo), que hacían de Ramona una muchacha también formada y deseable, que ni el más exigente sería capaz de deximiya per mu fartu qu'andubiés de clica (nadie la despreciaría por muy harto que estuviese de mujeres). Pero Graciano que por aquel entonces era pobre, aunque dueño de un ameruxamientu d'arganáes, que lu ateixaben nel xeitu del querer escombútchire, (unas crecidas ansias que le resguardaba en el lugar de querer, medrar, enriquecerse, etc.). Mas él pensaba y con buen tino, que jamás sus aspiraciones podría alcanzarlas en la aldea, por tal razón decidió emigrar, y como le acompañaba la suerte de tener un hermano en las Américas, pues un día endubitchóu lus sous fatinus (lió sus ropas), despidióse con lágrimas en sus ojos de su mujer e hijo que por entonces aun no había cumplido un año, y colóu (marchó) para La Habana, donde trabajó como un esclavo durante diez años, sin desperdiciar ni menos gastar ni una perrina (cinco céntimos). Con una buena cuarexá de cuartus (cartera de dinero). Ilegó pasado este tiempo a su aldea, cargado como un abetchún (abejón), de paxiétchus, llásticus, xoyiquines, ya fatáus d'oitres couxiquines, (de trajes, ropas, joyas, y muchas otras preciadas cosas. Hizo su entrada en la aldea en los postreirus (últimos días del mes de Xeneiru), precisamente cuando el día atapecía (oscurecía), por eso, como su teixá (casa) era la primera de la aldea, y hacía un frío y una ventisca que a todo el mundo refugiaba tras de sus lares, con ningún vecino se encontró, que le dijese o le pusiese de aviso contra alguna cosa. Salió su mujer a recibirle a la correlada llena de gozo y de contentura, engavitóuse (enganchose) la Ramona a su cuello loca de alegría, bexucóuyu per tous lus lláus esgalazá (besole por todos los lados con ansias), en el lleldar (hacer) que desfayénduse (deshaciéndose) en chárimes (lágrimas) y xoponcius (mareos, sustos, etc), que le hacían temblar como una vara verde, y después d’allancar (plantar) las rodiétches (rodillas) encima de las llábanas (losas), dijo bajando la cabeza y xofitándula (apoyándola) entre los atavarius (bragueta), de su hombre, en el encaldar (hacer) que s’arretrigaba a sous cadriles (se abrazaba a sus piernas). ¡Achuquíname, achuquíname miou Gracianu, endenantes de que te cunte, lu paraximesquéiramente que me portéi, metantu que tou faíes la Bana nel extranxeiru! (Asesíname, asesíname mi Graciano, antes de que te cuente, que te he hecho de menos con otros hombres, mientras que tu, te hacías rico en el extranjero). ¡Bueno Ramona..., ya tendrás tiempo de decirme todo cuanto de bueno o malo hayas hecho... pero ahora dime ¿dónde está el pequeño? ¡Apuesto a que ya está hecho un mozaquín (adolescente), listo y trabajador como lo que es su padre, que fexu más pesos na Bana (que hizo más duros en La Habana), que de pelos tenedis entrambus ya dos en vuexes motcheres! ¡Bueno los niños, quiero decir Tanín, güéi dexelu nel teixu miou má, pos comu tenu fatáus de couxes qu'escutire coutigu, ya non sei per la primeira que comencipiare, pos ista nuétchi quixe quedáme sola pa faluchar al nuexu encaldare! (Hoy le he dejado en la casa de mi madre, pues como tengo muchas cosas que discutir contigo, y no se por cuál he de comenzar, por éso esta noche he querido quedarme sola para hablar sin que nadie nos enrede). Lo primero que hizo la Ramona fue prepararle la cena a su marido, y al parejo que en esta faena se entretenía, iba preguntándole sucesos que a él le habían acontecido, quedándose siempre muy admirada de cuanto le decía su esposo. Pero después que el Graciano se fartucóu dé xamón, ya güevus con choricinus, arrutióu encomoláu perque l'entelaura inflabai 'l banduyu, plantói fuéu a un pitu, llancói 'n fondigoná 'n par de fumáes, ya sonriyénduse mu felliz dixói a la sou mutcher: (Se hartó de jamón, huevos y chorizos, eructó incomodado por haber abusado de tanta comida que con pesadez le hinchaba la barriga, le pegó fuego a un buen cigarro, le sacudió un par de fumadas, y después sonriéndose muy feliz le dijo a su mujer): ¡Desde que me he marchado a las Américas hasta ahora, no he comido una comida que mejor me supiera que ésta que me has preparado en tan poco tiempo y con tanta arte. Por el mundo adelante mi querida Ramona, no se harta uno nada más que de mollicies (cosas malas). Mucho cacíu pintureiru (cacharros lujosos), mucha cuchara limpia y resplandeciente, mucho sirviente que te trata con tanto mimo como si fueses un banquero, pero los platos son pequeños, y la comida que en ellos vacian (echan), tiene escosáu güétchus de rustíu (que no tiene grasa, que no está sazonada). Más sustancia tiene aquí un potaráu de llabaza de la que chamus a lus bracus (una pota de fregaduras de la que servimos a los cerdos), que todo lo que come en el día un trabajador en las Américas, y si uno trae dineros de aquellas lejanas tierras, es a cuenta de la mucha hambre, calamidades y sufrimientos que uno tiene que aguantar allí. Aquí en las aldeas pensamos cuantos nos vamos para allá, que en cuanto lleguemos, atopamus lus cuartus tremáus pe les caleyes! (encontramos los dineros tirados por las calles). ¡Bueno Ramonina, ahora ya me puedes contar lo que has hecho por aquí, que me parece que abundu enfucheráu (muy sucio) y grave debe de ser, cuando endenantes de entrare na miou teixá, de rodiétches me suplicabes que t'achuquinara! (antes de entrar en mi casa, de rodillas me suplicabas, que te asesinara). ¡Non sei Gracianín perquéi llugar comencipiar, pos tou enllordióxe d’enria mín, comu se ‘l mesmu diañu me l'encalducar! (No sé Gracianín por qué lugar voy a dar comienzo, pues todo se enlodó encima de mí, como si el mismo demonio me lo preparara). Deciale Ramona sentada en el escaño, detrás del aburióxu (ardiente) lar, mirando de frente para su marido y alumbrando a la par un torrente de lágrimas, que resbalaban por sus hermosas y coloreantes mejillas, que resplandecían a la luz del fuego, lo mismo que si estuviesen entafarnáes (untadas) con manteiga (untadas con manteca). Graciano que la propiaba con el mismo arrobo de enamoramiento que por ella siempre había tenido. Le dijo con voz halagosa que ya consigo llevaba el perdón que con tanta argucia su esposa buscaba: ¡Anda Ramonina, déjate de choramicar (llorar), pues con tanta mexareta (meadura) de lágrimas, no vas a encantexar l'esgazaura que fixiste! (arreglar la rotura que has hecho). —Y ahora cuéntame de una vez cuál fue el mal que me has hecho, pues por lo que barrunto, me has hecho castrón fatáus (muchas) veces. ¡No Gracianín, no te he hecho de menos nada más que un par de veces, y te voy a contar sin deximite (ocultarte) nada, el por qué hice de paraxa (puta), pues no me he puesto patas arriba en la añuedaura del cibietchu (haciendo el amor) con nadie, porque mi cuerpo me lo pidiese, sino que ha sido la necesidad la que me ha obligado, pues bien sabes, que cuando tu te has marchado para La Habana, yo me quedé muy sola, con un niño entre mis brazos que nin falaba nin espatuxaba (que ni hablaba, ni andaba) !Ay! Gracianín de mis entretelas, del mi corazón y de los mis sentidos, puedo decirte ahora llena de alegría que te estoy viendo al lado mío, que con las lágrimas que alumbraron mis ojos en todos estos años de soledad que he vivido, navegaría sin hundirse el barco que te trajo de La Habana. ¿Y quién fue el culpable de mi desesperante llanto, de mi inconsolable sufriencia? ¡Sólo tu Gracianín, sólo tu eres el culpable, que me has dejado muy sola, y te marchaste para las Américas hace diez años, siendo yo en aquel tiempo una desventurada criatura que aun no tenía veinte años dígote yo que me has dejado encuandiada (empozada) dentro de la soledad y la pobreza, y en todo este largo tiempo, no me has mandado ni tan sólo una perrona (diez céntimos) con la que comprarle un llastiquín (una camisa, un jersey, etc., etc.) a nuestro hijo, y ahora me vienes tu diciendo que quieres al niño tanto y cuánto! ¡Bueno Ramonina, lo que yo hice o dejé de hacer, abundu bien fechu tá (muy bien hecho está). Hoy ya me encuentro en mi casa dueño de una betchá cuarexa (bien repleta, rica cartera) de dineros, y no quiero perder el tiempo explicándote lo que yo he sufrido y el trabajo que me ha costado atróupar (rejuntar) este capital, pero tu ahora sí que me vas a decir con quién o con quiénes me has traicionado durante el tiempo que he estado fuera de mi casa. Así pues, empieza luego y no pierdas el tiempo barajando pormenores noitres (en otros) caldaretus (ubres) que no sean los que estrincaste (ordeñaste) entre los atavarius (braguetas) de los hombres con los que has hecho el amor, mientras que yo en las Américas fechu 'n castrón, apelucaba cuartus pá betchar la cuarexa que traigu, (hecho un cabrón, recogía dineros para llenar la cartera que traigo). Ramona se levantó del escaño, echó al fuego cuatro astillas porque ya se estaba amorrentandu (apagándose) y después, arremetchandu lus güeyus, miróu 'l Gracianu con mala lleiche, ya díxole sen catar más atayus (abriendo desmesuradamente sus ojos, miró a Graciano y le dijo con enfado sin buscar más atajos). ¡A los dos años de colar (marcharte) tu por el mundo allantri, (adelante) se me puso el niño muy amolaín (enfermo), y no tuve más remedio que llevarle al mélicu (médico), y éste con palabras finas y muy melgueróuxas (dulces) me dijo que yo era una buena moza, que estaba muy guapa y que era muy hermosa, y muchas otras cosas mas que entre todas ellas me hicieron perder la cabeza, el caso fue que el médico me aseguró que el niño estaba realmente muy enfermo, y que sólo se comprometía a sanarle si yo... bueno... el caso fue que yo por curar al mióu fiyín (mi hijo) espurrime y encoyime baxu lus atavarius del mélicu y'añuédei 'l cibietchu cuá 'l un par de veices, (me estiré y me encogí debajo de la bragueta del médico e hice el amor con él un par de veces). Y de resultas de los dos achucáus (acostados) que fexe debaxu 'l allegre mélicu (que hice debajo del alegre médico), me quedé empanzorraona (preñada) y parí otro rapacín (niño) que ahora ya tiene siete años. Así que yo considero que si tú estuvieses en mi lugar, harías lo mismo que yo he hecho, pues por un hijo una madre da todo cuanto tenga y más para con ello! Graciano que era de naturaleza muy tranquilo y a pesar de ser un cornudo era listo y razonero, le dijo sin enfadarse ni levantar más una palabra que otra: ¡Por un hijo una mujer casada debe de entregarlo todo verdad es, todo menos su honra, porque la honra en la mujer casada tiene más valor, que todos los hijos que pueda tener y hasta inclusive más que su propia vida. Porque de ahora en adelante, lus tous nenus namái que serán pá les xentes que fius de paraxona. (Los tus niños nada más que serán para las gentes que hijos de puta). Y tu... una paraxete (putina) mirada en todo momento por los hombres, como pan caliente fácil d'allancái 'l denti (hincarle el diente). Y yo... un cabrón consentido, que ha de ser la guasa y la murga de todos mis vecinos y de cualquier gente que sepa de mi vergüenza! En buena razón acaidonaban (dirigíanse) las palabras del Graciano, pues pronto sus vecinos armados con la socarronera malicia de las gentes de la aldea, empezaron a torearlo, diciéndole entre amistosas risas y halagüeñas palabras, ofensivos insultos, que ponían al pobre Graciano lo mismo que un pingayu (trapo viejo), y como Graciano era simpático y buena persona, aun les daba lugar más xeitu (sitio), para que se apropiaran de mayores confianzas, y ya no sólo eran sus vecinos los que de continuo le provocaban, sino todas las gentes que le conocían, pues un día que estaba segando hierba en un prado que tenía al lado de la carretera, pasó por allí una pareja de los guardias civiles de servicio que eran amigos suyos, y después de torearle un tiempo como todo el mundo hacía, uno de los guardias le preguntó: ¿Qué carrera les vas a dar a tus hijos Graciano? ¡Pues como tienes dineros amamplén (muchos), no estaría mal que los estudiases para xebralus (apartarlos) de estar mayucandu (majando) terrones toda la vida lo mismo que tu haces! Graciano quedose mirando para el guardia sonriéndose como si nada ofensivo le hubiera dicho, y después apurriénduyes (dándoles) la petaca para que enrrodietcharan (liaran) un cigarrillo, cuando los tres estaban aborronandu (fumando) muy tranquilos les dijo: ¡Mucha razón tienes Juaquín, ya que majar terrones no es un oficio descansado ni productivo para nadie, por eso, a mi primer hijo, que es el mío verdadero, le voy a estudiar hasta que se convierta en un buen ingeniero, aunque tenga que vender sino me alcanza cuanto tengo, hasta mi honrado apellido, que por ser tal cosa, en todo el mundo ha tenido siempre buen crédito, y al otro por ser hijo de mi mujer que xebrose (se fue) de la honradez, y se situó entre la hedionda troya (suciedad) donde se enchamuergan (ensucian) las paraxas (putas). En pocas palabras, por ser hijo de puta, le voy a enchufar en el xuzgáu (juzgado), y si no sirve para este menester, entonces le afilio a la guardia civil! Al guardia Juaquín, xelósele (,helósele) d'afechu (del todo) la maliciosa sonrisa que mostraba entre sus labios, y poniéndose muy serio le dijo: ¡Ten cuidado con lo que dices Graciano, porque me parece a mí que no das puntada sin hilo, así que se acabaron las bromas, y de ahora en adelante con nosotros ándate derecho, sino quieres que te enchufemos en la cárcel por tener la lengua demasiado larga y ser tus palabras mal intencionadas! Descubrió Graciano aquel día, que el don de la palabra era un arma muy poderosa, con la que conseguiría manejándola con astucia y solapadamente insultativa, lograr que sus agudosos vecinos se mirasen muy bien antes de lanzarles puchas (sátiras), haciendo de su persona el hazmerreir de todo el concejo. El habíale dicho al guardia Joaquín sin la menor intención de ofensa hacia su persona ni a nadie, que el hijo de su mujer por ser nacido de mala madre, le colocaría en la Guardia Civil, cosa que incomodó grandemente a Joaquín, demostrando con sus inocentes palabras que no es oro todo cuanto reluce, y que todo el mundo tiene algo de suciedad escondida o a la vista, de la que suele avergonzarse. Desde ahora en adelante, escrutaría en la vida y pasado de sus vecinos, y cuando de él se mofasen, les taparía la boca lanzándoles al rostro como arma de defensa y ataque todo cuanto de despreciable y asqueroso, en sus vidas o familias hubiere; y de esta forma, ya se mirarían ellos de volver con sus ya cansadas e insultantes sátiras a molestarle. Y ahora, tras el xemeyu (retrato) que hice del alcalde de mi aldea, escantoyándulu namái que per un cornetchal (rompiéndole nada más que por una esquina) de las muchas que el condenado tenía, voy a hondear ya sin hacer pouxa (parada) ni xebraura (apartamiento) en la historia de las Xabarceiras (tratantas), que entrambas y dos eran de gafas (venenosas) como un perro con la boca negra. «MANOLA Y VENANCIA» Moraban en mi aldeina dos mucherucas (mujerucas), que eran hermanas en apariencia y al decir de ellas también de familia, ya que habían nacido por el mismo furacu (agujero), no eran ya jóvenes cuando yo las conocí, pues paseábanse por la vida con la edad de comenzar a maurecer (madurar), eran las más pobres del lugar (descontándome a mí por supuesto), ya que no les acompañaba más riqueza que una vieja pochina (burra), y por esta pobreza que las acompañaba, allindiaben (cuidaban) a su borrica Facunda, con tanto cariño y esmero, como si en verdad fuese hija de entrambas. Estas mujeres no eran nacidas en mi aldea, y verdaderamente tampoco a ciencia cierta nadie sabía el lugar de su nacencia, lo cierto es que habíanse asentado en mi aldea cuando se terminó la guerra, y vivían en una muy humilde casuca que compraran con algunos dineros que traían, vivían en mi lugar desde aquella época, ganándose su vida con libertad e inteligencia, si se puede denominar así, al apoderarse de lo que muchas veces no les pertenecía. Decian algunos vecinos, y yo no sé si era cierto, que durante toda la guerra habían estado de paraxas (putas) por el frente, haciendo felices a los milicianos primero y después a los vencedores, más sin embargo yo creo que esto no era verdad, porque entrambas y dos físicamente no valían ni para un tiro de escopeta. Nosotros las conocíamos por el apodo de las Xabarceiras, y eran bajas de talla, secas de carne, con rostro de brujas feas y lagañosas, dueñas de un mal genio y peores intenciones que el mismo demonio, y garruxantes nas engarradiétchas (valientes, decididas en las peleas). La de más edad se llamaba Manola, y tal parecía que sus padres la habían fabricado con el puro veneno, y aparte tenía una lengua tan ofensiva y desarrendada, que dejaba en porriques (desnudo) al más pecaminoso de los arrieros. Venancia que era la otra, no algamia (alcanzaba) a su hermana en el ser tan garruxante, pero se aparejaba al lado de ella, en tener los dedos largos y las uñas raguñonas (arañosas) para mal de las tranquilas gentes, donde se engarrapelaban (enredaban) muchas veces los intereses de los vecinos. Las rapiegas Xabarceiras, cuando los campos se cubrían de frutos y los árboles se enseñoreaban con el manto lujoso y natural de los saludables y exquisitos frutos, ellas solían comprar en caña (en el árbol) o escandanaban (recogían) sin ningún permiso, las mejores frutas, y prestas corrían a venderlas por todas las aldeas y mercados de los tres concejos vecinos, y con estas ganancias, ellas prohibían al fantasma del hambre, que no espurriera (estirase) el hocico, agolifandu (oliendo) en su lar, en ningún día del año, por prietu (negro) que éste escombuyere (viniese, naciese). En la casa de las Xabarceiras, a pesar que por aquel entonces los tiempos eran muy difíciles y el hambre se recostaba en todas las esquinas, entre otras cosas en su lar jamás faltaba el cafetacu, y el frasco de marrasquinu (anís, caña, etc.), al que las dos hermanas le hacían halagos con parejo tino, pues érales el café ey el aguardiente tan llambión (goloso), como el tabaco de cuarterón, ya que sonrientes, gozosas y felices, apuxaben (tiraban) por él, con el mismo placer que escosaban (secaban) el pintureru frasco del aguardiente. Muchas veces cuando estaban sentadas con tranquilidad en su casa antroxánduse (festejándose) con las copaxas (copas) y el cigarrillo, decíale la Manola a su hermana entre xorbu ya xorbu (trago y trago) y cigarrillo prendido con la colilla del otro, esta sentencia muy verdadera: ¡Es mucho más fructuoso unos minutos de trato si están bien hechos, que cien horas de trabajo agabuxá (agachada) en las estayas (tajos), haciendo labores para los vecinos, que son más olvidadizos después de hacerles el trabajo, que agradecidos para pagarte en justicia el sudor que en sus tierras has derramado! Pero aquel año las Xabarceiras estaban encuandiadas (empozadas) dentro de un mal estar que mazábayes enoxáes fasta el mesmu fégadu (sacudíales enojadas hasta los mismos hígados), y todo había sido por la causa de no haber sido eficaces en el llindiáu (cuidado) de su pollina Facunda, pues un día que la habían dejado sin vigilancia guareciendu (pastiando) en el pasto comunal, piescóula (cogióla) por su cuenta y riesgo el alegre pollino de Rosendo el goxeiru (cestero), que el condenado tenía unos coyonzones (testículos) que le pingaben (colgaban) hasta el suelo, y se daba muy buena maña en no dejar una pollina manía (sin preñar), por vieja que fuera, y aunque no tuviese gana de que l’añuedaren el cibietchu (que le hicieren el amor). Por esto la Manola que era la que acaidonaba (dirigía) las riendas de su teixu (casa), se abayucaba (se movía) aquel año que corría por los primeros días del mes de Junio, con todos los demonios del infierno haciéndole mil travesuras en su cerebro, y todo era por la causa de la paraxona de sou potchina (de la putona de su pollina), que de resultas del esfoitu (confío) que con ella habían tenido, que fuera bien aprovechado por el alegre pollino del goxeiru (cestero), espatuxaba (andaba) la pobre con una ventroná (barrigada), que trabajo le costaba revolverse. ¡Diañu de bruxa (demonio de bruja), con lo vietcha (vieja) que es, y todavía tuvo la puñetera calentura para que en un momento que la dejamos de la mano, de ir hacer xaceda (camera, sitio) debajo de las patas del condenado burro del maldito goxeiru (cestero). ¡Pues en algo tenemos qu’estenciar (inventar, hacer), para poder llevar la fruta este año, a los mercados y a las aldeas, ya que si no ganamos por el verano los dineros que necesitamos, cuando llegue el invierno, entrará en nuestro hogar de la mano del frío también el hambre. —Está visto que con la Facunda no podemos llegar a ninguna parte pues está la condenada con un baduyáu (barrigada) que apenas puede tartirse (moverse). En buen compromiso nos ha colocado el zaramachón del maldito pollino del goxeiru, que quiera Dios que el demonio le asesine y al amo con él, pues cada vez que veo alguno de entrambos, se me sube la sangre a la cabeza y me pongo en tal trance, que tengo miedo de que un día no pueda contenerme y les parta el alma a entrambos. Todo esto y algunas cosas más, se lo estaba diciendo la Manola que en el lleldar (hacer) ya se encontraba medio tarrasca (borracha), a su hermana Venancia, que intentó consolarla aconsejándole, que lo mejor que hacían, era bajarla el lunes al mercado de la Villa, y con lo que le dieran por ella, y un poco más que pusieran encima, mercarían un burro de arte, que las libraría del complicado problema que las atañía (conducía). En esta conversación se encontraban las afligidas Xabarceiras aquella tarde buscándole encantexu (remedio, remiendo) para su desgracia, cuando hicieron entrada en la aldea una caterva de gitanos, llegaban todos dentro de una alegrosa folixa (juerga, algarabía), que tal parecía que todos eran tan felices como los mismos ángeles moradores del Cielo. Y sin pedirle permiso a nadie, dispusiéronse a pasar la noche debajo de los hórreos que se asentaban en el centro de la aldea, lugar que desde inmemoriales tiempos, siempre solían hacer acomodo sin que ningún vecino los molestara, todos los titiriteros, hojalateros, gitanos y demás transitantes que llegaban con alguna de sus embajadas a la aldea. «PASCUALÓN EL GITANO» Mientras que sus hombres desaparejaban los burros y disponían su ajuar las hábiles y astutas gitanas con el cabás colgado del brazo, y un montón de artesanas cestas encima de la cabeza, se internaban por todas les caleyes (callejas) de la aldea, en el trabajo de equivocar al primer aldeano que se las diera de listo, y de casa en casa, intentando vender su arte, o pedigüeñando cualquier cosa, ya que todo les venía bien, llegaron a la postre a la morada de Manola, que ya tenía ésta pensado desde el momento que endilgóu (que avistó) a los gitanos, el efectuar un saneado trato con ellos a cuenta de la su pollina Facunda. Las gitanas nada más llegar ante su presencia, la saludaron siempre con la sonrisa en los labios y la humildad con ella, cualidades indispensables que el timador maneja, como si propias suyas fueren, y de esta guisa, le dieron las buenas tardes en el momento que una de ellas le preguntó sin perder más tiempo: ¿Oigame señora, no tendrá alguna cosa de comedera por el desván a cambio de una de estas cestinas tan serviciosas? Así le habló una de las dos gitanas que en pareja venían haciéndose la desvalida y la inocente, mientras que su compañera sonriéndose por lo bajo, y sin urniar (hablar palabra), aprestábase en el sacar de su faltriquera un fatu de baraxeta (un trapo de baraja), y nada más que su socia fexu pouxa nel falare (hizo un descanso en su charla) con la Manola, cogió la palabra la gitana de la baraja, y se hondeó en el registro de querer echarles las cartas, decirles la buenaventura, o leerles la suerte, pues asegurábales la sagaz gitana, que ella había nacido con el sobrenatural don, de poder leer en la palma de la mano el destino de las personas, que se halla escrito desde su nacencia en un lenguaje misterioso, que sólo los elegidos pueden leer sin la menor equivocación. La Manola, que yo puedo asegurar que la más espabilada gitana podía ser nada más que su discípula, apropiaba y miraba de soslayo a las gitanas haciéndose la fatona (tonta), mientras que sus vidayas (sienes) moldeaban el negocio que con su Facunda iba hacer encima de los rapiegus xitanus (zorros gitanos), pues ella para sus adentros se decía, que quien equivoca a un manexador (manejador) de enredos, hasta los mismos jueces le ayudarían a xebrase (marcharse) del refregado aunque éste se hendiera, en algo que bien no olíese y sonado fuera. Así pues, que cuando la gitana ya se había creído que la Manola iba a ser un tonto cliente que le pagase sus enredos, en el magín de la Xabarceira ya estaba encaldáu (hecho), el cambiar a su Facunda, por un pollino que ellos trajeran, que no cojeara de ningún lado, y que no fuese muy cargado de años. El caso fue, que cuando la gitana ya le iba a coger su mano para leerle su buena suerte, quedose sorprendida cuando la Manola le dijo: ¡Déjese de pamplinas que conmigo no tiene cabida, yo lo que quiero es cambiar una buena pollina que tengo, que a no tardar mucho se va a convertir en dos porque está preñada, por un burro que ustedes traigan, que tenga llixia (alma, fuerza), y que no tenga amolaúres (males) por ningún lado! La gitanaca dibujó una amplia sonrisa de alegría en la bufarda (ventana) de su boca escosada (falta) de la mitad de sus dientes, y después le dijo a la par que guardaba la baraja en su faltriquera: ¡Eso que usted desea ya lo puede dar por hecho buena mujer, pues mi marido tiene un soberano pollino, que es lo justo a lo que usted me parece anda buscando, así que espere unos momentos, que voy con rapidez a buscarle, para que hagan el trato que me parece a entrambos ha de agradarle! Vino al cachiquín (al rato) en un grande burro escarranquetáu (montado) de alegre presencia, que en el parecer abayucábase (movíase) como el mismo rayo. Llegó el gitano a la casa de la Manola, muy xaraneiru ya xibloutandu (jaranero y silbando), lo mismo que si ya agolifara (oliese) el negocio antes de comenzarlo. Apeose de un áxil blincu (ágil salto) el gitano Pascualón de su xumentu (jumento), y saludó con marcado respeto a la Manola, que ni tan siquiera le contestó, ya que sólo tenía ojos para apropiar al burro, que le pareció muy atongaín (bueno) en sus primeras güeyáes (ojeadas). Empezó el gitano sin demora a tejer en el hacer del trato, con la que él pensaba, que iba a ser una victima sencilla para hacerle un lucrativo timo, ya que entamangaba (hacía) la Manola tal focicu de fatona (hocico de boba), que no era menos de pensar, que aquella mujer tenía los sentidos escosáus (secos) de toda listeza. El gitano que era un útre (águila) en el asunto de hacer de un jumento que sólo valía para ser achuguináu (sacrificado) y convertirlo en chorizos perreros (malos), digo, que él podía hacer de un burro moribundo, un pollino de ojos vivarachos, espurrías uréas (estiradas orejas) y espatuxares de rellámpagu (caminares de relámpago). Así pues con esta maestría que le caracterizaba, comenzó a rexistrar (mirar) a la Facunda desde el principio de su hocico hasta el término de su cola, sin olvidarse de sus molares y patas, y mientras que él hacía tal cosa, Ias Xabarceiras no perdían su tiempo, pues también manxuñaban (tocaban, palpaban) el jumento del gitano por todo el peyeyu (pellejo), con las miras de encontrarle algo que le faltase, o de descubrirle un postizo que le tapase un defecto. Pascualón como que no quería la cosa las propiaba por el rabillo del ojo, y así, allindiaba (cuidaba) a las Xabarceiras que no tenían sentidos nada más que para rexistrar (mirar) el burro del gitano, que no hacía nada más que tascase (moverse) y no estarse ni un instante quieto, demostrándoles con tal nervioso bailar, que era un pollino de arreos, con fuerza según ellas, de llevar un par de manegáus (cestos) encima de su lomo, sin ni siquiera hacer ni un senaldo, hasta el mismo Ricabu, o al lugar de Torrestíu, que son las aldeas más cimeiras de los concejos vecinos. Se veía a las claras, que a entrambas Xabarceiras les encantaba el jumento, por tal razón Pascualón, en el lleldar (hacer) que sacaba una colilla del bolso de su llásticu (chaleco) y le plantaba fuego sin soltar el cayao de su mano, les dijo sonrientemente: ¡No desperdicien el tiempo en buscarle defectos a mi buche, pues no le falta ninguna cosa, ya que tiene hasta los dos coyones (cojones) y está tan entero como yo mismo, que soy padre de una docena de hijos! ¡Pero es igual mujerinas, pues aunque algún defecto tuviese mi jumento, me parece a mí, que no voy a poder hacer trato con ustedes, porque esta pollina que me quieren espetar, está más para ser achorizada en Noreña, que es para lo único que vale, que para hacer galopadas por los caminos! ¡Ahora que si me dan encima de ella ochenta reales, el trato está hecho, y sino, cada cual allindie (cuide) lo que es suyo! Después de mucho tejer y destejer, porfiar, y alegar mil razonamientos de toda índole, la Manola le dijo que sólo le daría sesenta reales, y Pascualón cogiéndole por su palabra, enfardóu (guardó) los dineros en el bolso, y sin demostrar la contentura que le embargaba, dio el trato por hecho. A la mañana siguiente cuando el malvís silbotiaba anunciando el nuevo día, se levantó de su cama la Manola a la misma hora que siempre solía, y antes de hacer ninguna otra labor, fue muy ilusionada y contenta a la cortexaca (cuadra pequeña) donde tenía guardado el pollino, y cuando le puso sus inquisitivos ojos encima, su alegre ilusión fue devorada por una triste sorpresa que le produjo la visión de ver a su pollino achucáu (acostado) en una postura engalbaná (sin fuerza, sin gracia, sospechosa), acercose a él ya buyéndole en sus temperamentales y endemoniados sentidos la apenada sospecha de haber sido engañada por el gitano, y sin el menor miramiento le atizó unos punterazos con las madreñas encima de los cadriles (patas) para que se incorporara y poder mejor repararlo, y fue entonces cuando se le enxenebróu (helósele) la sangre en sus venas, ameruxánduse sous fégadus (llenándose sus hígados) en el atayu (atajo) de un envenenador desespero, al reparar con cuidado a su pollino, por eso sus ojos se le llenaron de lágrimas que alumbraban la rabia y la mala leche que l'esmolecía, (deshacía), cuando ya sin ninguna duda comprobó, que el genio y bizarría que el burro tenía en la hora del trato, no era el mismo que en aquel encaldar (hacer), sino que se había tornado en volverse en estar amurrentáu (enfermizo, moribundo), lo mismo que si del mundo de los vivos se estuviera despidiendo. A fuerza de bardiascazus (palos) y de xurarnentus (juramentos) que sin miatcha (migaja) de compasión la Manola le propinaba, dentro de una amanicomiaura (locura) que le desencaldaba (deshacía) el alma, logró el pobre animal incorporarse, y cuando estuvo en pie el descuaxaringuetáu (deshecho) jumento, con sus urées pingones (orejas lacias, bajas) y los güetchus choramicándoye (los ojos llorándole), como si hubiera despertado de una penosa pesadilla, y por si fuese poco todo esto que la Manola propiaba, todavía la pobre bestia comenzó a temblar con tanta intensidad por todo su cuerpo, que le daba lugar para pensar a la airada y endiablada Xabarceira, que aquel cadabre (cadáver) de burro, estaba viviendo sus postreros momentos. Cuando la Manola percatose ya sin ninguna duda de lo cadarmeru y'esmoleciu (de lo cadavérico y desvanecido), que se encontraba el condenado burro que la había espetado el diablo de Pascualón el gitano, comenzó a alumbrar por su pecaminosa boca, dirigida por su envenenadora lengua, un rosario de juramentos todos en contra de los santos seres del cielo, también maldijo con igual arte a todos los demonios de los infiernos, y no se dejó atrás y ya en este lleldar (suceder) colgándole de las comisuras de su boca unas flemas azuladas cargadas de rabia y de veneno, a todos los gitanos de la tierra, y hasta se recordó ya completamente desarrendada por la amanicomiaura (locura) que la encibiétchaba (retorcía), de manera más denigrante hasta de la propia madre que la había parido. Ante tal escándalo de palabras endemoniantes, saltó de su cama haciendo fuego su hermana Venancia y entre las dos juntas terminaron de hacer la desarrendada y pecaminosa fiesta. «EL PEDÁNEO DE LA ALDEA» Cogió la Manola una foicetuca (hoz) que tenía mangada en un recio y fino palo de ablanu (avellano), y la su hermana una pala de dientes que estaba mocha (falta) de un par de pinchos, y así armadas como si fuesen a la guerra, conducidas por el rey de los demonios que moraba dentro de sus espíritus, preparando un alboroto tan sonado y enloquecido que dudo que nada en la vida otro mayor hiciera, con una prisa que por ser ardiente les amagostada (quemaba) la entraña, fuéronse en busca de los gitanos con el invariable propósito, de deshacer el mal trato que con ellas hicieron, y por las buenas o por las malas, recuperar sus dineros y a su pollina Facunda. Cuando llegaron debajo de los hórreos lugar donde ellas sabían que estaban los gitanos y comprobaron que ya de la aldea a tan tempranera hora los foinus (ladrones) ya se habían xebráu (marchado), entonces la pecaminosa folixa (bronca) qu' enguedétcharun (que enredaron) fue tan escandalosa que pusieron en pie de alarma a toda la aldea, y hasta los perros del lugar, ladraban enfurecidos, sin agolifar (oler) por dónde escarrapietchábase (deshacíase) el peligro, pero presintiendo que se encovarachaba (encuevaba) dentro de los falaxes (hablajes) enfogaratáus (fogosos) que alumbraban las gafuróuxas (venenosas) lenguas de las garruxantes Xabarceiras. Las gentes de mi aldea, al escuchar aquel enxame (emjambre) de airadas voces, que todas ellas endubichaban (envolvían) un rosario de fataus (muchas) maldiciones pecaminosas, a tan hora tan ceda (temprana) de la albiada (de la mañana), descumbutcherun (despertaron, levantáronse) del catre donde aun felices algunos descansaban, y comenzaron a asomarse a las puertas y ventanas, y cuando comprobaron de qué se trataba, dieron rienda suelta a sus risas y gozos que les producía la desgracia que consumía a las ramplonzuelas (ladronas) Xábarceiras, que desde el primer día que habían sentado sus vivencias en la aldea, vivían a cuenta de lo que arrapiegaban (robaban) a los vecinos, sin que jamás s’andecharan (hicieran cuadrilla) en una gavita (ayuda) hacia sus vecinos, aunque éstos se reventasen atosigados por el excesivo trabajo. Por eso, cuando aquel amanecer conoció la aldea el timo que los avispados gitanos hicieran en los pequeños intereses de las atuñáes (avaras) Xabarceiras, al espetarles aquel jumento al cambio de la Facunda, que según las manifestaciones juramentadas que públicamente pregonaba con grandes gritos la Manola, estaba murriéndose estingarraón na cortexa (muriéndose acostado en la cuadra), al xebrársele (marchársele) la alegría y el bizarro genio que le había inyectado la tarrasca (borrachera) de marrasquino que le hicieran coger los gitanos, con el fin de que el alcohol le diera por unos momentos las briosas fuerzas de su juventud que la naturaleza por viejo y deshecho ya le había quitado. Pero no conforme Pascualón con este ardid, también le había introducido para que mejor se dibujase en el lugar de su conveniencia, una fogosa guindilla en el furacu (agujero) por donde alumbraba el federosu cuchu (hediondo estiércol), y por estas razones el pobre animal que en el momento del trato obreiráu (aguijonado) por estos reactivos respondió a las aspiraciones de Pascualón para equivocar a las Xabarceiras, ahora ya aquel pollino falto de tales estímulos, no respondía a las gozosas ilusiones de la Manola v su hermana, por eso entrambas y dos estaban llevadas y traídas por el mismo demonio, y en peor genio se ponían, cuando presenciaban a las gentes de mi aldea todas ellas de buen suceso, entamangándu festa ya murga (haciendo fiesta y güasa) de las hasta entonces avispadas Xabarceiras. Así por ejemplo, la muyer del Goxeiru (mujer del Cestero) que por la causa de que la Facunda apartando el rabo p'un lláu (para un lado) y dejando la clica 'l entestate (la matriz al aire libre) permitiera que su alegre burro le anuedara 'l cibietchu (le hiciera el amor) dejándola preñada, pues por esta causa, engarrapoláronse (peleáronse) con ella las Xabarceiras, en una engarradiétcha (lucha) de campeonato, que si no es porque unos hombres de la aldea las separan, la hubiesen esmueliu a tochazus (muerto a palos), pues esta mujer esfargayánduse (deshaciéndose) de risa díjoles: ¿Qué pensabas Manola, que podías equivocar a los gitanos lo mismo que haces con todos nosotros desde que el demonio te trajo sabe Dios de dónde a vivir a esta aldea? ¡Esos filan (hilan) más fino que nosotros mióu nena, por eso no has sido capaz de detener el truñazu (testerazo) que te atizaron cuando pretendías hacer negocio con ellos, que son los mismos hijos de tu padre el diablo! ¡Me parece a mí que este año, si quieres ir a vender por las romerías la fruta qu’escarpenas (que arrancas) de nuestros árboles, vas a tener que llevar las maniegas (cestas) encima de tu mollera! Xofitóu (apoyó) Manuela de Juan de Pacha, que era muy aguda lanzando putchas (sátiras). ¡Qué quieres hacer Manola, hay que armarse de paciencia mióu nena y nunca olvides que el demonio tiene focicu de gochu (hocico de cerdo), aunque en este lleldar (suceder) a tí se te presentara en la fechura (hechura) de Pascualón el gitano, que mucióte (ordeñote) la cuarexa (cartera) y llancote (te plantó) un pollín, que según el tu falar (hablar) regalado es caro. Díjole Filomena la mujer de Julián el Pertegueiru, que tenía una lengua p’aximielgar (mover) con molestosas intenciones a las gentes. Con más arte, que su marido que era áxil (ágil) como un esquil (ardilla) tenía de coraxe (coraje) para sacudir los arizos de los castañales. Estas y otras parecidas sátiras adornadas con risas y juergas de diferente índole, les decían las gentes de mi aldea aquella mañana a las xabarceiras, con intenciones de zaherirlas, porque ni eran sociables. ni menos tenían nada de buenas personas, sino todo lo contrario, aunque si digo la verdad en aquella época, había en mi pueblo peores personas que las Xabarceiras, ya que moraban un piño de fascistones asesinos, que ellos solos se bastaban para tirar tal partido por tierra. Tanto la Manola como su hermana, esnalaban (volaban) hasta los mismos teyáus (tejados) del aburrióxu (ardiente) infierno, dentro de un envenenamiento que hacía xuenzura con la manicomiaura (yunta con la locura), y con sus lenguas harto desatinadas escarnecían todo cuanto existe del cielo abajo y del infierno arriba, y en todo momento eran acosadas por los perros de la aldea, que les buscaban descuido para hincarles los dientes en cualquier lugar de sus escalixerus cuerpos, y al tenor que con rapidez espatuxaben (corrían) iban poniendo al Hacedor y su Creación como un fedoroxu fatu (hediendo trapo), con sus maldiciones y romances pecaminosos, que muchos de ellos nadie en el lugar jamás había escuchado, y dudo que pocas personas podrían endubitchar (enredar) un rosario de ofensas como el que la Manola preparaba. Pero a pesar de ya ser mucho todo esto que enseñaban, dentro de sus mal intencionadas entrañas, muchas más nefastosas intenciones aun se albergaban, y obreiradas (aguijonadas) por ellas, encamináronse afalucháes (arreadas) por el diablo, hasta la casa del pedáneo, que moraba en la fondeirá (en lo hondo) de la aldeina, y cuando ilegaron a las canciétchas (cancelas) y vieron que estaban piescháes (cerradas), aferronáronse (cogiéronse) a ellas con tal arte, y sacudiéronlas con tal fuerza, que al no llegar el perro a ponerles freno, de seguro que dieran en tierra con ellas. Pero la Manola que era en aquellos momentos conducida por todos los demonios nacidos y por nacer, que la habían corrompináu (llenado) con una airada rabia desgalgada (desmandada), no le puso ningún respeto ni menos miedo aquel perro grande armado de carlangas que hasta los mismos lobos les imponía recelo, sino que le hizo frente con su foiceta (hoz) llantándoye (plantándole) un focetazu (golpe con la hoz) en medio de su enorme cabeza, que le hizo al gafu (fiero) perro atropar (guardar) el rabo entre sus piernas, y marcharse glayucandu (aullando) de dolores del lado de aquella mujer que era peor que la más bravía de las fieras. No hicieron caso las Xabarceiras del matauriáu (descalabrado) can qu'ameruxáu de miéu (que plagado de miedo) se marchara del lado de ellas, sino que entrambas en el mismo lleldar (hacer) ximielgaben (sacudían) las cancelas en el parejo encaldar que llamaban al pedáneo de la siguiente manera: ¡Gracianu, Gracianu...! ¿Dóu tás aponiu faldetacu alcaldi de piteru? (¿Dónde estás ruin alcalde de gallinero?). El bueno de Graciano que se encontraba en la corte (cuadra) muciendu (ordeñando) las vacas, al sentir a su perro glayucar endolloriu (ladrar dolorido) y escuchar aquellas voces preñadas de prisa y betchás (ricas) de ofensivas palabras hacia su persona, salió sin pérdida de tiempo del establo con la caramañola (lechera) en la mano, y cuando comprobó quién le reclamaba, díjoles medio enojado, porque enfadado del todo nunca Graciano lo estaba: ¿Qué es lo que queréis condenadas del infierno, donde sin ninguna duda algún día iréis amagostabus (quemaros) esas asquerosas lenguas que tenéis? ¿qué es lo que queréis que tan cedu (temprano) llegáis a la mi puerta, y no en son de paz como es la debida forma, ya que lo primero que habéis hecho, fue partirle la cabeza al perro que intentó poneros el freno que estáis necesitando desde el mismo día que pusisteis los pies en esta aldea, y no contentas con ésto, aun estáis molestando al amo, enloquecidas por el demonio que lleváis dentro de vuestros cuerpos, que sólo vosotras sabéis dónde le encontrasteis, pero que os hace rellumbrare (relucir) como el mismo rellámpagu? (relámpago) ¡Vengo a ordenarte, —dijo la Manola, saliéndole espumarayus (espumarajos) de rabia por su boca—, vengo a mandarte, que te hagas en el momento en perseguidor de los asquerosos y ladrones gitanos, que me engañaron con un burraco que cambié por la mi Facunda, que ahora está estingarraón (tirado, acostado) en la cuadra, sin llixa (fuerza) de sostenerse encima de su cadriles (patas). Graciano que era como ya sabemos, muy agudo y socarrón, comenzó a reírse por lo bajo, porque abiertamente no se decidía ante el temor de no terminar de alterar aquel par de humanas fieras, que muy capaces las creía de pagar en su persona sus cacíus estrapayáus (sus platos rotos), luego poniendo la cantimpla (lechera) entre las manos de su mujer, que había bajado a la corraleda al escuchar tan grande alboroto, y seguidamente, rascándose su cabeza por debajo de su gorra, les dijo a las Xabarceiras con una socarronería que le alegraba satisfactoriamente: —Podéis ir vosotras mismas a buscarlos, ya que tanto os interesa en encontrarlos, porque yo fuera de la aldea y aun dentro de ella, ninguna autoridad tengo, que me obligue a perseguir a nadie, y creo que para hacia la Villa deben de encontrarse, porque poco antes del amanecer les he oído yo pasar por delante de mi casa, y por cierto que llevaban entemangada una allegroúxa folixa (iban formando una alegre juerga), y ahora escurro (discurro) de dónde procedía tan grande gozo que les acompañaba, que ni más ni menos era, del betcháu (rico) trato que al parecer hicieron con la tu Facunda, por la causa de querer ser tu, todavía más gitana que ellos. ¿Qué es lo que me estás diciendo so castrón (cornudo) de los infiernos? ¡Qué no tienes de hombre nada más que el paxierchu qu’enllastica lus tous enxenebráus güesus, (traje que cubre tus fríos huesos), si en todos los lugares de Asturias tienen como autoridades a ejemplares con el mismo esprapayu (disposición, ánimo), que te tiene encibietcháu a ti, más les valdría a las gentes hacer con ellos, lo mismo que yo debía de hacerte a ti! ¡Vaya un alcalde de cuatcháus (cuajados) que en el lugar tenemos, yo no sé lo que estarían pensando los vecinos el día que te han dado la güichá (vara) de mando, porque la verdad es que no sirves ni para tornar (parar) el agua en un banzaucu (remanso) de poca llixa (fuerza)! Le dijo la Manola lanzándole unas envenenadoras y asesinantes miradas, que intencionaban la firme idea de entamangar (hacer) un engarapoláu con él. Graciano, sin hacer mucho aprecio de lo que le estaba diciendo la bruxa xabarceira, sonrientemente le preguntó: ¿Y qué es lo que te gustaría hacerme a mi Manola? ¡Lo primero que te haría so castrón de los infiernos, sería... llantate la foceta (plantarte la hoz) en medio de tu cabeza, fendiéndotela hasta las mismas caxietches del xixu (partiéndotela hasta las mismas células de los sesos), y después te haría el juicio de por qué fuiste condenado a morrer (morir), que sería por el cobardoso delito, de no saber defender los intereses de la aldea, como es tu obligación de alcalde, y también por consentir, que xentes arrobonas (gentes ladronas), colen del chugar (marchen de la aldea), haciendo festa ya murga (fiesta y güasa), ximielgánduse lus cuartus na cuarexa quei arraguñarun a lus tous vecinus (moviendo los dineros en su cartera, que fueron fruto del robo que hicieron a tus vecinos), por la causa de tener un pedáneo, escasáu de coyones, ya betcháu de plumes de pituca llueza! (seco de cojones, y rico de plumas de gallina clueca). Estas palabras tan poco delicadas y tan grandemente ofensivas, no le sentaron nada bien a Graciano, a pesar de ser él, hombre tranquilo y transigente en gran medida, quizás las hubiese deximíu (olvidado) si su mujer no estaviese presente, pero al no ser así, a Graciano no le cupo otra alternativa, que intentar castigar a aquella desvergonzada que le estaba tratando lo mismo que si él fuese en vez de un hombre y por más primera autoridad de la aldea, no fuese nada más que un enyordiáu pingayu (un sucio pingajo), por esto, destinado Graciano en hondura donde jamás se había presenciado, se arrimó a la Manola con miras d'acoyela (de cogerla), y propinarle un par de ximielgones (sacudidas) y meterle el miedo y la vergüenza en el cuerpo a aquella deslenguada, aunque no fuese nada más, que para demostrarle a su mujer, que un hombre siempre es un hombre, aunque su mujer le pegue, le engañe y le convierta en cabrón por considerarle baldrayu (cobarde). Pero lo que no pudo imaginar Graciano, era que la Manola no se amilanaba ante nada ni nadie, y para demostrárselo, dio un paso hacia atrás para dejar trecho de combate, y enarbolando su focetina (hoz) en el aire, apurrióye (diole) con ella un fuerte y certero golpe en su cabeza, que hizo que el pobre pedáneo se esmurgazara (se cayera) en el santo suelo privado del conocimiento, manando un remexu (un chorro) de sangre, por una mancaúra (herida) que le había nacido repentinamente en el canto una vidatcha (sién). Y así en esta ridícula y dolorosa postura, atendido por su mujer ante la cual el Graciano pretendía convertirse en un héroe, le dejaron las Xabarceiras, que colaron (marcharon) de su casa, perseguidas de cerca por el rencoroso perro de Graciano, que les ladraba enfadado, más por el golpetazo que a él le habían apurriu (dado), que por el que le allantaron (dicran) en el pericote (alto) de la mollera de su amo. Amanicomionáes fasta ‘l más espurrir y'encoyer (enloquecidas hasta el más estirarse y encogerse), Ilegaron las Xabarceiras a su casa guiadas por el mismo espíritu de lucha que en ellas no cejaría hasta que no pudiesen dar con los gitanos, aunque menester fuérales perseguirlos hasta los quintos infiernos, y para sacarlos de este antro, con el fin de conseguir lo que les pertenecía, estaban decididamente dispuestas a partirle los cuernos al propio diablo lo mismo que terminaban de hacer con el pedáneo Graciano. Así pues, sin perder ni tan sólo un minuto de tiempo, sacaron de la cuadra el cadarmoúxu (cadavérico) burro de Pascualón el gitano, y la Venancia tirando del ronzal, con tal xuxeante llixa (crecida fuerza) que si pudiese le llevaría arrastrando, y su hermana Manola apuxada (soplada) por un demonio con peor genio aun, iba detrás del desventurado pollino apurriénduye (atizándole) sin descanso barganazu tras barganazu (palo tras de palo), encima del llombu (lomo) del pobre y descuaxaringuetáu (deshecho) pollino, para que caminase con prisa, y tal hacía la desdichada bestia, y no tanto por huir de los palos a los cuales ya debía de estar bien acostumbrado, sino por intentar aflojar el dogal del que tiraba Venancia, y así de esta forma y siempre en pos de los gitanos, se dirigían a la Villa donde aquel día había mercado. Hicieron entrada en el mercado las Xabarceiras arremexandu (remojadas) en sudor, producido por el cansancio de la larga caminata, y por la desmesurada rabia que a entrambas y dos las atenazaba. Y mismamente al lado de la fragua del ferreiru (herrero) que aquel día tenía endemasía trabajo, agüeyarun (avistaron) a la Facunda, y al lado de ella muy sonriente y gozoso se encontraba el gitano, que tampoco perdía su tiempo, pues ya estaba tratando de venderla o de cambiarla a un paisano que en la sazón la estaba registrando, pero plantándose la Manola delante de Pascualón, le dijo con el hambre retratada en sus ojos de atizarle un par de focetazus: ¿Qué barro me has espetado en el trato so ladrón? ¡Haz el favor de devolverme ahora mismo mi pollina, así como los dineros que me arraguñaste (arañaste), si quieres que este espineroso y mentecato trato que conmigo has hecho, tan sólo se quede en un inolvidable enfado! Pascualón no le hizo mucho caso a las palabras rogativas de la Manola, y así empujándola para un lado con cierto desprecio, a la par que la miraba amenazadoramente le dijo: ¡Quítese delante de mi vista mujeraca de los infiernos, y deje ya de molestarme en mi trabajo, y no olvide nunca, que el que hace un trato con Pascualón, lo tiene hecho para ciento y un años, y ahora lárguese y déjeme tranquilo, que estoy en buenos tratos con este paisano! Nunca peor hiciera el gitano en toda su existencia, pues antes de que se percatase del peligro que le rondaba, la foicina (hoz) de la Manola caía sobre su cabeza con la fuerza de un rayo, escantoyándoila (hiriéndosela) por un par de xeitus (sitios), que hicieron que Pascualón sin gurniar (decir) palabra, se enclicara (se cayera) en el enllordiáu (sucio) suelo, falto de sus sentidos, y alumbrando tanta sangre por sus heridas como un gochu (cerdo) cuando lo están achuquinandu (matando). Nisti telar atopábase (de esta forma se encontraba) Pascualón, con el cerebro escosáu (seco) d'afechu (del todo), por mor de aquel inesperado golpetazo, que le había llegado de manos de quien él menos esperaba, cuando Antonio, un guardia civil del cuartelillo de la Villa, que había presenciado todo el achuquinante xocesu (sangriento suceso), por encontrarse este guardia al lado de la ferrería, enzolánduse fatáus de culetinus de xidre, (bebiendo copiosos vasos de sidra), en amigable compañía con unos paisanos, en el chigrín (bar) de la Faba Prieta (la Haba Negra). Por eso, cuando vio esmurgazarse (caerse) en el suelo por mor del focetazu que le allumara (alumbrara) la Manola al foin del gitano, fue el guardia acochetráu (acelerado, rápido) al lugar del amagüestu (la quema), con el buen fin de encaxinar (encajar) el orden en aquel descalabramiento, nada más que el guardia llegó, afogárunse lus aburióxus (se ahogaron los ardientes) ánimos de otros gitanos, que lleldáus (hechos) dentro de una folixa (bronca) engafuróuxa (envenenada), intentaban acorralar a las dos Xabarceiras, que ya en la sazón se habían aferronáu (cojido) a la Facunda, y dejado libre al jumento del gitano. Mientras tanto, el herido de Pascualón ayudado por el guardia y por otros gitanos, que aun seguían con voces enardecidas maldiciendo y amenazando a las Xabarceiras, como cuento, se puso Pascualón en pie aun medio temblando al volver del desmayo, y con todo su rostro plagado de escandalosa sangre, demostrando que fuera del dolor que pudiera sufrir, el condenado no estaba en trance de mayores males en su cuerpo, no así en sus intereses como veremos seguidamente. «UN XUEZ D’ESQUILONA» (UN JUEZ DE CAMPANILLAS) Era el señor Juan Antonio un falangista digno de ser emulado por el más honrado servidor bien fuese Roxu (Rojo) Prietu (Negro) o Amarietchu (amarillo), era en verdad un hombre Joseantoniano que sin llevar camisa azul con el yugo y las flechas bordados en la pechera, como muchos otros pingayus (pingajos) que yo he conocido, que siempre iban uniformados con su camisa azul y corbata negra, dándoselas en todo momento de buenos falangistas, y no siendo nada más que unos verdaderos mierdas. El señor Juan Antonio era un hombre que llevaba siempre prendido en su espíritu los Nobles y Hermosos Credos de la Falange, con sus Humanidades y Libertades manifiestas, y los sabía cumplir porque los había aprendido en derechura, tal como el Mártir de su Fundador los había creado, para el bien de la Patria y de todos sus hijos. ¡Qué poco sabía José Antonio, que su Maravillosa Doctrina iba a ser manejada por algunos hombres, que cometerían con Ella verdaderos asesinatos y atropellos de toda índole. Pero dejando esto de lo que trataré algún día con mejor cuidado, y acogiéndome al hilo de la historia de la que estoy tratando, diré, que el juez de la Villa era este Caballero, que vivía al lado del mercado, y que era un hombre muy justo, amigo de los razonamientos, inteligente y también un campesino que amorosamente trabajaba sus campos. Cuanto yo, que cuando aquella gresca estaba con su apogeo, salió el juez de su casa para percatarse de aquel ardoroso tiberio (lío que se amagostaba (quemaba) frente a la puerta de su morada, y cuando vio que era un gitano el causante del sangriento escándalo que se enseñaba, díjole al guardia con ardientes deseos de hacer la Justicia en aquel endubiérchu (enredo). ¡Antonio, hágame usted el favor de llevar ahora mismo hasta el Juzgado, a todas las gentes que dieron vida a esa sangrienta engarradiétcha (pelea), para encalducar la xusticia que anda escosá 'n dalgún d'echu (hacer la Justicia que anda seca en alguno de ellos). Así que las Xabarceiras y el escantoyáu (herido) Pascualón hiciéronse presentes en el Juzgado, ante los escrutadores ojos del señor juez, pusiéronse los tres al mismo tiempo a hablar en su defensa, acusándose los unos a los otros dentro de un rosario de palabras injuriosas y amenazantes, que de nuevo los ponía en el atajo de volver a engarrapolarse (pelearse). Pero el señor Juan Antonio fiel repartidor de la Justicia, aporreó con sus nervudas y fuertes manos un mazazo encima de la mesa, que por muy poco la desarma en un montón de astillas, ya que era el juez un bigardón (mozarro) de más de dos metros de estatura, tan fuerte y resistente como una montaña. Y al parejo que tal golpe sacudía, dijo engrifandu (arrugando) su hocico al lar del enfado: ¡Hágamne el favor, y procuren que no tenga que llamarles de nuevo la atención, de hablar tan sólo el que yo le pregunte! Y al decir esto, miró tan condenadoramente al gitano, que éste, que se sabía culpable de muchos engañosos tratos que había efectuado en todo aquel concejo, no pudo menos que ya considerarse culpable, antes de que el juicio comenzara. ¡Vamos a ver Manola, hoy como no tengo mucha prisa ya que el llabor (labor) no me apremia, cuéntame tú la primera con toda clase de pelos y señales, lo que te ha sucedido, para que le escantoyaras (deshicieras) la mollera a este paisano, del que ya tengo oídas que no es la primera rapiega qu'esfuecha (zorra que despelleja) ni tampoco será la última, porque el que fai 'n maniegu fai 'n cientu, dandoi banietches ya tiempu! (el que hace un cesto hace un ciento, si se le da, varas y tiempo). ¡No fue solamente este condenado y útre de xitanu (buitre de gitano) el que salió amatauriáu (con heridas) de este asunto escontramundiáu enrevesado), que prestase usted con tan buen tino a escantexayu (arreglarlo) señor xuez (juez). Pues también al pedáneo de la mi aldeina me vi en la apremiante necesidad d'apurriye (de darle) un par de galgazus (estacazos) en mitad de la cabeza de magüetu (bestia) que tiene, por el no querer acaidonar (dirigir) la justicia en el camino de la razón, como corresponde a su condición y obligación de alcalde del chugar! (lugar). ¡Por la Virxen (Virgen) de los Remedios Manola, no vaigues (vayas) a decirme que por mor de este foín (ladrón) de gitano, tuviste que fendeye (partirle) la cabeza al pobre Graciano!, dijo el juez alegrando su rostro dentro de una llixerina (ligera) risa. ¡Sí señor juez, así ha sucedido! Afirmó la Manola, y seguido le contó todo el suceso desfigurándole y haciéndole más rentable a su favor. El juez casi sin poder detener la risa que le regocijaba su espíritu natural y noble, dijo intentando enmarcar en su rostro la seriedad que no era capaz de hacer: ¡Has hecho muy bien Manola, pues yo entiendo, que el que tiene el delicado oficio d'encaidonar (de dirigir) la justicia, y traiciona tan derecho menester, debe de ser castigado con más entaine (fuerza), que aquellas otras personas, que tienen la obligación de la ley obedecer. Así pues, si en mis manos estuviera te premiaría, por la valentía que has usado al defender la justicia y la libertad de tus intereses! ¡Y ahora... sigue, sigue Manola, y cuéntame todo el suceso en sin mucitche (ordeñarle) ni una migátchina (migaja), que me presta mucho mióu nena (que me agrada mucho mujer). ¡Escúcheme bien señor juez, y júrole por adelantado que cuanto le voy a decir, no se xebra (marcha) de la verdad en nada, y todo ello no es nada bueno ni para mis intereses que han quedado esgazáus d'afechu (rotos del todo), ni tampoco para este gitanu que vé usted aquí tan humildemente con la cabeza gacha, queriendo dar a entender que no ha roto en toda su vida un mal plato, y lleva desde que ha nacido viviendo a cuenta de sus bien urdidos tratos, que tal parece que para industriarlos le ayuda en todo momento la brujería o el mismo diablo! ¡Verá usted señor juez! —Ayer cuando el sol se esfumía (marchaba) por detrás del penón (peña) picutrera (sierra de las águilas), que es la hora d’atapecer (oscurecer) la tarde, llegó este llimiagu (baboso) de gitano a caballo de su adefexu de pollín hasta la misma puerta de mi casa con mires de tentarme la necesidad que me arretrigaba, porque usted bien sabe que nosotras nos dedicamos a correr (vender) la fruta, por todas las romerías y lugares de los tres conceyus y de esta manera nos ganamos nuestra vida muy decente y honradamente, pues como le estoy diciendo, no sé cómo este condenado se enteró que la nuestra pollina estaba próxima a parir, y claro, al encontrarse la probitina en tal estado, no nos podía servir para nuestro trabajo, por eso, tentadas por el embrujo, la engañadora palabra y la buena presencia que en aquel momento se ensenoraba en el pollín de este fartonzón (comedor), enguedeyóume (me enredó) este bruxu (brujo) de gitano, con el endemoniado trato que conmigo hizo, que si tarda mucho tiempo en deshacerse de nuevo, se me va escosar el xuiciu (secar el juicio), y va a dexame Ies caxierches del celebru tan enxenebráes d'entendedeiras, que vóu bazcuchame abondu más cedu de lu qu'usté cunta na mesma amanicomiaúra (dejarme los sesos del cerebro tan fríos de entendimientos, que se me van a vertir mucho más temprano de lo que usted piensa en el mismo manicomio). —El caso fue señor juez, que el burro que traía este foinacu (ladronzuelo) de gitano, estaba en conciencia de él bien preparado, para dejarme a mi despreparada de intereses, pues el pollicaco con un fatáu de caxilonainus (montón de cajilones) de marrasquino que le daban calor y fuerza a su banduévu (panza), hacían de él por el motivo de la alegre tarrasca que lu encibiechaba (borrachera que lo trenzaba), un burrón con buena llixa ya xuxeáu xeniu (fuerza y crecido genio). Y por si fuese poco esto que le cuento, todavía para que el pollino mejor se dibujase, llantárale este achuquinador de gitano, una rabiosa guindilla por debajo de la cola, mismamente dentro del oscuro agujero que alumbra el recimo de los hediondos cagayones, según descubrí yo misma hoy por la mañana justamente cuando ya era demasiado tarde. Y todavía por si estas dos demoníacas trampas no fuesen suficiente este banduerru (indeseable) de gitano, de tal manera me dibujó su jumento que desatinada me trae en este juicio, que me hizo de él un semeyu (retrato) que yo papéilu (creílo) entero, y consideré al pollín como el mejor burro de toda la burrería de gitanacus y aldeanos. Por esto señor juez, le di al cambio de tan falsa y ençañadora presea, la mi pollina Facunda y sesenta pesetas encima, y con estas prendas en nada faisas, xebróuxe (marchose) de mi vera este maldito gitano, tirando del ramal de la mi Facunda, que no quería la probitina del mi lado marcharse, quizás porque presintiera al ser más lista que yo, en la triste desgracia que me dejaba este baldrayu (cobarde) de gitano, que se alejaba de mi casa haciendo que ruxeran (sonaran) los mis dineros en su bolsillo, a la par que se iba riendo de gozo y alegría por la causa del betcháu (rico) negocio que encima de mi pobreza hiciera este desalmado de gitano. Pascualón que ya tenía lleldáu (hecho) en su pensamiento axuquerándose (apoyándose) en las anabayáes güeyáes (acuchillantes miradas) que le dirigía insistentemente el juez que aquel juicio lo tenía bien perdido, cuando escuchó a la Manola decir que le había entregado sesenta pesetas, puso el glayíu (grito) en el cielo jurándole al juez por el Cristo de los gitanos y la Virgen de los cristianos, que la Manola estaba mintiendo, pues tan sólo le había dado sesenta reales. El juez, escuchó por breves momentos a Pascualón en su defensa, y después poniéndose en pie y mirándole acusadoramente desde su montañosa humanidad, a la par que señalándole con su dedo índice que era más grueso que la muñeca del gitano, le dijo con palabras que marcaban el denodado desprecio que sentía hacia estas pobres y desdichadas gentes: ¡Sesenta reales por cuatro lados, que hacen justamente lo que le arraguñaste (arañaste, robaste) a esta desventurada muyerina. No me cave la menor duda que yo os conozco muy bien, ya que siendo yo niño otros gitanos como tu también engañaron a mi padre, por eso puedo juzgarte con propiedad y conocimiento de causa, porque sé que no vivís nada más que de el timo y del engaño y de vuestras cestas, que mientras las tejéis pensáis en la forma de hacer vuestras trapisondas cada día con mejor cuidado! Díjole el juez encabronáu (enfadado) en tal postura que sus mejillas se le pusieron del mismo color de las brasas, en el lleldar que no le quitaba los ojos de encima, mirando tan condenadoramente al esquelético rostro del gitano, que iba ser en parte engañado lo mismo que el señor juez, por la paraximesqueira de la Manola. ¡Pero señor juez, habló enloquecido en su defensa el pobre Pascualón, a la par que a sus ojos vivarachos afloraban unas rebeldes lágrimas que tal vez fuesen fruto de la rabia que le producía el ser tan miserablemente robado por aquella aldeana de los infiernos que él en un principio pensaba que era la mujer más tarangona (tonta, imbécil) que había conocido en su vida de bien urdidos timos y enredosos tratos. ¡Pero señor juez! ¡Sesenta pesetas no las he tenido yo juntas desde que baltiarun (tiraron) la República, donde el pobre podía vivir con más libertad, y con más justicia que usted a mi me está haciendo! ¿No comprende usted señor juez, que con sesenta pesetas hoy día se compra un buen burro y aun sobra dinero? ¡Lo que yo comprendo muy bien es que eres un redomado timador y un despreciable ladrón de cuerpo entero, y como no me puedes demostrar con personas de orden y honradez lo contrario, le has de pagar en media hora los dineros que le has timado a esta pobre mujer, y le devuelves su pollina, que ella con buen contento te hará entrega de tu jumento, y tu harás con esté difunto viviente, lo que ahora como final de sentencia yo te dictaré! ¡Cómo este pollín que nos trae en discordia ya no está para hacer ninguna clase de trabajo, y sabiendo todos los que por ser gentes del campo entendemos de animales, que a un burro; es la leche que se le puede ordeñar, que no es otra que su trabajo, yo como juez de este Juzgado, de la muy noble y astur Villa, te condeno a ti, que te llaman todos Pascualón el gitano, y yo te llamaría Pascualín el de los sucios enredos, a que me traigas ante mi presencia, el pellejo de este jumento, y de esta forma sencilla y eficiente, se atajará de una vez por todas el mal por su comienzo, y no ha de ser jamás este pollino equivocador de nadie más! ¡Y que quede bien entendido, que si te xebras de este concejo, sin traerme antes el pellejo del tu jumento, mandaré a los civiles que te persigan hasta que den contigo, y les ordenaré que bien atado te conduzcan ante mi presencia, y aquí, con estas mis manos que no fueron hechas para manejar una pluma, ni menos para detenerse en ningún papeleo, a los cuales yo considero innecesarios cuando la justicia está tan clara como la luz de este hermoso día, como te digo Pascualín de los enredos, con estas mis manos, que saben muy bien manejar el arado, el guarabeñu (guadaña) y la fexoria (azada), para trabajar dentro de la honradez con muchos sudores y esfuerzos la tierra, con estas mis manos que fueron capaces de empuñar un fusil, y luchar sin rencor ni miedo en defensa de unos derechos humanos a los cuales yo considero justos, dentro de la mermada justicia que los hombres sabemos hacernos, con estas mis manos yo te digo Pascualín de los enredos, que l'arrabucaré (le quitaré) el peyeyu (pellejo) al tu jumento, en el preciso momento que haré lo mismo con el tuyo propio, y de esta sencilla manera, libraré a la sociedad de un pioyón (piojo), que al igual que hay muchos que con libertad campean y viven sin doblar el renaz (espinazo) a cuenta del sudor ajeno! Ante la firme sentencia de aquel juez, que maneja las leyes con la misma fuerza y natural justicia con que empuñabá el llabiegu (arado) para arrancarle a la tierra el justo 'precio de su trabajo quedó Pascualón en lo más bajo de sus sufrimientos y las Xabarceiras en lo más alto de sus alegrías, porque habían conseguido con su lucha desesperante y fiera, una victoria que a fuer de verdad, en una parte no era justicia. Sin embargo Pascualón, tras quedarse unos momentos silencioso y meditabundo, díjole a la postre al juez sin ápice de miedo y con la valentía que le azuzaba, al sentirse timado por aquellas mentecatas dentro de la ley y en el mismo limo que él había pensado que les había hecho: ¡Bien está señor juez, que le devuelva a estas paisanacas su pollina Facunda, también entro en sacrificar a mi burro y traerle su pellejo, no me opongo a pagarles los sesenta reales que en el desastroso trato que con estas hijas de satanás hice, que a cambio de mi jumento ellas me han entregado, pero por lo que sí protesto, es por las cuarenta y cinco pesetas de más que tengo que pagarles, y considero que esto es el timo más vergonzoso que jamás le han dado a ninguno de mi clase. Así que… señor juez supuesto que es usted hombre justicioso, le pido que atienda mis honrosas razones, y haga la Justicia sin que ninguno de ella tengamos que avergonzarnos! ¡Yo no sé Pascualín de los enredos, timador de poca monta y menos clase lo que Dios debe saber en las verdades, yo no sé si tu has cobrado lo que dices, o si ellas han pagado lo que afirman, yo soy hombre y como tal no he de avalarme en errores que se xebran de mi alcance, sólo sé que yo he dictado justicia ateniéndome a los hechos que se nombran, y hecho está que tu eres el culpable, y suerte tienes que estas buenas paisaninas, no te hubieran reclamado ciento veinte veces más crecidos, esos dichosos sesenta reales porque si así fuese, no tendrías más remedio, que sin más protestas abonarles! Todos en mi aldea aquella tarde, esperábamos con marcado disimulo, y satisfactoria alegría, que retornaran de la Villa las despreciables Xabarceiras, por el Humano hecho de reírnos y mofarnos de su desgracia, y creo que todos teníamos creído, que iban a retornar otra vez con aquel moribundo pollino, a no ser, que a fuerza de barganazus (estacazos) le hubiesen achuquináu (asesinado) en el camino. Así pues, los vecinos se repartían haciéndose que trabajaban, por las diferentes huertas colindantes con el camino por donde ellas tendrían que regresar, y algunos chiquillos dentro de las malsanas intenciones de guasearnos de ellas por adelantado, fuimos a su encuentro en un trayecto de más de tres kilómetros, para entrar escoltándolas en la aldea, haciendo verbena a la fiesta que teníamos acordado prepararles. Al fin las vimos retornar, y cuánto desprecio, ansias de sátira y risa sentíamos por ellas, tornose de pronto en respetuosa admiración, pues atónitos pudimos comprobar, que no sólo traían con ellas a su burra Facunda, sino que al lado de ésta traían un estupendo pollino que habían mercado con los dineros que supieron sacarle al avispado gitano, demostrándonos a todos, que el vencedor aunque odiado y despreciado por ser en demasía nefastoso, siempre es admirado y temido, ante el temor de por él, ser humillado y avasallado. Esta es una condición de la cobarde masa Humana, que al vencido aunque éste sea caballeroso y honrado, le solemos despreciar terminando de aniquilarlo, mientras que al vencedor, aunque sea lo más despreciable que imaginarse puede, le cubrimos su camino de rosas y de regalos.————————Axabarciar, entiéndese por vender, tratar, comerciar a pequeña escala, con frutas, huevos, gallinas, etc., etc., etc.Primer Diccionario Enciclopédicu de la Llingua Asturiana > axabarciar
-
9 ♦ string
♦ string /strɪŋ/n.1 cordellina; stringa; cordoncino; spago; laccetto; legaccio: a ball of string, un gomitolo di spago; the strings of a wind jacket, i cordoncini di un K-way; apron strings, legacci del grembiule3 (fig.) fila; sfilza; filza; sequela; serie: a string of pearls, un filo di perle; a string of lies, una filza di menzogne; a string of houses [cars], una fila di case [d'automobili]; a long string of failures, una lunga sequela di fallimenti; a string of accidents, una catena d'incidenti5 (pl.) (collett.) (mus.) strumenti a corda; archi7 (econ.) catena ( di negozi, ecc.) a string of newspapers, una catena di giornali; a string of motels, una catena di motel8 (comput.) stringa9 (ling.) sequenza10 (geol.) vena filiforme12 (ipp.) (collett.) (cavalli da corsa d'una) scuderia13 ( sport e fig.) scuderia ( di atleti, ecc.): first-string, di prim'ordine; di prima qualità: a first-string scientist, uno scienziato di prim'ordine; to play second string, avere una parte in sottordine; second-string, di riserva, di seconda linea14 ( biliardo) tavoletta per segnare i punti ( fatta a mo' di pallottoliere); punti segnati; tiro per stabilire l'ordine di gioco20 (arc.) tèndine; nervo● string alphabet, alfabeto per ciechi □ (ling.) string analysis, analisi in catena □ string bag, borsa a rete; rete per la spesa □ (mus.) string band, orchestrina d'archi □ ( USA) string bean, fagiolino (verde); (fig.) spilungone, stanga (fig.) □ (giorn.) string correspondent, corrispondente pagato a un tanto la riga □ (archit., edil.) string course, marcapiano □ a string of beads, una collana; (relig.) un rosario □ (mus.) string orchestra, orchestra d'archi (o di strumenti a corda) □ (fig.) string pulling, manovre dietro le quinte, maneggi, intrallazzi (pl.) □ (mus.) string quartet, quartetto d'archi □ (fis.) string theory, teoria delle stringhe □ string tie, cravattino □ (comput.) string variable, variabile di tipo stringa □ string vest, canottiera a rete (spec. per uomini); canotta; top □ (fig.) to harp on one string (o on the same string), battere sempre sullo stesso tasto □ (fig.) to have sb. on a string, tirare q. per i fili ( come un burattino); tenere q. in pugno □ (fig.) to have two strings (o a second string, another string) to one's bow, aver due ( più spesso: molte) corde al proprio arco □ (fam.) no strings attached, senza restrizioni, senza condizioni ( spesso rif. a offerta d'aiuto finanziario) □ (fig.) to pull ( a few) strings, manovrare; brigare; darsi da fare, lavorare nell'ombra □ to pull the strings, ( del burattinaio) tirare i fili ( stando nascosto, dietro le quinte); (fig.) tirare le fila, manovrare dietro le quinte □ (fig.) the purse strings, i cordoni della borsa □ (fig.) to be tied to one's mother's apron strings, essere attaccato alle gonne della mamma □ (fig.) to touch a string, toccare un tasto; far vibrare una corda del cuore □ (mus.) to touch the strings, toccare le corde ( d'uno strumento); suonare.(to) string /strɪŋ/(pass. e p. p. strung)A v. t.2 mettere la corda (o le corde) a; fornire di corda: to string a bow, fornire un arco di corda; ( anche) tendere un arco; to string a tennis racket, mettere le corde a (o raccordare) una racchetta da tennis5 tendere; appendere; attaccare; posare: to string lights across the lawn, appendere luci lungo il prato; to string cables, posar caviB v. i.1 diventare filamentoso, fibroso; viscoso -
10 ♦ drop
♦ drop /drɒp/n.1 goccia ( anche fig.): drops of rain [of dew, of blood], gocce di pioggia [di rugiada, di sangue]; in drops, a gocce, (a) goccia a goccia; Have you taken your drops?, hai preso le gocce ( di medicina)?; eye drops, collirio; ear [nose] drops, gocce per le orecchie [per il naso]; a drop of water [milk, whisky, coffee], un goccio d'acqua [di latte, di whisky, di caffè]; Add a few drops of vanilla essence, aggiungete qualche goccia di essenza di vaniglia; He's had a drop too much, ha bevuto un po' troppo; è ubriaco; She hasn't touched a drop for thirty years, non tocca un goccio d'alcol da trent'anni; glass [crystal] drops, gocce di vetro [di cristallo]2 drop; caramellina ( di gomma e frutta): fruit drops, caramelline (dure) di frutta; cough drops, caramelline per la tosse3 (= drop-off) calo; abbassamento ( della temperatura, ecc.): a sudden drop in temperature, un abbassamento improvviso della temperatura; (fis., mecc.) pressure drop, calo di pressione; (elettr.) tube voltage drop, caduta di tensione in una valvola; a steep drop, un forte calo; There was a sudden drop in prices [sales, profit, inflation figures], c'è stato un improvviso calo dei prezzi [delle vendite, dei profitti, dei valori dell'inflazione]; (econ.) a drop in exports, un calo delle esportazioni; (econ.) a drop in domestic demand, una flessione della domanda interna4 (fig.) abbassamento; peggioramento: a drop in living standards [in social standing], un abbassamento del tenore di vita [della condizione sociale]7 (fig.) briciolo, pizzico: a drop of sympathy [compassion], un briciolo di comprensione [di compassione]10 (aeron.) lancio ( di paracadutisti o di materiale); discesa col paracadute: food drops, lanci di viveri ( a sinistrati, ecc.)11 (fam.) consegna: He made the first drop of the day at 7am, ha fatto la prima consegna della giornata alle sette del mattino12 ( slang USA) deposito di ricettatore; (posto di) consegna di messaggi segreti (o di merce illegale, droga, ecc.): to make a drop, fare una consegna● (edil.) drop ball, «drop ball»; berta ( per demolizioni) □ (elettr.) drop bar, sbarra di messa a terra □ (tipogr.) drop cap, capolettera (sost. m.) □ ( USA) drop cloth ► dustsheet □ (comput.) drop-down list, elenco a discesa □ drop earring, orecchino a goccia □ (metall.) drop forged, fucinato a stampo □ (metall.) drop forging, stampaggio con maglio meccanico; fucinatura a stampo □ ( rugby) drop goal, «drop»; marcatura su calcio di rimbalzo □ (metall.) drop hammer, maglio a caduta libera □ ( ciclismo) drop handlebar, manubrio a corna di bue ( sulle bici da corsa) □ drop-in, accessibile senza appuntamento o prenotazione; ( di oggetto) che si inserisce dall'alto: drop-in centre (o clinic) centro di assistenza, ambulatorio, ecc., che riceve senza appuntamento; on a drop-in basis, senza dover prendere appuntamento □ a drop in the bucket (o in the ocean), una goccia nel mare; una quantità minima rispetto al totale □ ( rugby) drop kick, «drop», calcio di rimbalzo □ drop-off ► drop, def. 3 e 6 □ (mecc.) drop press, pressa meccanica verticale □ ( cucina) drop scone, focaccina dolce cotta su una piastra □ (comm.) drop shipment, spedizione diretta ( dal grossista al consumatore finale) □ drop shoulders, spalle cadenti ( di abito) □ ( tennis) drop shot, palla smorzata, drop shot □ (fotogr.) drop shutter, obiettivo per istantanee □ (costr. idrauliche) drop spillway, sfioratore a stramazzo □ (metall.) drop stamping, stampaggio al maglio □ (aeron.) drop tank, serbatoio sganciabile □ (ind.) drop test, test di caduta libera □ drop waist, vita bassa ( di abito) □ (elettr.) drop wire, (filo di) discesa □ (mil., ecc.) drop zone, zona dei lanci □ (fig.) at the drop of a hat, su due piedi; seduta stante □ (fig. USA) to have the drop on sb., avere q. sotto tiro; (fig.) avere q. in pugno □ ( USA) mail drop, posto in cui lasciare la posta; buca per lettere.♦ (to) drop /drɒp/A v. i.1 cadere ( anche fig.); ( di persona) buttarsi, lasciarsi cadere: The apples have all dropped from the trees, tutte le mele sono cadute dagli alberi; He dropped to his knees, si è buttato in ginocchio; A few crumbs dropped on the floor, alcune briciole sono cadute per terra; The ball dropped into the net, la palla è caduta in rete; Everyone dropped to the floor when the shooting started, si sono tutti buttati a terra quando è iniziata la sparatoria; He dropped into a chair, si è lasciato cadere su una sedia; to drop dead from a heart attack, stramazzare fulminato da un attacco cardiaco2 ( di valore) scendere; calare: The temperature will drop at night-time, la temperatura scenderà di notte; The cost of living has dropped, il costo della vita è calato; Prices dropped suddenly, i prezzi sono scesi all'improvviso; Share prices dropped back half a percent, i prezzi delle azioni sono scesi di mezzo punto percentuale5 ( del terreno; anche to drop away) digradare, abbassarsi di livello: The ground drops away suddenly, il terreno si abbassa di livello all'improvviso6 ( di occhi, sguardo, voce) abbassarsi: Her gaze dropped to the child beside her, il suo sguardo si è abbassato sul bambino che le stava accanto; His voice dropped to a whisper, la sua voce si è fatta un sussurro7 retrocedere, scendere ( in una classifica): Chelsea have dropped to fifth (place), il Chelsea è sceso al quinto posto10 (fam.) crollare ( per la stanchezza): I'm ready to drop, non mi reggo più in piedi (dalla stanchezza), sono stanco morto; until (o till) you drop, fino a non poterne più11 (lett.) gocciolare, stillare: Rain was still dropping from the trees, la pioggia gocciolava ancora dagli alberiB v. t.1 lasciar cadere ( volontariamente), mettere, buttare: She dropped two tablets into the glass, ha lasciato cadere due pastiglie nel bicchiere; He dropped a donation into the box, ha messo un'offerta nella cassetta; They drop their clothes all over the floor, buttano i vestiti per terra dappertutto; She dropped her head on his chest, ha posato la testa sul suo petto2 lasciar cadere ( involontariamente), lasciarsi sfuggire di mano: I dropped my phone in a puddle, mi è caduto il telefono in una pozzanghera; Careful, you'll drop it!, fai attenzione, ti può sfuggire di mano!3 lanciare ( paracadutisti, rifornimenti, ecc.); (mil.) sganciare ( bombe): They were dropped behind enemy lines, sono stati lanciati oltre le linee nemiche; The aeroplane dropped supplies for the flood victims, l'aeroplano ha lanciato provviste per gli alluvionati4 abbassare, diminuire: They dropped the price by £25,000, hanno abbassato il prezzo di 25 000 sterline; ( banca) to drop interest rates, calare i tassi d'interesse; to drop one's speed, ridurre la velocità, rallentare5 abbassare ( lo sguardo, la voce): to drop one's eyes, abbassare gli occhi; He dropped his voice so only she could hear, ha abbassato la voce in modo che solo lei potesse sentire6 (fam.) lasciare, depositare ( un passeggero, un pacco, ecc.): The truck driver dropped the hitchhiker at the crossroads, il camionista ha lasciato l'autostoppista all'incrocio; Drop the parcel at his home, lascia il pacco a casa sua; I'll drop you home if you like, ti porto a casa, se vuoi7 abbandonare, lasciar perdere; perdere ( un'abitudine); togliere dal piano di studi ( una materia): The plan has been dropped, il progetto è stato abbandonato; Can we just drop the subject now?, possiamo lasciar perdere l'argomento ora?; Every time he calls she just drops everything and goes running to him, ogni volta che la chiama, lascia perdere tutto e corre da lui; He needs to drop the habit of telling everyone what to do, deve perdere l'abitudine di dire a tutti cosa fare; She dropped history and did biology instead, ha tolto storia dal piano di studi e l'ha sostituita con biologia; The clause had to be dropped from the legislation, la clausola ha dovuto essere esclusa dalla legge8 omettere; tralasciare: The printer has dropped a whole line, il tipografo ha omesso una riga intera; to drop one's h's, non pronunciare le h (all'inizio delle parole)9 scrivere velocemente, buttar giù ( un messaggio); mandare, spedire ( una lettera): to drop a card [an email], scrivere velocemente un biglietto [un'e-mail]; to drop sb. a line [a note], buttar giù due righe [un messaggio] per q.; Drop me a postcard to let me know you've arrived, mandami una cartolina per farmi sapere che sei arrivato10 (fam.) rompere con; mollare (fam.): All his old friends have dropped him, tutti i suoi vecchi amici hanno rotto con lui; She just dropped me, and I don't know why, mi ha appena mollato e non so perché11 buttare lì, fare casualmente ( un'osservazione, un accenno, ecc.): She dropped a remark about some trouble at work, ha buttato lì un'osservazione su un qualche problema al lavoro; Just drop a hint and he'll understand, fai un accenno casuale e lui capirà12 abbattere; ( anche boxe) atterrare, stendere: to drop a tree, abbattere un albero; Jim dropped his attacker with a punch, Jim ha steso il suo avversario con un pugno13 (aeron., mil.) lanciare; paracadutare15 ( sport: dell'allenatore) escludere, lasciare fuori ( dalla squadra): He was dropped because of injury [for the next three games], è stato escluso per infortunio [dalle prossime tre partite]16 ( sport) perdere ( un punto, un game, ecc.): They have dropped six points in the last three matches, hanno perso sei punti nelle ultime tre partite17 ( golf) «droppare», mandare ( la palla) in buca: He dropped a 12 foot putt, ha droppato da tre metri e mezzo18 (fam.) perdere ( denaro, spec. al gioco): Apparently, he dropped $10,000 in one evening, sembra che abbia perso 10 000 dollari in una sola serata19 (fam.) prendere ( droga) per bocca: to drop acid, impasticcarsi; to drop an E, buttar giù una pasticca di ecstasy21 ( di animali) partorire; ( slang: di donna) scodellare ( un figlio): The ewe has dropped two lambs, la pecora ha partorito due agnelli● to be dropping like flies, cadere come mosche: The soldiers were dropping like flies under the enemy fire, i soldati cadevano come mosche sotto il fuoco nemico □ (naut.) to drop anchor, dar fondo all'ancora □ to drop asleep, addormentarsi □ (naut.) to drop astern, rimanere indietro □ to drop an act, smetterla di recitare una parte: Drop the injured act and tell me what's the matter, smettila di recitare la parte della persona ferita e dimmi qual è il problema □ (fam. fig.) to drop a bomb (o a bombshell), dare una notizia clamorosa (o che è una bomba) □ (leg.) ( del giudice) to drop a case, pronunciare un non luogo a procedere □ (leg.) to drop a charge, ritirare un'accusa □ (fam. ingl.) to drop a clanger [a brick], fare una gaffe: He was famous for dropping clangers, era noto per le sue gaffe □ (teatr. e fig.) to drop the curtain, calare il sipario □ to drop a curtsy, fare un inchino □ ( slang USA) to drop a dime (o the dime) on sb., fare la spia su q.; denunciare q. □ ( rugby) to drop a goal, segnare su calcio di rimbalzo □ ( boxe, scherma, anche fig.) to drop one's guard, abbassare la guardia □ to drop it, smetterla, finirla: Just drop it, will you?, finiscila, va bene? □ to drop sb. [st.] like a hot potato, mollare q. [qc.] di punto in bianco: I dropped him [the idea] like a hot potato, l'ho mollato [ho mollato l'idea] di punto in bianco □ (scherz.) to drop off the twig, tirare le cuoia □ ( nei lavori a maglia) to drop a stitch, lasciar cadere una maglia □ (fam.) to drop sb. in it (o volg. in the shit), mettere q. nei guai (o volg. nella merda) □ ( Borsa, fin.) to drop to a low, toccare il minimo: The Milan Stock Exchange has dropped to a new low, la Borsa di Milano ha toccato i nuovi minimi □ to drop ( open) –: His jaw dropped ( open), è rimasto (sono rimasti) a bocca spalancata; Their jaws dropped when they saw the size of the house, sono rimasti a bocca spalancata quando hanno visto le dimensioni della casa □ ( tennis) to drop one's serve, perdere un game in cui si è al servizio □ to drop one's trousers, tirarsi giù i pantaloni □ (fam.) Drop dead!, crepa!; va' a mori' ammazzato! □ to let st. drop, lasciar perdere qc.: Let it drop!, lascia perdere! □ You could have heard a pin drop, non si sentiva volare una mosca. -
11 ♦ right
♦ right (1) /raɪt/a.1 giusto; esatto: The right answer is yes, la risposta giusta (o esatta) è sì; What is the right time?, qual è l'ora esatta?; That's right!, giusto! (o esatto!); Let me get this right: you want to leave school and find a job?, fammi capire bene: vuoi lasciare la scuola e trovarti un lavoro?; Is this the right train for Chester?, è il treno giusto per Chester, questo?; Is this the right way for Oxford Circus?, è giusto di qua per Oxford Circus? NOTA D'USO: - ragione-2 giusto; corretto ( moralmente): It is not right of you to blame her, non è giusto che tu dia la colpa a lei; You did the right thing by telling her the truth, hai fatto bene a dirle la verità; It's ( only) right to let him know, è (più che) giusto farglielo sapere; It is ( only) right that they should pay for it, è (più che) giusto che paghino per questo3 ( di persona) che ha ragione; che fa bene: You were right in refusing his offer, hai fatto bene a rifiutare la sua offerta; You were right about him, avevi ragione sul suo conto; Time will prove me right, il tempo mi darà ragione4 a posto; normale: I don't feel right, non mi sento bene; She doesn't look quite right, non sembra che stia molto bene; Something's not right here, c'è qualcosa che non va qui; She had a Caesarean because the baby wasn't in the right position, ha avuto un cesareo perché il bambino non era nella posizione giusta; to put sb. right, rimettere in sesto: Five days' rest will put you right, cinque giorni di riposo ti rimetteranno in salute; Put the clock right!, metti l'orologio all'ora giusta!5 destro; di destra: Show me your right hand, mostrami la mano destra; a right glove, un guanto destro; the right side of the house, il lato destro della casa; ( boxe) a right hook, un gancio destro; «No right turn» ( cartello), «divieto di svolta a destra»6 giusto; adatto: This is the right time to tell him, questo è il momento giusto per dirglielo; at the right moment, al momento giusto (o opportuno); He is the right man in the right place, è l'uomo giusto al posto giusto; She's not right for you, lei non fa per te; He knows the right people, conosce le persone giuste (o la gente che conta)7 (fam., ingl.) vero; vero e proprio: He's a right idiot, è un vero idiota; a right fool, un perfetto stupido; DIALOGO → - Building work- The house is in a right mess, la casa è nel caos totale● (mecc.) right-and-left screw, vite con filettatura doppia □ ( sport) a right-and-left shot, una doppietta ( due fucilate dalle due canne) □ (geom.) right angle, angolo retto □ a right-angled bend, una curva ad angolo retto □ (geom.) a right-angled triangle, un triangolo rettangolo □ (fig.) to give one's right arm, dare qualsiasi cosa: I'd give my right arm to marry her, darei qualsiasi cosa pur di sposarla □ (fam.) (as) right as rain, che sta benissimo; in perfetta salute □ ( calcio, ecc.) right back, terzino destro □ ( rugby) right centre, trequarti centrodestra ( giocatore) □ (comput.) right click, clic destro ( del mouse) □ ( baseball) right fielder, esterno destro □ right foot, piede destro; ( sport) destro □ ( calcio, ecc.) right-foot, di destro: a right-foot cross, un cross di destro □ right-footed, di destro; ( di un giocatore) che usa (solo) il piede destro □ ( sport) right footer, chi calcia di destro; ( calcio, ecc.) destro (il tiro) □ ( calcio, ecc.) right half (o halfback), mediano (o laterale) destro □ at (o on, to) one's right hand, alla propria destra, a destra □ to be at sb. 's right hand, essere alla destra di q.; (fig.) essere il braccio destro di q. □ right-hand, destro, (che sta) a destra, di destra: the right-hand side of the canal, il lato destro del canale; a right-hand bend, una curva a destra; (autom.) right-hand drive (o steering) guida a destra; (fig.) the right-hand man, il braccio destro (di q.); right-hand screw, vite destrorsa; vite con la filettatura destra; ( calcio, ecc.) the right-hand post, il palo di destra ( della porta) □ right-handed, destrimano, che usa la mano destra; ( di un colpo, lancio, ecc.) di destro; (tecn.) destrorso, in senso orario; ( slang USA) eterosessuale: a right-handed blow, un colpo con la destra; ( boxe) un destro □ (mat.) right-handed system, sistema di riferimento destrorso □ right-handed rotation, rotazione in senso orario □ right-handedness, l'essere destrimano, uso della mano destra □ right-hander, destrimano, persona che si serve della mano destra; ( boxe) pugile che porta i colpi col destro; ( anche) destro ( pugno) □ the right heir, l'erede legittimo □ (fam.) not right in the (o in one's) head, non sano di mente; che non ha la testa a posto (fam.) □ (fin.) rights issue, emissione (di azioni) riservata agli azionisti □ (geom.) right-lined, rettilineo □ ( calcio, ecc.) right midfield, settore destro del centrocampo □ ( calcio) right midfielder, centrocampista di destra □ right-minded, equanime; onesto; giusto; ragionevole; retto □ right-mindedness, equanimità; onestà □ (polit.) right-of-centre, di centrodestra □ (fin.) rights offering = rights issue ► sopra □ (fam.) right on, sinistroide; ( USA) giusto, esatto: a right-on journalist, un giornalista sinistroide; She's very right on, si atteggia a intellettuale di sinistra □ (comput.) right shift, scorrimento a destra □ the right side, il verso giusto; il diritto ( di una stoffa, ecc.) □ right side out, al diritto: Your jumper isn't right side out, il tuo golf non è al diritto □ right side up, dritto; non capovolto; a testa in su: In the canal beside the road, right side up, rested a car, nel canale accanto alla strada c'era, dritta, un'auto □ right-thinking, assennato; giudizioso □ ( USA) right triangle = right-angled triangle ► sopra □ right wing, ala destra ( di un esercito, di un partito, ecc.); ( sport: calcio, hockey, ecc.) ala destra, fascia destra ( la posizione); ala destra ( il giocatore); ( rugby) trequarti ala destra □ (polit.) right-wing, di destra; destrorso (spreg.): right-wing extremist, estremista di destra □ right-winger, (polit.) uomo di destra; destrorso (spreg.); ( sport) ala destra ( il giocatore) □ all right, d'accordo; bene ( anche di salute): Is he feeling all right now?, sta bene ora? □ All right!, benissimo! □ not to be in one's right mind (o right senses), non essere sano di mente; non avere la testa a posto □ (fig.) to get on the right side of sb., ingraziarsi q. □ to keep on the right side of the law, rispettare la legge □ (fam.) Mr Right, l'uomo giusto ( per una donna); (il mio, tuo, ecc.) «lui» □ (fam.) Miss Right, la donna giusta ( per un uomo); (la mia, tua, ecc.) «lei» □ to be on the right side of fifty, essere al di sotto della cinquantina; avere meno di 50 anni □ to set right = to put right ► sopra □ to set (o to put) oneself right with sb., giustificarsi, spiegarsi con q. □ to stay on the right side of sb., tenersi buono q. □ Right you are!, (fam.) Right oh! ► righto □ «Thank you!» «That's all right!», «grazie!» «figurati! (o non c'è di che!)» □ All's right with the world, tutto va nel migliore dei modi.♦ right (2) /raɪt/n.1 [u] (il) giusto; (il) bene: to know right from wrong, distinguere il bene dal male; right and wrong, il bene e il male; ciò che è giusto e ciò che è sbagliato; to be in the right, essere nel giusto; aver ragione2 (leg.) diritto; rights and duties, diritti e doveri; He has no right to bully you like that, non ha il diritto di fare il prepotente con te in questo modo; by right (o as of right) di diritto; I am claiming back what was mine by right, chiedo che mi sia restituito quello che era mio di diritto; by right of, per diritto di; What gives you the right to judge me?, che cosa ti dà il diritto di giudicarmi?; legal rights, diritti riconosciuti dalla legge; constitutional rights, diritti costituzionali; equal rights, pari diritti; inalienable rights, diritti inalienabili; the right to work, il diritto al lavoro; right of access, diritto di passaggio; right of association, diritto di associazione; to have a right [every right] to do st., avere il diritto [tutto il diritto] di fare qc.; Rights Management Services ► RMS®; to assert (o to stand on) one's rights, difendere i propri diritti; to exercise one's rights, esercitare i propri diritti; to renounce (o to waive) a right, rinunciare a un diritto3 [u] lato destro; (la) destra; (la) mano destra: to keep to the right, tenere la destra; to turn to the right, svoltare a destra; I parked my car on the right of the street, ho parcheggiato sul lato destro della strada; The woman on his right is his wife, la donna alla sua destra è sua moglie4 svolta a destra: to take [o make] a right, svoltare a destra7 (mil.) ala destra; fianco destro8 – (polit.) destra: The voters have moved to the right, l'elettorato si è spostato a destra; the Right, la destra; a member of the Right, un esponente della destra; ( USA) the New Right, la nuova destra; the extreme (o far) right, l'estrema destra● ( boxe) a right-and-left, un destro doppiato da un sinistro □ (fam.) the right to hire and fire, il diritto di assumere e di licenziare □ (leg.) right in action, diritto immateriale □ (leg.) right in personam, diritto di credito □ (leg.) right in rem, diritto materiale □ (leg.) right of action, diritto di agire in giudizio □ (leg.) right of common, diritto di far uso di un terreno della comunità □ (leg.) right of pre-emption, diritto di prelazione □ (leg.) right of redemption, diritto di riscatto □ (leg.) right of search, diritto di perquisizione ( di una nave in alto mare) □ right of way, (autom.) (diritto di) precedenza; (leg.) diritto (o servitù) di passaggio □ right-to-life, (polit., di un movimento, ecc.) per il diritto alla vita; antiabortista □ right-to-lifer, (polit.) antiabortista; sostenitore del diritto alla vita □ by rights, secondo giustizia; per essere giusti: By rights, he should have won the race, sarebbe stato giusto che vincesse lui la corsa □ to do right by sb., render giustizia a q. □ in one's own right, di diritto; per diritto di nascita; (fig.) per i propri meriti □ to be within one's rights ( to do st.) –: You are within your rights to ask for a refund, è legittimo da parte tua chiedere un rimborso □ to set (o to put) st. to rights, sistemare qc.; mettere a posto qc.: He'll put the country to rights, rimetterà a posto il Paese □ to set (o to put) sb. to rights, rimettere in sesto q. □ to take the first [second, ecc.] right, prendere la prima [la seconda, ecc.] a destra □ women's rights, i diritti delle donne.♦ right (3) /raɪt/avv.1 esattamente; proprio: Put it right in the middle, mettilo esattamente nel centro (o proprio nel mezzo); right here, proprio qui; You're right on time, sei puntualissimo2 bene; correttamente: Everything seems to go right with him, sembra che tutto gli vada bene; If I remember right, se ben ricordo; You did right to tell me, hai fatto bene a dirmelo; to guess right, indovinare; He guessed right the first time, ha indovinato subito3 a destra ( anche polit.); a dritta (lett. o naut.): to turn [to look] right, girare [guardare] a destra4 immediatamente; subito: DIALOGO → - Ordering food 1- I'll be right back, torno subito; I'm going right home, vado dritto a casa; right after [before], subito dopo [prima]; I'll be right with you, sono subito da Lei5 completamente; del tutto: He turned right around, si è girato completamente; It put me right off my food, mi ha fatto passare del tutto l'appetito; right through [up, down, ecc.] – The bullet went right through his arm, la pallottola gli ha attraversato il braccio da una parte all'altra; The cafeteria is right down the stairs, il bar è proprio in fondo alle scale● right along = right on ► sotto □ right and left, a destra e a sinistra; a destra e a manca; da tutte le parti □ right away, immediatamente □ (fam.) right-down clever, bravissimo □ (fam.) a right-down rascal, un furfante matricolato □ right enough, certo; effettivamente □ Right Honourable ► honourable □ right, left and centre = right and left ► sopra □ right now, proprio adesso; immediatamente: What are you doing right now?, cosa stai facendo in questo preciso momento?; Come here right now!, vieni qui subito! □ (fam.) right off (o right off the bat), subito; immediatamente; per primo □ right on, senza interruzione; continuamente □ right or wrong, a ragione o a torto □ ( di vescovo) Right Reverend, reverendissimo □ it serves you [him, her, ecc.] right, ti [gli, le, ecc.] sta bene □ (mil.) Right turn!, fianco destr!; fronte a destr! □ Let me tell you right here that…, lascia che ti dica subito che…; ti dico subito che… □ ( USA) Come right in, avanti!; entra pure! □ ( di soldati in parata) Eyes right!, attenti a destr!♦ right (4) /raɪt/inter.1 (all'inizio di una frase) bene; allora: Right! let's start again!, bene, ricominciamo2 (= all right) (va) bene; d'accordo; (iron.) come no?: «Come tomorrow» «Right! What time?» «Vieni domani» «Bene! a che ora?»; «I told you the truth» «Yeah, right! You really expect me to believe that?», «ti ho detto la verità» «sì, come no? ti aspetti davvero che io ci creda?»3 giusto; vero: I think we all agree about it, right?, penso che siamo tutti d'accordo, giusto? quite right!, proprio così!; esatto!● (fam.) too right!, giustissimo! □ (fam.) right on!, bravo!; sono d'accordissimo!(to) right /raɪt/v. t.raddrizzare ( anche fig.): We righted the boat and started rowing, abbiamo raddrizzato la barca e abbiamo cominciato a remare; to right a wrong, raddrizzare un torto; to right an injustice, riparare un'ingiustizia● to right itself, raddrizzarsi, aggiustarsi: Let's hope things will right themselves in the end, speriamo che tutto s'aggiusti (da sé) alla fine! -
12 ♦ hook
♦ hook /hʊk/n.1 gancio; uncino; gancetto; uncinello: coat hook, gancio per appendere cappotti; a picture hook, un gancetto per appendere quadri; curtain hook, gancio da tenda; a hook and eye, un gancio con occhiello; un'allacciatura ( di abiti) a gancio3 (fig.) trappola; tranello6 (naut.) gola; ghirlanda7 (naut.) ancora; ancorotto11 ( sport, spec. golf) hook (tiro sbagliato che manda la palla troppo verso sinistra rispetto al battitore destrimano)14 (telef.) forcella15 (elettron.) innesco● ( USA) hook-and-ladder ( truck), autoscala ( dei pompieri) □ (zool.: d'uccello) hook-billed (o hook-beaked), dal becco adunco □ (fig.) hook, line, and sinker, completamente; del tutto; tutto: to swallow a story hook, line and sinker, mandare giù una storiella da cima a fondo; bersela tutta (fig.) □ hook-nosed, dal naso a becco (o aquilino) □ (mecc.) hook spanner ( USA: hook wrench), chiave a gancio □ by hook or by crook, di riffa o di raffa; con le buone o con le cattive □ (fam. USA) to get the hook, essere licenziato; essere cacciato □ (fam.) to get one's hooks into, mettere le mani su; impadronirsi di □ (fig.) to get off the hook, tirarsi fuori dai guai □ (fig.) to get (o to let) sb. off the hook, tirare q. fuori dai guai □ to leave the phone off the hook, lasciare il telefono staccato □ (fig.) to be on the hook, essere inguaiato; essere incastrato (o in trappola) □ (fam. USA) to be on the hook for st., avere in carico, essere responsabile di (spec. una somma di denaro) □ ( slang) on one's own hook, per conto proprio; da solo □ ( slang) to take (o to sling) one's hook, squagliarsi; svignarsela; tagliare la corda □ to take the phone off the hook, staccare la cornetta.(to) hook /hʊk/A v. t.1 agganciare; attaccare ( con un gancio, a un gancio): to hook st. onto a wall, agganciare qc. al muro; attaccare qc. al muro con un gancio3 curvare (o piegare) a uncino ( una parte del corpo): The man hooked his thumbs in his belt, l'uomo si è infilato i pollici nella cintura4 (naut.) agganciare; incocciare5 (fig. fam., generalm. al passivo) conquistare; prendere; coinvolgere; catturare: I read the first page and I was hooked, ho letto la prima pagina e non sono più riuscita a smettere7 (fig. fam.) gabbare; imbrogliare; fregare (fam.)11 ( hockey su ghiaccio) agganciare: to hook an opponent with the stick, agganciare un avversario con il bastoneB v. i.● ( slang) to hook it, tagliare la corda; darsela a gambe; svignarsela. -
13 Hill, Robert F.
1886-1966Actor, guionista y director de origen canadiense, rueda mas de cien peliculas, entre mudas y sonoras. Una parte importante de su produccion, hasta un total de 33 titulos en diez anos, la constituyen peliculas del oeste de una hora de duracion, protagonizadas por algunos de los heroes del genero de los anos 30. Ninguna de ellas tiene la menor trascendencia en la historia del western. Hill tenia fama de acabar sus peliculas en el tiempo previsto y por debajo del presupuesto asignado.Heroes of the Flames. 1931. 240 minutos. 12 capitulos. Blanco y Negro. Universal. Tim McCoy, Marion Shockley.Sundown Trail (El centauro de Cheyenne). 1931. 56 minutos. Blanco y Negro. RKO-Pathe. Tom Keene, Marion Shilling.Come on Danger! (A mi los valientes). 1932. 60 minutos. Blanco y Negro. RKO. Tom Keene, Julie Haydon.The Cheyenne Kid. 1933. 61 minutos. Blanco y Negro. RKO. Tom Keene, Mary Mason.The Crimson Paradise. 1933. 50 minutos. Blanco y Negro. Northern. Nick Stuart, Lucille Browne.A Demon for Trouble. 1934. 58 minutos. Blanco y Negro. Supreme. Bob Steele, Gloria Shea.Outlaw’s Highway. 1934. 61 minutos. Blanco y Negro. Trop. Jack King, Del Morgan, Bonita Baker.Frontier Days. 1934. 61 minutos. Blanco y Negro. Spectrum. Bill Cody, Ada Ince.Cowboy Holiday. 1934. 56 minutos. Blanco y Negro. Beacon/Alexander. Guinn Williams, Janet Chandler.Six Gun Justice. 1935. 57 minutos. Blanco y Negro. Spectrum. Bill Cody, Ethel Jackson.Cyclone Ranger. 1935. 60 minutos. Blanco y Negro. Spectrum. Bill Cody, Nina Quartero.The Texas Rambler. 1935. 59 minutos. Blanco y Negro. Spectrum. Bill Cody, Catherine Cotter (Marie Burton).Vanishing Riders. 1935. 58 minutos. Blanco y Negro. Spectrum. Bill Cody, Ethel Jackson.Danger Trails. 1935. 62 minutos. Blanco y Negro. Beacon/Alexander. Guinn Williams, Marjorie Gordon.Rio Grande Romance. 1936. 69 minutos. Blanco y Negro. Victory. Edward J. Nugent, Maxine Doyle.Too Much Beef. 1936. 60 minutos. Blanco y Negro. Colony. Rex Bell, Constante Bergen, Horace Murphy.West of Nevada. 1936. 57 minutos. Blanco y Negro. Colony. Rex Bell, Joan Barclay, Al St. John.The Idaho Kid. 1936. 69 minutos. Blanco y Negro. Colony. Rex Bell, Marion Shilling.Men of the Plains. 1936. 62 minutos. Blanco y Negro. Colony. Rex Bell, Joan Barclay.Rip Roarin’ Buckaroo. 1936. 57 minutos. Blanco y Negro. Victory. Tom Tyler, Beth Marion.Law and Lead. 1936. 60 minutos. Blanco y Negro. Colony. Rex Bell, Harley Wood.The Phantom of the Range. 1936. 57 minutos. Blanco y Negro. Victory. Tom Tyler, Beth Marion.Cheyenne Rides Again. 1937. 56 minutos. Blanco y Negro. Victory. Tom Tyler, Lucille Browne.The Roaming Cowboy (A tiro limpio). 1937. 56 minutos. Blanco y Negro. Spectrum. Fred Scott, Lois January, Al St. John.The Feud of the Trail. 1937. 56 minutos. Blanco y Negro. Victory. Tom Tyler, Harley Wood.Mystery Range. 1937. 55 minutos. Blanco y Negro. Victory. Tom Tyler, Jerry Bergh.The Painted Trail. 1938. 50 minutos. Blanco y Negro. Monogram. Tom Keene, Elaine Stewart.Whirlwind Horseman. 1938. 57 minutos. Blanco y Negro. Grand National. Ken Maynard, Joan Barclay.Man’s Country. 1938. 53 minutos. Blanco y Negro. Monogram. Jack Randall, Marjorie Reynolds, Ralph Peters.Wild Horse Canyon. 1938. 57 minutos. Blanco y Negro. Monogram. Jack Randall, Dorothy Short, Frank Yaconelli.Drifting Westward. 1939. 58 minutos. Blanco y Negro. Monogram. Jack Randall, Edna Duran, Frank Yaconelli.Overland Mail. 1939. 51 minutos. Blanco y Negro. Monogram. Jack Randall, Jean Joyce, Vince Barnett.Wanderers of the West. 1941. 58 minutos. Blanco y Negro. Monogram. Tom Keene, Sugar Dawn, Betty Miles.English-Spanish dictionary of western films > Hill, Robert F.
-
14 sacar
v.1 to take out.sacar algo de to take something out ofsacó la mano/la cabeza por la ventanilla he stuck his hand/head out of the windownos sacaron algo de comer they gave us something to eatEllos sacaron a los perros They took out the dogs.2 to remove.el dentista me sacó una muela I had a tooth out at the dentist's3 to get (obtener) (carné, entradas, buenas notas).¿qué sacaste en el examen de inglés? what did you get for o in your English exam?sacar dinero del banco to get o take some money out of the bankla sidra se saca de las manzanas cider is made from apples¿y qué sacamos con reñirle? what do we gain by telling him off?, what's the point in telling him off?Ella saca provecho She gets benefits.4 to take (realizar) (foto).siempre me sacan fatal en las fotos I always look terrible in photos5 to bring out (al mercado) (nuevo producto, modelo).6 to work out, to do.sacar la cuenta/la solución to work out the total/the answersacar una conclusión to come to a conclusion7 to gather, to understand.lo leí tres veces, pero no saqué nada en claro o limpio I read it three times, but I couldn't make much sense of it8 to let out (item of clothing) (de ancho). (peninsular Spanish)9 to take off. ( Latin American Spanish)sácale la ropa al niño get the child undressed10 to throw in (sport) (con la mano).11 to put the ball into play (sport).sacar de banda/de esquina/de puerta to take a throw-in/corner/goal kick12 to stick out, to put out one's, to put out, to show.María saca la lengua Mary sticks out her tongue.13 to serve the ball.Ricardo saca Richard serves the ball.14 to be obtained from.Se te saca información Information is obtained from you.15 to be extracted from, to be removed from.Se me sacó una muela A molar was extracted from me.* * *(c changes to qu before e)Past Indicativesaqué, sacaste, sacó, sacamos, sacasteis, sacaron.Present SubjunctiveImperative* * *verb1) to take out2) get, obtain3) get out4) produce, invent5) introduce7) release (a book, a disc, a film)* * *Para las expresiones sacar adelante, sacar brillo, sacar algo en claro, sacar los colores a algn, sacar faltas a algo, sacar algo en limpio, sacar provecho, sacar a relucir, ver la otra entrada.1. VERBO TRANSITIVO1) (=poner fuera) to take out, get outsacó el revólver y disparó — he drew his revolver and fired, he took {o} got his revolver out and fired
saca la basura, por favor — please put {o} take the rubbish out
•
sacar a algn a [bailar] — to get sb up for a dance•
sacar algo/a algn [de], sacó toda su ropa del armario — she took all his clothes out of the wardrobe, she removed all his clothes from the wardrobevoy a sacar dinero del cajero — I'm going to take {o} get some money out of the machine
¡sacadme de aquí! — get me out of here!
•
sacar a [pasear] a algn — to take sb (out) for a walk2) [de una persona] [+ diente] to take out¡deja ese palo, que me vas a sacar un ojo! — stop playing with that stick, you're going to poke my eye out!
•
sacar [sangre] a algn — to take blood from sb3) [con partes del cuerpo] to stick outpecho I, 1)4) (=obtener)a) [+ notas, diputados] to get¿y tú qué sacas con denunciarlo a la policía? — and what do you get out of {o} gain from reporting him to the police?
no consiguió sacar todos los exámenes en junio Esp — she didn't manage to pass {o} get all her exams in June
sacó un seis — [con dados] he threw a six
b) [+ dinero]lo hago para sacar unos euros — I do it to earn {o} make a bit of money
sacó el premio gordo — he got {o} won the jackpot
sacamos una ganancia de... — we made a profit of...
c) [+ puesto] to getd) [+ información] to getlos datos están sacados de dos libros — the statistics are taken {o} come from two books
¿de dónde has sacado esa idea? — where did you get that idea?
¿de dónde has sacado esa chica tan guapa? — where did you get {o} find such a beautiful girlfriend?
e)sacar algo de — [+ fruto, material] to extract sth from
f)le sacaron toda la información que necesitaban — they got all the information they needed from {o} out of him
g) [+ conclusión] to draw¿qué conclusión se puede sacar de todo esto? — what can be concluded from all of this?, what conclusion can be drawn from all of this?
lo que se saca de todo esto es que... — the conclusion to be drawn from all this is that...
h) [+ característica]5) (=comprar) [+ entradas] to get6) (=lanzar) [+ modelo nuevo] to bring out; [+ libro] to bring out, publish; [+ disco] to release; [+ moda] to create7) (=hacer) [+ foto] to take; [+ copia] to make8) (=resolver)9) (=mostrar)10) (=mencionar)12) (=aventajar en)al terminar la carrera le sacaba 10 metros al adversario — he finished the race 10 metres ahead of his rival
13) (=salvar) to get outapuro 1)14) (=poner) [+ apodo, mote] to give15) (Dep)a) (Tenis) to serveb) (Ftbl)saca el balón Kiko — [en saque de banda] the throw-in is taken by Kiko; [en falta] Kiko takes the free kick
16) (Cos) [+ prenda de vestir] (=ensanchar) to let out; (=alargar) to let down17) (Naipes) to play2. VERBO INTRANSITIVO1) (Tenis) to serve2) (Ftbl) [en córner, tiro libre] to take the kick; [en saque de banda] to take the throw-indespués de marcar un gol, saca el contrario — after a goal has been scored, the opposing team kicks off
3.See:* * *1.verbo transitivo1) ( extraer)a) <billetera/lápiz> to take out, get out; <pistola/espada> to drawlo saqué del cajón — I took o got it out of the drawer
b) < muela> to pull out, take out; <riñón/cálculo> to removec) <diamantes/cobre> to extract, minesacar petróleo de debajo del mar — to get oil o (frml) extract petroleum from under the sea
d) <carta/ficha> to draw2) (poner, llevar fuera)a) <maceta/mesa/basura> to take outsacar algo/a alguien DE algo — to get something/somebody out of something
b) ( invitar)c) < parte del cuerpo> to put outme sacó la lengua — he stuck o put his tongue out at me
3) ( retirar) to take outsacar dinero del banco — to take out o withdraw money from the bank
sólo puede sacar tres libros — you can only take out o borrow three books
4) ( de una situación difícil)5) (Esp) < dobladillo> to let down; <pantalón/falda> ( alargar) to let down; ( ensanchar) to let out6) ( obtener)<pasaporte/permiso> to get; < entrada> to get, buyya saqué el pasaje or (Esp) he sacado el billete — I've already bought the ticket o got my ticket
7)a) <calificación/nota> to getb) <votos/puntos> to getc) ( en juegos de azar) < premio> to get, wind) < conclusión> to drawe) <suma/cuenta> to do, work out¿qué sacas con eso? — what do you gain by doing that?
saco $3.000 mensuales — I take home $3,000 a month
el hijo ya le saca 10 centímetros — (fam) his son is already 10 centimeters taller than he is
sacar algo DE algo: sacaron mucho dinero de la venta they made a lot of money from the sale; no ha sacado ningún provecho del curso — she hasn't got anything out of the course
9)sacar algo DE algo — <idea/información> to get something from something; <porciones/unidades> to get something out of something
sacarle algo A alguien — <dinero/información> to get something out of somebody
10) < brillo> to bring out11)a) < libro> to publish, bring out; < disco> to bring out, release; <modelo/producto> to bring outb) < tema> to bring upd) (Esp) <defecto/falta> (+ me/te/le etc) to find12)sacar adelante — < proyecto> ( poner en marcha) to get something off the ground; ( salvar de la crisis) to keep something going
luché tanto para sacar adelante a mis hijos — I fought so hard to give my children a good start in life
13) (Dep) <tiro libre/falta> to take14) ( quitar)(esp AmL)a)sacarle algo A alguien — <botas/gorro> to take something off somebody; <juguetes/plata> (RPl) to take something from somebody
no se lo saques, que es suyo — don't take it (away) from him, it's his
¿cuánto te sacan en impuestos? — how much do they take off in taxes?
b)sacarle algo a algo — <tapa/cubierta> to take something off something
c) ( retirar)15) (esp AmL) ( hacer desaparecer) < mancha> to remove, get... out2.3.sacar de puerta/de esquina — to take the goal kick/to take the corner
sacarse v pron (refl)1) ( extraer)ten cuidado, te vas a sacar un ojo — be careful or you'll poke o take your eye out
me tengo que sacar una muela — (caus) I have to have a tooth out
2) (AmL) ( quitarse) <ropa/zapatos> to take off; < maquillaje> to remove, take offsácate el pelo de la cara — get o take your hair out of your eyes
3)a) (caus) < foto>b) (AmL) <calificación/nota> to get* * *= draw from, pull out, remove, take out, withdraw, draw, pull from, put out, scoop (out), pull off, ferret out, winkle out.Ex. These headings may be drawn from an alphabetical list of subject headings or from a classification scheme.Ex. We go to that record, pull it out, change the item's priority and upgrade it so it gets out to you quickly.Ex. Folders allow a set of papers to be kept together when a set on a given topic is removed from the file.Ex. A borrower may sometimes wish to take out a book which has already been loaned out.Ex. Thus, all cards corresponding to documents covering 'Curricula' are withdrawn from the pack.Ex. The 'Root Thesaurus' presents other refinements which permit the part of the hierarchy from which a term is drawn to be specified.Ex. The data is pulled directly from all the bibliographic data bases on DIALOG that have a JN field.Ex. Naturally people will handle books before they decide to buy them, which means that no more than a couple of copies of each title should be put out so that reserve stock is prevented from getting grubby.Ex. This service will be useful for end users and for scooping out the availability of information on STN for a variety of search topics.Ex. The ionisation in the air pulls off massive, if random charges so the speed of lightning is actually less than that of the speed of light.Ex. As a rule analysts are left on their own to ferret out useful and appropriate areas to be investigated.Ex. Small business operators can be easy prey for scamsters trying to winkle out money for unsolicited - and unneeded - 'services'.----* cría cuervos y te sacarán y los ojos = you've made your bed, now you must lie in it!.* sacando provecho de = on the coattails of.* sacar a Alguien de quicio = get on + Posesivo + nerves, drive + Alguien + up a wall, drive + Alguien + to despair, drive + Alguien + mad, drive + Alguien + insane, drive + Alguien + crazy, drive + Alguien + nuts, drive + Alguien + potty.* sacar acciones al mercado = go + public.* sacar a colación = bring + Nombre + up.* sacar a colación una cuestión = bring up + matter, bring up + issue, bring up + point.* sacar a colación una idea = bring up + idea.* sacar a colación un problema = bring + problem up.* sacar a colación un tema = bring up + topic, bring up + subject.* sacar a concurso = tender for, tender out.* sacar a concurso público = bid, bid + Posesivo + business, tender for, tender out.* sacar a convocatoria pública = tender for, tender out, bid.* sacar a flote = get + Nombre + back on + Posesivo + feet.* sacar a golpes = punch out.* sacar a la luz = bring to + light, dredge up.* sacar Algo a relucir = bring + Nombre + to the surface.* sacar Algo de = take + Nombre + out of.* sacar a licitación = tender for, tender out.* sacar al mercado = bring to + market.* sacar a relucir = bring to + the surface, bring to + light, bring to + the fore.* sacar a relucir diferencias = turn up + differences.* sacar a relucir las mejores cualidades de = bring out + the best in.* sacar a relucir lo peor de = bring out + the worst in.* sacar a relucir los trapos sucios delante de otros = wash + dirty linen in front of others.* sacar a relucir los trapos sucios en público = air + dirty linen in public.* sacar arrastrando = haul out.* sacar brillo = polish.* sacar brillo a = buff, buff up.* sacar conclusiones = draw + implications.* sacar conclusiones generales = generalise [generalize, -USA].* sacar conclusiones precipitadas = jump to + conclusions.* sacar con sifón = siphon out.* sacar con una bomba = pump out.* sacar de = carry out of, wretch from, tilt + Nombre + out of, take from, catapult + Nombre + out of.* sacar de apuros = bail out, bale out.* sacar de contrabando = smuggle out.* sacar de la inactividad = take + Nombre + out of the doldrums.* sacar de las casillas = piss + Nombre + off.* sacar del mismo molde = cast in + the same mould as.* sacar de + Posesivo + casillas = drive + Alguien + (a)round the bend.* sacar de quicio = drive + Alguien + (a)round the bend, exasperate, grind on + Posesivo + nerves, piss + Nombre + off.* sacar dinero = draw + cash, draw out + cash.* sacar el abrebotellas = pull out + the corks.* sacar el máximo partido = exploit + full potential, take + full advantage (of), take + the best advantage.* sacar el máximo partido a = get + the most out of.* sacar el máximo partido a Algo = reach + the full potential of.* sacar el máximo partido de = harness + the power of, make + the best of.* sacar el máximo partido de Algo = make + the most of.* sacar el máximo provecho de = get + the most out of.* sacar el máximo provecho de Algo = make + the most of.* sacar el mayor partido al dinero de uno = get + the most for + Posesivo + money.* sacar el mejor partido de = get + the best out of.* sacar el mejor partido de Algo = make + the best advantage of, make + the best use of, make + the best possible use of.* sacar el mejor partido posible = get + the best of both worlds, get + the best of all worlds.* sacar en préstamo = charge out, check out.* sacar extractos de = excerpt.* sacar faltas = find + fault with.* sacar haciendo palanca = pry + Nombre + out, prise + Nombre + out.* sacar haciendo sifón = siphon out.* sacar ilegalmente = smuggle out.* sacar la basura = take out + the garbage.* sacar las castañas del fuego = sort out + the mess, pick up + the pieces.* sacar las cosas de quicio = blow + things (up) out of (all) proportion.* sacar lecciones de = draw + lessons from.* sacarle defectos a todo = nitpick.* sacarle dinero a Alguien = wrestle + money from.* sacarle faltas a todo = nitpick.* sacarle las castañas del fuego a Alguien = pull + Posesivo + chestnuts out of the fire.* sacarle partido a = make + an opportunity (out) of.* sacarle un bocado a = take + a bite out of.* sacar libro en préstamo = borrow + book.* sacar los pies del plato = break out of + the box.* sacar los pies del tiesto = break out of + the box.* sacar más partido = get + more for + Posesivo + money.* sacar mayor partido a = squeeze + more life out of.* sacar mayor provecho = stretch + further.* sacar mejor partido = get + more for + Posesivo + money.* sacar + Nombre + de = extricate + Nombre + from.* sacar partido = take + advantage (of), exploit + benefits.* sacar partido a una oportunidad = capitalise on + opportunity.* sacar perforando = drill out.* sacar poco a poco = tease out.* sacar por impresora = print + off-line, print out + off-line.* sacar provecho a una oportunidad = capitalise on + opportunity.* sacar provecho de = capitalise on/upon [capitalize, -USA], cash in on, ride (on) + Posesivo + coattails.* sacar punta = sharpen.* sacar rápidamente = whip out.* sacarse los mocos = pick + Posesivo + nose.* sacar tirando = haul out.* sacar una conclusión = draw + conclusion.* sacar una deducción = draw + inference.* sacar una foto = take + a shot.* sacar una fotografía = take + picture.* sacar una impresión = gain + picture.* sacar una prueba = pull + a proof.* sacar unas notazas = pass with + flying colours.* sacar un diez = score + an A.* sacar un ojo = gouge + eye out.* sacar ventaja = gain + one-upmanship.* * *1.verbo transitivo1) ( extraer)a) <billetera/lápiz> to take out, get out; <pistola/espada> to drawlo saqué del cajón — I took o got it out of the drawer
b) < muela> to pull out, take out; <riñón/cálculo> to removec) <diamantes/cobre> to extract, minesacar petróleo de debajo del mar — to get oil o (frml) extract petroleum from under the sea
d) <carta/ficha> to draw2) (poner, llevar fuera)a) <maceta/mesa/basura> to take outsacar algo/a alguien DE algo — to get something/somebody out of something
b) ( invitar)c) < parte del cuerpo> to put outme sacó la lengua — he stuck o put his tongue out at me
3) ( retirar) to take outsacar dinero del banco — to take out o withdraw money from the bank
sólo puede sacar tres libros — you can only take out o borrow three books
4) ( de una situación difícil)5) (Esp) < dobladillo> to let down; <pantalón/falda> ( alargar) to let down; ( ensanchar) to let out6) ( obtener)<pasaporte/permiso> to get; < entrada> to get, buyya saqué el pasaje or (Esp) he sacado el billete — I've already bought the ticket o got my ticket
7)a) <calificación/nota> to getb) <votos/puntos> to getc) ( en juegos de azar) < premio> to get, wind) < conclusión> to drawe) <suma/cuenta> to do, work out¿qué sacas con eso? — what do you gain by doing that?
saco $3.000 mensuales — I take home $3,000 a month
el hijo ya le saca 10 centímetros — (fam) his son is already 10 centimeters taller than he is
sacar algo DE algo: sacaron mucho dinero de la venta they made a lot of money from the sale; no ha sacado ningún provecho del curso — she hasn't got anything out of the course
9)sacar algo DE algo — <idea/información> to get something from something; <porciones/unidades> to get something out of something
sacarle algo A alguien — <dinero/información> to get something out of somebody
10) < brillo> to bring out11)a) < libro> to publish, bring out; < disco> to bring out, release; <modelo/producto> to bring outb) < tema> to bring upd) (Esp) <defecto/falta> (+ me/te/le etc) to find12)sacar adelante — < proyecto> ( poner en marcha) to get something off the ground; ( salvar de la crisis) to keep something going
luché tanto para sacar adelante a mis hijos — I fought so hard to give my children a good start in life
13) (Dep) <tiro libre/falta> to take14) ( quitar)(esp AmL)a)sacarle algo A alguien — <botas/gorro> to take something off somebody; <juguetes/plata> (RPl) to take something from somebody
no se lo saques, que es suyo — don't take it (away) from him, it's his
¿cuánto te sacan en impuestos? — how much do they take off in taxes?
b)sacarle algo a algo — <tapa/cubierta> to take something off something
c) ( retirar)15) (esp AmL) ( hacer desaparecer) < mancha> to remove, get... out2.3.sacar de puerta/de esquina — to take the goal kick/to take the corner
sacarse v pron (refl)1) ( extraer)ten cuidado, te vas a sacar un ojo — be careful or you'll poke o take your eye out
me tengo que sacar una muela — (caus) I have to have a tooth out
2) (AmL) ( quitarse) <ropa/zapatos> to take off; < maquillaje> to remove, take offsácate el pelo de la cara — get o take your hair out of your eyes
3)a) (caus) < foto>b) (AmL) <calificación/nota> to get* * *= draw from, pull out, remove, take out, withdraw, draw, pull from, put out, scoop (out), pull off, ferret out, winkle out.Ex: These headings may be drawn from an alphabetical list of subject headings or from a classification scheme.
Ex: We go to that record, pull it out, change the item's priority and upgrade it so it gets out to you quickly.Ex: Folders allow a set of papers to be kept together when a set on a given topic is removed from the file.Ex: A borrower may sometimes wish to take out a book which has already been loaned out.Ex: Thus, all cards corresponding to documents covering 'Curricula' are withdrawn from the pack.Ex: The 'Root Thesaurus' presents other refinements which permit the part of the hierarchy from which a term is drawn to be specified.Ex: The data is pulled directly from all the bibliographic data bases on DIALOG that have a JN field.Ex: Naturally people will handle books before they decide to buy them, which means that no more than a couple of copies of each title should be put out so that reserve stock is prevented from getting grubby.Ex: This service will be useful for end users and for scooping out the availability of information on STN for a variety of search topics.Ex: The ionisation in the air pulls off massive, if random charges so the speed of lightning is actually less than that of the speed of light.Ex: As a rule analysts are left on their own to ferret out useful and appropriate areas to be investigated.Ex: Small business operators can be easy prey for scamsters trying to winkle out money for unsolicited - and unneeded - 'services'.* cría cuervos y te sacarán y los ojos = you've made your bed, now you must lie in it!.* sacando provecho de = on the coattails of.* sacar a Alguien de quicio = get on + Posesivo + nerves, drive + Alguien + up a wall, drive + Alguien + to despair, drive + Alguien + mad, drive + Alguien + insane, drive + Alguien + crazy, drive + Alguien + nuts, drive + Alguien + potty.* sacar acciones al mercado = go + public.* sacar a colación = bring + Nombre + up.* sacar a colación una cuestión = bring up + matter, bring up + issue, bring up + point.* sacar a colación una idea = bring up + idea.* sacar a colación un problema = bring + problem up.* sacar a colación un tema = bring up + topic, bring up + subject.* sacar a concurso = tender for, tender out.* sacar a concurso público = bid, bid + Posesivo + business, tender for, tender out.* sacar a convocatoria pública = tender for, tender out, bid.* sacar a flote = get + Nombre + back on + Posesivo + feet.* sacar a golpes = punch out.* sacar a la luz = bring to + light, dredge up.* sacar Algo a relucir = bring + Nombre + to the surface.* sacar Algo de = take + Nombre + out of.* sacar a licitación = tender for, tender out.* sacar al mercado = bring to + market.* sacar a relucir = bring to + the surface, bring to + light, bring to + the fore.* sacar a relucir diferencias = turn up + differences.* sacar a relucir las mejores cualidades de = bring out + the best in.* sacar a relucir lo peor de = bring out + the worst in.* sacar a relucir los trapos sucios delante de otros = wash + dirty linen in front of others.* sacar a relucir los trapos sucios en público = air + dirty linen in public.* sacar arrastrando = haul out.* sacar brillo = polish.* sacar brillo a = buff, buff up.* sacar conclusiones = draw + implications.* sacar conclusiones generales = generalise [generalize, -USA].* sacar conclusiones precipitadas = jump to + conclusions.* sacar con sifón = siphon out.* sacar con una bomba = pump out.* sacar de = carry out of, wretch from, tilt + Nombre + out of, take from, catapult + Nombre + out of.* sacar de apuros = bail out, bale out.* sacar de contrabando = smuggle out.* sacar de la inactividad = take + Nombre + out of the doldrums.* sacar de las casillas = piss + Nombre + off.* sacar del mismo molde = cast in + the same mould as.* sacar de + Posesivo + casillas = drive + Alguien + (a)round the bend.* sacar de quicio = drive + Alguien + (a)round the bend, exasperate, grind on + Posesivo + nerves, piss + Nombre + off.* sacar dinero = draw + cash, draw out + cash.* sacar el abrebotellas = pull out + the corks.* sacar el máximo partido = exploit + full potential, take + full advantage (of), take + the best advantage.* sacar el máximo partido a = get + the most out of.* sacar el máximo partido a Algo = reach + the full potential of.* sacar el máximo partido de = harness + the power of, make + the best of.* sacar el máximo partido de Algo = make + the most of.* sacar el máximo provecho de = get + the most out of.* sacar el máximo provecho de Algo = make + the most of.* sacar el mayor partido al dinero de uno = get + the most for + Posesivo + money.* sacar el mejor partido de = get + the best out of.* sacar el mejor partido de Algo = make + the best advantage of, make + the best use of, make + the best possible use of.* sacar el mejor partido posible = get + the best of both worlds, get + the best of all worlds.* sacar en préstamo = charge out, check out.* sacar extractos de = excerpt.* sacar faltas = find + fault with.* sacar haciendo palanca = pry + Nombre + out, prise + Nombre + out.* sacar haciendo sifón = siphon out.* sacar ilegalmente = smuggle out.* sacar la basura = take out + the garbage.* sacar las castañas del fuego = sort out + the mess, pick up + the pieces.* sacar las cosas de quicio = blow + things (up) out of (all) proportion.* sacar lecciones de = draw + lessons from.* sacarle defectos a todo = nitpick.* sacarle dinero a Alguien = wrestle + money from.* sacarle faltas a todo = nitpick.* sacarle las castañas del fuego a Alguien = pull + Posesivo + chestnuts out of the fire.* sacarle partido a = make + an opportunity (out) of.* sacarle un bocado a = take + a bite out of.* sacar libro en préstamo = borrow + book.* sacar los pies del plato = break out of + the box.* sacar los pies del tiesto = break out of + the box.* sacar más partido = get + more for + Posesivo + money.* sacar mayor partido a = squeeze + more life out of.* sacar mayor provecho = stretch + further.* sacar mejor partido = get + more for + Posesivo + money.* sacar + Nombre + de = extricate + Nombre + from.* sacar partido = take + advantage (of), exploit + benefits.* sacar partido a una oportunidad = capitalise on + opportunity.* sacar perforando = drill out.* sacar poco a poco = tease out.* sacar por impresora = print + off-line, print out + off-line.* sacar provecho a una oportunidad = capitalise on + opportunity.* sacar provecho de = capitalise on/upon [capitalize, -USA], cash in on, ride (on) + Posesivo + coattails.* sacar punta = sharpen.* sacar rápidamente = whip out.* sacarse los mocos = pick + Posesivo + nose.* sacar tirando = haul out.* sacar una conclusión = draw + conclusion.* sacar una deducción = draw + inference.* sacar una foto = take + a shot.* sacar una fotografía = take + picture.* sacar una impresión = gain + picture.* sacar una prueba = pull + a proof.* sacar unas notazas = pass with + flying colours.* sacar un diez = score + an A.* sacar un ojo = gouge + eye out.* sacar ventaja = gain + one-upmanship.* * *sacar [A2 ]vt1 ‹cartera/dinero/lápiz› to take out, get out; ‹pistola› to draw, get out; ‹espada› to draw sacar algo DE algo to take sth OUT OF sthlo saqué del cajón I took o got it out of the drawersacar el pollo del horno take the chicken out of the oven, remove the chicken from the oven ( frml)sacaron agua del pozo they drew water from the well2 ‹muela› to pull out, take out; ‹riñón/cálculo› to removeme sacaron sangre para hacer los análisis they took some blood to do the testssaqué la astilla con unas pinzas I got the splinter out with a pair of tweezersdeja que te saque esa espinilla let me squeeze that pimple for youme vas a sacar un ojo con ese paraguas you'll have o poke my eye out with that umbrella!3 ‹diamantes/cobre› to extract, minesacamos petróleo de debajo del mar we get oil o ( frml) extract petroleum from under the sea4 ‹conclusión› to draw¿sacaste algo en limpio de todo eso? did you (manage to) make anything of all that?primero tienes que sacar la raíz cuadrada first you have to find o extract the square rootB (de una situación) sacar a algn DE algo:aquel dinero los sacó de la miseria that money released them from their life of poverty¿quién lo va a sacar de su error? who's going to tell him he's wrong o put him right?me sacó de una situación muy difícil she got me out of a really tight spotpagaron la fianza y la sacaron de la cárcel they put up bail and got her out of prison¿por qué lo sacaron del colegio? why did they take him out of o take him away from the school?C (de una cuenta, un fondo) to take out, get out ( colloq)tengo que sacar dinero del banco/de la otra cuenta I have to get o draw some money out of the bank/draw o take some money out of the other accountsólo puede sacar tres libros you can only take out o borrow three booksD ‹cuenta/suma/ecuación› to do, work out; ‹adivinanza› to work outsaca la cuenta y dime cuánto te debo work it out and tell me how much I owe youE (poner, llevar fuera)1 ‹maceta/mesa› to take outsaca las plantas al balcón put the plants out on the balcony, take the plants out onto the balconysácalo aquí al sol bring it out here into the sunsacaron el sofá por la ventana they got the sofa out through the windowsacar algo DE algo to take o get sth OUT OF sthno puedo sacar el coche del garaje I can't get the car out of the garage2 ‹persona/perro›los saqué a dar una vuelta en coche I took them out for a ride (in the car)lo tuvimos que sacar por la ventana we had to get him out through the windowla sacaron en brazos they carried her outsaca el perro a pasear take the dog out for a walksacar a algn DE algo to get sb OUT OF sth¡socorro! ¡sáquenme de aquí! help! get me out of here!su marido no la saca nunca de casa her husband never takes her outlo sacaron de allí a patadas they kicked him out of there3sacar a algn a bailar to ask sb to dance4 ‹parte del cuerpo›saca (el) pecho stick your chest outme sacó la lengua he stuck o put his tongue out at meno saques la cabeza por la ventanilla don't put your head out of the windowF (poner en juego) ‹carta› to play, put down; ‹pieza/ficha› to bring outG ‹dobladillo› to let down ‹pantalón/falda› (alargar) to let down; (ensanchar) to let outA ‹pasaporte/permiso› to get; ‹entrada› to get, buyya he sacado el pasaje or ( Esp) billete I've already bought the ticket o got my ticket¿sacaste hora para la peluquería? did you make an appointment at the hairdresser's?he sacado número para la consulta de mañana I've made an appointment with the doctor tomorrowsacar una reserva to make a reservation, to book¡qué tipo más buen mozo! ¿de dónde lo habrá sacado? wow, he's good-looking! where do you think she got hold of o found him? ( colloq)B1 sacar algo DE algo ‹idea/información› to get sth FROM sthsaqué los datos del informe oficial I got o took the information from the official report2 sacarle algo A algn ‹dinero/información› to get sth OUT OF sbno le pude sacar ni un peso para la colecta I couldn't get a penny out of him for the collectionle sacaron el nombre de su cómplice they got the name of his accomplice out of him, they extracted the name of his accomplice from hima ver si le sacas quién se lo dijo see if you can find out who told her, try and get out of her who it was who told herC1 ‹calificación/nota› to getsaqué un cinco en química I got five out of ten in chemistry2 ‹votos/puntos› to getel partido sacó tres escaños the party got o won three seats3 (en juegos de azar) ‹premio› to get, wincuando saque la lotería when I win the lotterytiró los dados y sacó un seis she threw the dice and got a sixsaqué la pajita más corta I drew the short straw4 ( Esp) ‹examen/asignatura› to passno creo que saque la física en junio I don't think I'll pass o get through physics in JuneD ‹brillo› to bring outfrotar para sacarle brillo rub to bring out the shine o to make it shineesa caminata le sacó los colores that walk brought the color to her cheeksE ‹beneficio› to getno vas a sacar nada hablándole así you won't get anywhere talking to him like that¿qué sacas con amargarle la vida? what do you gain by making his life a misery?le sacó mucho partido a la situación he took full advantage of the situationcon este trabajito saco (lo suficiente) para mis vicios I earn a little pocket money with this jobsaqué unas £200 en limpio I made a clear £200le sacó diez segundos (de ventaja) a Martínez he took a ten-second lead over Martínezel hijo ya le saca 10 centímetros ( fam); his son is already 10 centimeters taller than he issacar algo DE algo:no ha sacado ningún provecho del cursillo she hasn't got anything out of o ( frml) hasn't derived any benefit from the coursetienes que aprender a sacar partido de estas situaciones you have to learn to take advantage of these situationsno sacaron mucho dinero de la venta they didn't make much money on o out of o from the saleF sacar algo DE algo ‹porciones/unidades› to get sth OUT OF sthde esa masa puedes sacar dos pasteles there's enough pastry there to make o for two pies, you can get two pies out of that amount of pastryG(heredar): ha sacado los ojos verdes de la madre he's got his mother's green eyes, he gets his green eyes from his motherA1 ‹libro› to publish, bring out; ‹película/disco› to bring out, release; ‹modelo/producto› to bring outhan vuelto a sacar la moda de la minifalda the miniskirt is back in fashionsacaron el reportaje en primera plana the report was published o printed o the report appeared on the front page2 ‹tema› to bring up3 ( Esp) ‹defecto/falta› (+ me/te/le etc) to finda todo le tiene que sacar faltas he always has to find fault with everything4 ( Esp) ‹apodo› to giveBsacar adelante: gracias a su empeño sacaron adelante el proyecto thanks to her determination they managed to get the project off the ground/keep the project goingluché tanto para sacar adelante a mis hijos I fought so hard to give my children a good start in lifetengo que sacar adelante la misión que me fue encomendada I have to carry out the mission that has been entrusted to meC1 ‹foto› to take2 ‹copia› to make, take3 ‹apuntes› to make, takeD ( Dep) ‹tiro libre/falta› to takeA ( esp AmL)1 ‹botas/gorro/tapa› sacarle algo A algn/algo to take sth OFF sb/sth¿me sacas las botas? can you pull o take my boots off?tengo que sacarles el polvo a los muebles I have to dust the furniture2(apartar): saca esto de aquí que estorba take this away, it's in the waysaquen los libros de la mesa take the books off the tablemejor sacarlo de en medio ahora we'd better get it out of the way now3 ‹programa› to switch off; ‹disco› to take offB( RPl) ‹pertenencia› sacarle algo a algn to take sth from sbno se lo saques, que es suyo don't take it (away) from him, it's his¿cuánto te sacan en impuestos? how much do they take off in taxes?, how much do you get deducted o ( AmE) withheld in taxes?C ( esp AmL) (hacer desaparecer) ‹mancha› to remove, get … out; ‹dolor› to get rid ofes una idea descabellada, a ver si se la podemos sacar de la cabeza it's a crazy idea, we should try to talk him out of itme sacas un peso de encima you've taken a great weight off my mindtenemos que sacarle esa costumbre we have to break him of that habit■ sacarvi1 (en tenis, vóleibol) to serve2 (en fútbol) to kick offsacó de puerta/de esquina he took the goal kick/cornersaca de banda he takes the throw-in■ sacarse( refl)A(extraer): ten cuidado, te vas a sacar un ojo be careful or you'll poke o take your eye outme tengo que sacar una muela ( caus) I have to have a tooth outsacarse algo DE algo to take sth OUT OF sthsácate las manos de los bolsillos take your hands out of your pocketssácate el dedo de la nariz don't pick your noseB ( esp AmL)1 ‹ropa/zapatos› to take offse sacó el reloj she took off her watch2(apartar, hacer desaparecer): sácate el pelo de la cara get o take your hair out of your eyessacarse el maquillaje to remove o take off one's makeupno me puedo sacar el dolor con nada no matter what I do I can't seem to get rid of the painno pudimos sacárnoslo de encima we just couldn't get rid of himC (Chi, Méx) ‹calificación/nota› to getme saqué un 6 en español I got 6 out of 10 in Spanish* * *
sacar ( conjugate sacar) verbo transitivo
1 ( extraer)
‹pistola/espada› to draw;
sacar algo DE algo to take o get sth out of sth;◊ lo saqué del cajón I took o got it out of the drawer
‹riñón/cálculo› to remove;
2 (poner, llevar fuera)
tuvimos que sacarlo por la ventana we had to get it out through the window;
sacar el perro a pasear to take the dog out for a walk;
sacar el coche del garaje to get the car out of the garageb) ( invitar):
sacar a algn a bailar to ask sb to dance
◊ me sacó la lengua he stuck o put his tongue out at me
3 ( retirar) to take out;◊ sacar dinero del banco to take out o withdraw money from the bank
4 ( de una situación difícil) sacar a algn DE algo ‹de apuro/atolladero› to get sb out of sth
5 (Esp) ‹ dobladillo› to let down;
‹pantalón/falda› ( alargar) to let down;
( ensanchar) to let out
( obtener)
1 ‹pasaporte/permiso› to get;
‹entrada/billete› to get, buy
2
3 ‹ beneficio› to get;
‹ ganancia› to make;◊ ¿qué sacas con eso? what do you gain by doing that?;
no sacó ningún provecho del curso she didn't get anything out of the course
4 sacar algo DE algo ‹idea/información› to get sth from sth;
‹porciones/unidades› to get sth out of sth;
sacarle algo A algn ‹dinero/información› to get sth out of sb
5 ‹ brillo› to bring out;
1
‹ disco› to bring out, release;
‹modelo/producto› to bring out
‹ copia› to make, take;
‹ apuntes› to make, take;
2
( salvar de la crisis) to keep sth going;◊ luché tanto para sacar adelante a mis hijos I fought so hard to give my children a good start in life
3 (Dep) ‹tiro libre/falta› to take
( quitar) (esp AmL)a) sacarle algo A algn ‹botas/gorro› to take sth off sbb) sacarle algo a algo ‹tapa/cubierta› to take sth off sthc) ( retirar):
saquen los libros de la mesa take the books off the table
verbo intransitivo (Dep) (en tenis, vóleibol) to serve;
( en fútbol) to kick off
sacarse verbo pronominal ( refl)
1 ( extraer) ‹astilla/púa› to take … out;
‹ ojo› to poke … out;
sacarse algo DE algo to take sth out of sth;
sácate las manos de los bolsillos take your hands out of your pockets
2 (AmL) ( quitarse) ‹ropa/zapatos› to take off;
‹ maquillaje› to remove, take off
3
sacar
I verbo transitivo
1 (de un sitio) to take out
sacar la cabeza por la ventana, to stick one's head out of the window
sacar dinero del banco, to withdraw money from the bank
2 (un beneficio, etc) to get
3 (extraer una cosa de otra) to extract, get: de la uva se saca vino, you get wine from grapes
4 (una solución) to work out
sacar conclusiones, to draw conclusions
5 (descubrir, resolver) no consigo sacar esta ecuación, I can't resolve this equation
6 (un documento) to get
7 (una entrada, un billete) to buy, get
8 (de una mala situación) sacar a alguien de algo, to get sb out of sthg
sacar de la pobreza, to save from poverty
9 (manifestar, dar a conocer) de repente, sacó su malhumor, he got into a strop all of a sudden
10 (una novedad) han sacado un nuevo modelo de televisor, they've brought out a new television model again
11 (poner en circulación) to bring out, release
12 familiar (producir) esa máquina saca más de 2.500 piezas a la hora, this machine can produce more than 2,500 parts an hour
(una fotografía, una copia) to take
13 familiar (aparecer alguien o algo en un medio de comunicación) lo sacaron por la tele, it was on television
14 familiar (superar a alguien en algo) ha crecido mucho, ya le saca la cabeza a su padre, he's grown a lot o he's already taller than his father
15 (un jugador una carta o una ficha) to draw
16 (una mancha) to get out
17 Cost (de largo) to let down
(de ancho) to let out
II vi Dep (en tenis) to serve
(en fútbol, baloncesto, etc) to kick off
♦ Locuciones: sacar a alguien a bailar, to ask sb to dance
sacar a relucir, to point out
sacar adelante, to keep going
sacar en claro o limpio, to make sense of
sacar la lengua, to stick one's tongue out
sacar pecho, to thrust one's chest out
' sacar' also found in these entries:
Spanish:
achicar
- basura
- bota
- brillo
- cara
- casilla
- chupar
- clara
- claro
- colación
- concurso
- contrarreloj
- descargar
- desorbitar
- destripar
- espaldarazo
- estárter
- exigible
- flote
- fuego
- invertir
- jugo
- liberar
- listada
- listado
- moldear
- noria
- pegote
- penetrar
- provecho
- punta
- quicio
- relucir
- sacacorchos
- sangrar
- subastar
- tajada
- trapo
- varar
- ajustar
- apunte
- billete
- carné
- cuenta
- desengañar
- esquina
- limpio
- luz
- músculo
- nota
English:
assign
- back
- bail out
- bash out
- benefit
- book
- bring out
- capital
- capitalize
- carry
- carry through
- centre
- cheese
- dig out
- dig up
- dislodge
- draw
- draw out
- dredge up
- exercise
- extricate
- find
- float
- from
- get out
- get round to
- gouge out
- jam
- job
- jump
- out
- photograph
- poke out
- polish
- polish up
- produce
- profit
- pull
- pull out
- pump out
- put out
- reel in
- release
- responsible
- run off
- scoop
- scoop out
- score
- serve
- sharpen
* * *♦ vt1. [poner fuera, hacer salir, extraer] to take out;[pistola, navaja, espada] to draw; [naipe, ficha] to play; [carbón, oro, petróleo] to extract;sacar agua de un pozo to draw water from a well;sacó la lengua she stuck her tongue out;¡saca las manos de los bolsillos! take your hands out of your pockets!;sacó la mano/la cabeza por la ventanilla he stuck his hand/head out of the window;habrá que sacar los zapatos a la terraza we'll have to put our shoes out on the balcony;¿de qué carpeta has sacado estos papeles? which folder did you take these papers out of?;¿cómo lo vamos a sacar de ahí? how are we going to get him out of there?;me sacaron de allí/a la calle por la fuerza they threw me out of there/into the street by force;sacar a alguien a bailar to ask sb to dance;sacar a pasear al perro to walk the dog, to take the dog for a walk;nos sacaron algo de comer they gave us something to eat;Ven Famsacar la piedra a alguien to make sb mad2. [quitar] to remove (de from); [manchas] to get out, to remove (de from); [espinas] to get o pull out (de from);el dentista me sacó una muela I had a tooth out at the dentist's;sacarle sangre a alguien to draw blood from sb;RP¿quién me sacó el diccionario? who's taken my dictionary?3. [obtener] [carné, certificado, buenas notas] to get;[entradas, billetes, pasajes] to get, to buy; [datos, información] to get, to obtain; [premio] to win;¿qué sacaste en el examen de inglés? what did you get for o in your English exam?;saqué un ocho I got eight out of ten;sacar dinero del banco to get o take some money out of the bank;¿de dónde has sacado esa idea? where did you get that idea (from)?;lo que sigue está sacado de la Constitución the following is an extract from the Constitution;la sidra se saca de las manzanas cider is made from apples;de esta pizza no sacas más de seis raciones you won't get more than six portions from this pizza;¿y qué sacamos con reñirle? what do we gain by telling him off?, what's the point in telling him off?;¿y yo qué saco? what's in it for me?gracias por sacarme del apuro thanks for getting me out of trouble;5.000 pesos no nos van a sacar de pobres 5.000 pesos isn't exactly enough for us never to have to work again5. [realizar] [foto] to take;[fotocopia] to make; RP [apuntes, notas] to take;siempre me sacan fatal en las fotos I always look terrible in photos;juntaos, que no os saco a todos move closer together, I can't fit you all in the photo like thatno me sacarán nada they won't get anything out of me7. [nuevo producto, modelo, libro] to bring out;[disco] to release;ha sacado un nuevo disco/una nueva novela he has a new record/novel outyo no fui el que sacó el tema it wasn't me who brought the matter up in the first place;sacó su mal humor a relucir he let his bad temper show9. [resolver, encontrar] to do, to work out;[crucigrama] to do, to solve;sacar la cuenta/la solución to work out the total/the answer;sacar la respuesta correcta to get the right answer;siempre está sacando defectos a la gente she's always finding fault with people10. [deducir] to gather, to understand;sacar una conclusión to come to a conclusion;sacar algo en consecuencia de algo to conclude o deduce sth from sth;lo leí tres veces, pero no saqué nada en claro o [m5] limpio I read it three times, but I couldn't make much sense of itmi hijo ya me saca la cabeza my son's already a head taller than me12. [en medios de comunicación] to show;sacaron imágenes en el telediario they showed pictures on the news;sacaron imágenes en el periódico they printed pictures in the newspaper;[de largo] to let down14. Am [camisa, zapatos] to take off;sácale la ropa al niño get the child undressed15. [en deportes] [en tenis, voleibol] to serve;sacar un córner/una falta to take a corner/free kick16.[negocio, proyecto] to make a go of;sacar adelante [hijos] to provide for;sacó sus estudios adelante she successfully completed her studies;no sé cómo vamos a sacar adelante la empresa I don't know how we're going to keep the company going;saca adelante a su familia con un mísero salario he supports his family on a miserable salary♦ vi[en fútbol, baloncesto, hockey] to put the ball into play; [en tenis, voleibol] to serve;sacar de banda/de esquina/de puerta to take a throw-in/corner/goal kick* * *v/t1 take out;sacar de paseo take for a walk;sacar a alguien a bailar ask s.o. to dance2 mancha take out, remove4 fotocopias make;le sacó bien PINT, FOT that’s a good picture of you5 ( conseguir) get;sacar información get information;¿de dónde has sacado el dinero? where did you get the money from?;sacar un buen sueldo make good money6:sacar a alguien de sí drive s.o. mad;sacar algo en claro ( entender) make sense of sth;me saca dos años he is two years older than me* * *sacar {72} vt1) : to pull out, to take outsaca el pollo del congelador: take the chicken out of the freezer2) : to get, to obtainsaqué un 100 en el examen: I got 100 on the exam3) : to get out, to extractle saqué la información: I got the information from him4) : to stick outsacar la lengua: to stick out one's tongue5) : to bring out, to introducesacar un libro: to publish a booksacaron una moda nueva: they introduced a new style6) : to take (photos)7) : to make (copies)sacar vi1) : to kick off (in soccer or football)2) : to serve (in sports)* * *sacar vb2. (conseguir) to get3. (arrancar) to get out8. (producir) to make9. (invitar) to ask10. (en tenis) to serve11. (en fútbol para empezar) to kick off12. (aventajar) to get ahead of -
15 carraca
Carraca, esta palabra significa comida, condimentos, conquivus, (cacharros, etc.). Cuando íbamos a llindiar el ganáu disdi ‘l albiar el díe fasta que tapecíe, (cuidar el ganado desde el amanecer hasta el oscurecer) llevábamos la carraca nun cabaxín, zurronacu ou cestacu cualquier, (cabás, zurrón o cualquier otro cesto). Les muyeres baxaben al merquéu ya traíen la carraca pa toa la xemana. (Las mujeres bajaban al mercado y compraban si tenían dinero lo que se necesitase en la casa para toda la semana). Carraca tamén lu ye lu que lus vaqueirus chebaban disdi la teixá pal sou cabanu ou corte de la braña, dunde a lu mexor taben un fatáu de díes xin baxar a l'aldina, per ístu llebaben un carracáu de couxes que ñecexitaben. (Carraca también es lo que los vaqueros llevaban desde casa para sus cabañas del puerto, las morteras o los prados, donde a lo mejor estaban unos días sin bajar a la aldea, por esto subían muchas cosas que necesitaban y no todas eran para comer sino que algunas eran simples cacharros, o humildes mantas. Y carraca hermanos míos, era la que hacía mi madre y todas las vindas de los rojos, cuando todas las semanas iban a visitar a sus maridos a la Cárcel Modelo de Oviedo, como por las demás no puedo hablar, porque yo no sé cómo se arreglaban las pobrecitas, aunque me supongo que muchas hasta pidiendo limosna, sí que lo puedo hacer de mi madre, que todos los martes era el día que tenía de comunicación, y ella nunca sabía si le iba encontrar vivo, porque por aquellos tiempos fechus de llágrimes ya xufriencies, tous lus díes na carxel d'Uviéu achuquinaben cambrionáus enteirus de xóvenes astures y'anxina d’ista maneira tan achuquina, encalducá per prexones xin concencia, nin dinidá nin «Xusticia Humana», fexérun bon amagüestu de toes les xuventúes roxes d'Asturies, ya les pouques que nun achuquinarun llantárunlas nus batallones de trabayadores, dunde munchus morrierun achindi fartus de fames, de llatigazus ya vexaciones, ya lus oitres que xuerti tubieren de golguer pa la sou teixá, fexérunlu mamplenáus d'amollexíes que per mor d'echus tamén fatáus morrieron. Falaba you que carraca yera lu que miou má le chevaba ‘l miou pá tous lus martes a la carxel, que you nun séi lu que yera, perque na nuexa teixá nun había esconxolancia de nagua, peru lu que fora écha llantábalu tou nuna fardelaca, ya colaba na xuntura d'oitres muyeres de l'allina camín d'Uviéu tres ou catru gores endenantes qu’almaneciera, pos teníen qu'espatuxar alrreór de cuarenta quilómetrus andandu ya oitres tantus pa la regolguía, pos entoncenes nun valía faer el auto-stop que güéi se fae, perque tous lus cambriones ya coches cuaxi yeren millitares, y'angunus oitres yeren de lus drechistes, ya lus roxus nun teníamus namái que goxetáus mexeries, ya manegáus de miéu ‘l nuexu hermenu ‘l venceor, perque lus nuexus homes morrieran lluchandu nel frinti, ya lus oitres taben arretrigáus per les cárxeles dunde poucu a poucu lus achuquinaben ou lus esclavizaben nus batallones de trabayaóres, anxina yera que tou Asturies taba xemada de viudes, de vieyus ya de guaxiquinus güerfaninus, que tous nuexóitres, viétchus, muyeres ya nenus de lus roxus, díbamus ser esclavizáus inhumanamente baxu 'n enfernal xugu que nun nus dexaba más llibertá que la que nel xuenu cheldábamus. —Ya n'agora vou xebrame del trabayu d'enfilerar pallabres p'encalducalus cuamigu dientru d’ista hestoria dou tán lus raigones ya l'escola de nuexes costumes ya llingua. TRADUCCIÓN.—Por aquellos tiempos hechos de lágrimas y de grandes sufrimientos, todos los días que el Hacedor alumbraba, en la cárcel de Oviedo asesinaban camiones enteros de jóvenes astures, y así de esta manera tan despiadada y asesina, llevada a cabo por personas sin conciencia, ni dignidad ni ninguna clase de «Justicia Humana», llevaron a término casi el total exterminio de las juventudes rojas de Asturias, y las pocas que no asesinaron, las esclavizaron en los famosos batallones de trabajadores, donde muchos allí murieron hartos de hambre, de vejaciones y latigazos, y los pocos que tuvieron la suerte de volver a sus hogares, lo hicieron llenos de enfermedades que por mor de ellas también murieron bastantes. —Decía yo que carraca también era lo que mi madre le llevaba todos los martes a mi padre a la cárcel, que yo no sé lo que pudiera ser, porque en nuestra casa no había ninguna cosa de nada, pero lo que fuese ella lo metía dentro de una saca y marchaba en unión de otras mujeres de la aldea camino de Oviedo tres o cuatro horas antes que amaneciese, pues tenían que caminar alrededor de cuarenta quilómetros y otros tantos de retorno y todos los hacían andando, pues no servía hacer el auto-stop que hoy se hace, porque todos los camiones y coches casi eran militares, y algunos otros que había eran de los derechistas, pues los izquierdistas no teníamos nada más que grandes cantidades de miseria, así como de miedo a nuestro hermano el vencedor que jamás se portó nada bien con nosotros, porque nuestros hombres habían muerto en el frente, y los otros estaban presos en las cárceles, donde poco a poco les iban asesinando, o los esclavizaban en los campos de concentración o batallones de trabajadores, así era que toda Asturias estaba sembrada de viudas, de viejos y de niños huérfanos, que todos nosotros, viejos, mujeres y niños de las izquierdas, íbamos a ser esclavizados inhumanamente bajo el infernal yugo que no nos dejaba más libertad que la que en el sueño hacíamos. Y ahora me voy alejar del trabajo de poner en orden las palabras en este diccionario, para llevarles conmigo a los lugares donde yo he aprendido la dulce lengua de Asturias, que no es otro lugar que la escuela donde vivían las raíces y costumbres de Nuestro Pueblo, pues no se pueden buscar nuestras falancias en ningún otro lugar ni parte. Por esto les digo ahora, que si yo no hubiese vivido tan simple, sencilla, pobre, miserable, esclavizadora y dentro de la más natural de la «RAIZ ANCESTRAL DE ASTURIAS», ni yo ni nadie podría legarle a mi «AMADA ASTURIAS» ni a sus «HIDALGAS GENTES», la documentación pura, natural y sencilla que pueda tener este diccionario, porque desde estas mis simples líneas y mirándome muy mucho de lo que digo, les afirmo que hay muy poco fiable por no decir nada, escrito de nuestras costumbres y lengua. «DIES D’ENFERNU» (DÍAS DE INFIERNO) —Yera you 'n zaragoletu, 'n guaxiquín, un nenacu, 'n rapacín (un niño de unos ocho años), cundu la ñecexidá más prieta me fexera depriender lu que yera ‘l dollor, la xufriencia, l’inxusticia, lu pior qu'el Home pudiés encaldar d'enría lus sous xemexantes, you yera ún de lus miles d'anxelinus de miou Tierra que diba faer arroxaúra nel vivir d’ enfernu que m’aguardaba. Xin, fatáus de güérfanus lu mesmu que you, que güéi nel díe xuntu con nuexes familias, ente fius, ñetus, ya tou ‘l andecháu de parantela xomus más de la metá de les xentes d'Asturias, peru naquechus tempus d'achuquinus ya inxusticies nun yéramus namái qu'unus guaxiquinus dexamparáus de la man del Faidor ya del Home, ya tous noxóitres tubiemus que catanus el xustentu de fatáus de maneires diferientes, la miou per exemplu fó'ísta. COLOCOUME MIOU Má de cabrieru na teixá d'un amu baldrayu y atuñáu, llabascu y'achuquín tan solu per que me diera de comer ya me vistiera dalgu, peru ‘l condenáu matábame de fame, ya la vestimenta que punxu d'enría ‘l miou llombu conxistía nun calzáu que la metá ‘l tempu espatuxaba con las patas arregañás, apaxiétchau con unus fatucus tous esgacicáus que per tous lus lláus diben les mious carnis al entestate, acaniláes per el callor ya ‘l fríu en tou ‘l tempu. —Tenía yo aproximadamente ocho años de edad cuando me asesinaron a mi padre, y me recuerdo con toda exactitud cómo la ley de aquel tiempo llevó a cabo tan imperdonable, deshumanizante y vandálica felonía. —Nuna nuétche (una noche) llegaron a la casa de unos tíos míos que en mi aldea vivían y donde mis padres y yo nos refugiamos al término de la guerra en Asturias cuatro desalmados, cuatro bandoleros, cuatro inmundicias humanas, que escudados tras de sus armas empuñadas, representaban l'enñordiada Lley (LA SUCIA LEY) que en aquellos tiempos a la Justicia traicionaba, cuento yo, que aquellos cuatro merucus (gusanos), atemorizando e insultando a toda mi familia, detuvieron a mi padre, le amarraron como a la bestia que se lleva al matadero y se lo intentaron llevar de la casa, sin que mis tíos, (y la cosa no era para menos), intentasen pronunciar asustados como se encontraban ni la más mínima palabra de súplica o protesta. Pero mi madre no les secundó, sino que bravamente intentó defender al sou home (a su marido) no sólo con la palabra, que mi madre la tenía d'aguxa lu mesmu qu’un bon obreiru (de afilada lo mismo que un buen aguijón), sino que temerariamente se abalanzó sobre ellos y fuele preciso a uno de aquellos cobardes y desalmados representantes de la deshumanizada ley que corría en aquellos tiempos, de propinarle varios golpes con la pistola, dejándola mal herida y ensangrentada, tirada en el suelo con el conocimiento perdido. Mientras que aquellos bandidos, se llevaban a mi padre sin permitirle que de mi se despidiera, y tan solamente le he podido ver por última vez, tres les rexes de la cárxel d'Uvieu 'n die 'ndenantes que l'achuquinaren. (Detrás de las rejas de la cárcel de Oviedo, un día antes de que le asesinasen). Pronto mi madre y yo, llenos de la más desolante de las tristezas, y vestidos con el traje de las más indigentes miserias y pobrezas, nos marchamos de la casa de mis tíos y nos asentamos en la abandonada, vieja y destartalada casa de mi abuela. Y sin muebles, ni nada, los dos juntos, como grandes e indomables luchadores que hemos sido siempre, dimos comienzo sin desfallecer ni un momento, a la dura lucha por la vida, sin que nadie jamás nos ayudara. Empecé a ganarme la vida como pastor, a la corta edad de que cualquier niño sólo pensaría en jugar, comer cuando tuviese hambre y recibir de continuo montones de caricias y de amor, yo sin embargo, a pesar de no poseer nada de todas estas maravillosas cosas, era en extremo a mi manera feliz. Marchaba todas las mañanas con mi ganado al monte, donde permanecía todo el día, tan sólo con la compañía que me brindaba mi fiel y siempre por mí con cariño recordado Pelayu, que era un perro, de una inteligencia y sentimientos, que más bien que un chuchu (perro), parecía aquel singular animal un ser humano. Luego por las tardes, cuando el sol se escondía por detrás de las altas cumbres, retornaba feliz a la aldea, siempre lleno de contentura, cantando las más de las veces, amenizado por el potente tañir del zumbiétchu (cencerro) que llevaba colgado al cuello el semental del rebaño. Una mañana como tantas otras me encaminé con mi rebaño al monte y seria como a la media tarde cuando a la entrada de una cueva que se asentaba en un lugar casi inaccesible me encontré medio enterrado con las piedras y la escasa tierra que hacían la reducida plataforma de la portada de la caverna, un pequeño aro de oro, yo he tenido por así decirlo desde mi infancia la inmensa suerte de poseer una imaginación tan inmensamente dislocada, que por tal solían decirme mis vecinos, que era yo el rey de las mentiras, así como el más hábil inventor de endemoniados cuentos. El caso era, que aquel misterioso anillo abandonado a tan larga distancia de mi aldea y en lugar tan argutosu (estrecho, alto, inaccesible), hiciéronme presto pensar, que aquella joya no había llegado a tal escondrijo por sí sola, sino que desde luego alguien la había traído. En el momento mi imaginación desbordante de una alegría que no encontraba un fin para frenarla, comenzó a fomentar sin el menor titubeo la fantástica idea de que en el interior de aquella caverna debía de encontrarse un tesoro de preciosas joyas y valorativas monedas, y quién le había ocultado sabe Dios cuando, seguramente habría perdido aquel anillo que por casualidad yo encontrara. Así pues, ya firmemente convencido, adentreme temerariamente sin el menor temor por la angosta cueva con las miras de apoderarme de aquella inmensa riqueza que según mi soñativa imaginación me había hecho comprender que en su interior me estaba aguardando. Pero aquel día no conseguí mi feliz propósito, porque era la caverna más larga de lo que había pensado y la oscuridad que en ella reinaba me hacía ciego de toda luz. Senteme en su entrada muy desilusionado al no poder lograr lo que había soñado, pero pronto mi mente empezó a dibujarme mil dispares tesoros, pues por el rastro que descubriera seguramente que dentro de la gruta se hallaría escondida alguna chalga (tesoro) guardado con toda seguridad por una Xana, Xumiciu, Trasgu o Culiebru (dioses de la Mitología asturiana), pues al decir de el abuelo Nicomedes cuando en las largas veladas de los inviernos y sin jamás interrumpirle con grande contentura le escuchábamos las leyendas, cuentos e historias que él lúcida y socarronamente nos contaba, afirmándonos siempre que eran tan ciertos sus relatos, como que todos habíamos nacido para morir. Y cuando hablaba de las chalgas aseguraba que tal o cual vecino, morador de esta o aquella aldea, se había hecho de la noche a la mañana rico al haber encontrado una chalga. También afirmaba poniéndose muy serio alegando unos razonamientos que convencían, que las montañas que rodeaban nuestra aldea había muchas chalgas escondidas, que fueron sepultadas hacía muchos siglos por los invasores moros, que al ser vencidos por los astures y al no poder huir con tan pesados tesoros, los ocultaban en las montañas con las miras de poder regresar algún día a desenterrarlos. Como cuento, yo en aquellos momentos vivía alborozado, sumergido en una disloca alegría al saberme ya dueño de aquella incontable riqueza, haciendo que mis inocentes ojos sonriesen felices inmersos en la imaginativa dicha de poder muy pronto liberar a mi madre de la pobreza y quitarla del agobiador trabajo que faenaba trabajando en los eros de los vecinos de estrella a estrella por un miserable sueldo andechandu (en cuadrilla) todos los días. Y así pensando todas las dichas que mi infantil mente podía imaginar, rodeado por el sepulcral silencio que envolvía la grandiosidad de las montañas, rasgado de vez en cuando por el potente y agudo graznido que desde los peñascos más inaccesibles, o desde los infinitos espacios donde con majestuosidad planeaban, lanzaban las útres (águilas), que con ojos inquisitivos oteaban con hambrientas intenciones los escabrosos riscos y las empinadas fistietchas (pequeños valles encajonados entre las peñas), con la esperanza achuquinante (asesina) de poder atrapar con la rapidez del rayo, algún recental que se hubiese xebrau (apartado) de su madre. También aquel silencio que invitaba a la meditación era con más continuidad cortado, por el dinámico tañir del zumbiétchu (pequeño cencerro) que colgaba del brioso cuello del macho cabrio, conductor y semental del rebaño. Como cuento, allí permanecía ensimismada mi mente en el soñar despierto, fabricando sin trabas de la misma nada, las más disparatadas y fabulosas dichas, que harían la felicidad de mi madre junto con la mía. Llegó casi sin enterarme el atapecer del día (al oscurecer) y fue entonces cuando desperté con prisa del maravilloso soñar donde vivía, y raudo, con agilidad y destreza que hoy al recordarla me causa dicha, reuní en pocos minutos mi rebaño, ayudado con eficacia por Pelayu, mi fiel, obediente, valiente y amaestrado perro, que no le tenía miedo a nada ni a nadie si exceptuamos al siempre mal intencionado y vigoroso macho semental de la reciétcha que yo allindiaba (ganado menudo que yo cuidaba). Y cuando ya el día agonizaba entre las negras vestimentas de la noche, entré en mi aldea conduciendo orgullosamente mi rebaño. A la entrada del pueblo sentado plácidamente fumándose un cigarro, estaba esperándome mi amo preocupado por mi tardanza y acercándose a mí, con palabras desaforadas e insultantes, a la par que me reprendía con dureza, me preguntaba el por qué me había demorado tanto. No recuerdo lo que le contesté, ni la historia que le largué, lo que si sé, que no se creyó de ella nada, pues todas las gentes que me conocían bien sabían, que yo confundía la verdad con la mentira haciendo con entrambas las más inverosímiles y dislocadas historias. Sin embargo, lo que yo sabía muy bien, era que aquel miserable labriego de mi aldea, que tenía la desgracia de cuidarle sus ganados, por la triste desgracia de una comida infame y peor vestimenta, no le incomodaba en absoluto que yo llegase tarde o que me despeñara desde un serapu (peña) y me escontonara la motchera (rompiera la cabeza), lo único que le preocupaba al condenado, era que llegasen a su teixada (casa) sanos y fartus (hartos) todos sus ganados. Al siguiente día bien de mañana como de continuo hacía, con un poco de sabadiegu (chorizo malo) un cantezu (pedazo) de pan moreno y cuatro manzanas dentro de mi zurrón, salí de mi aldea afaluchandu (arreando) el rebaño, y con aquellas miserables viandas que llevaba en mi morral, tenía que aguantar todo el día en el monte corriendo sin descanso tras aquella veceira (rebaño) de cabras. Lo que no sabía el condenado de mi amo, era que yo siempre que tenía hambre, le ordeñaba sus cabras dentro de una lata que tenía escondida en la montaña, hartándome tanto yo como mi fiel Pelayu de espumosa y fresca leche hasta el golifar (hastiar). Si el bastruya (zafio) de mi amo tan sólo hubiese sospechado que le mucía (ordeñaba) sus cabras todos los días, me hubiera eszarapau (despedazado) mi frágil cuerpo con un mamplén de cibiétchazus (con muchos palos). Espatuxaba (caminaba) yo muy contento aquella mañana, quizás lo hiciera mucho más feliz que nunca, arreaba mi rebaño con desacostumbrada prisa, porque ansias locas tenía de llegar a la montaña, para entrar de nuevo en la misteriosa cueva, pues ahora ya no tendría problemas con la obscuridad que en ella reinaba, ya que conmigo llevaba una caja de cerillas y un pequeño candil que le había arrapiegáu (hurtado, quitado) de la corte (cuadra, establo) a mi amo, y con aquella luz, sería capaz de bajar hasta las mismas entrañas de la tierra, si a tal lugar la caverna se extendiese. Aquella noche había dormido poco y soñado mucho, tanto despierto como dentro del desvelado sueño, y tanto de una manera como de la otra, siempre llegaba a la conclusión, de que dentro de aquella para mi misteriosa gruta se ocultaba una fabulosa chalga de la que iba ser yo su señor y dueño, y cuando tal me sucediese, ya no sería yo más criado de ningún rapiegu (zorro) amo, ni tampoco a mi querida madre se le encallecerían jamás las manos, efectuando esclavizantes trabajos, nunca para el prójimo bien servidos y siempre por él peor pagados, ni se partiría sus costillas refrescándose el cansancio en su propio sudor por las fincas de nuestros vecinos, por donde se arreventaba todos los días del año, por la mezquina soldada de una fuente no muy grande de harina, un cesto de patatas, o cualquier otra vianda que mitigase el enorme fantasma del hambre, que desde el fin de la guerra se había enseñoreado de nuestro indigente char (lar), que nos obligaba despiadadamente a unos ayunos tan sumamente raquíticos, que el día que comíamos algo en traza (algo mas), tal parecía que habíamos cometido un grave pecado. Cuando yo fuese dueño de aquel tesoro, (abanzaba seguido de Pelayu arreando con prisa los ganados camino de la argutosa «abrupta» montaña, a la par que imaginativamente iba pensando), compraremos una casa decente, buenas fincas y mejores ganados, y entonces nuestros vecinos nos mirarán con respeto, y no nos tratarán con el menosprecio y la esclavitud a que ahora nos someten. Llegué al fin hasta el lugar que por costumbre tenía de enveredar el ganado para que a su aire subiesen guareciendu (pastiando) como siempre hacían hasta llegar al final de la tarde que era cuando el rebaño solía alcanzar lo más alto de la montaña. Pero aquel día no seguí yo al redil como siempre hacía, sino que me adelante a él corriendo sin el menor cansancio laderas arriba, hasta que por fin sudoroso y galopante en la alegría llegué a la vecindad de la caverna. Pude comprobar sonriente a la par que cariñosamente acariciaba a Pelayu, cómo éste me miraba contrariado al ver que yo por primera vez había cambiado todos mis cotidianos hábitos. Ya que siempre nada más llegar al monte y dejar a las cabras a su albedrío pastiando, nos sentábamos en el lugar acostumbrado, y zampábamos sin pérdida de tiempo a partes iguales como buenos compañeros, la miserable comida que nos había servido nuestro amo. Después jugábamos incansablemente en mil dispares entretenimientos hasta quedarnos rendidos, y muchas veces tras de nuestros juegos, los dos juntos abrazados nos quedábamos profundamente dormidos y al despertarnos sino avistábamos el rebaño, corríamos alocados por la preocupación, por entre los abruptos riscos, y las espinosas malezas hasta lograr encontrarlo. Después otra vez gozosos retornábamos a nuestros juegos, o yo me quedaba mirando a las montañas ensimismado pensando, mientras que Pelayu se entretenía cazando grillos, u otros insectos, y otras veces con sus blancos y poderosos colmillos recorría con rabia su pelambrudo cuerpo, diezmando la cabanada (rebaño) de pulgas y otros parásitos que con su sangre se alimentaban. Como cuento, aquella mañana mi fiel Pelayu me miraba preocupado, pudiendo yo observar en sus vivarachos, picarescos e inteligentes ojos, una recriminación que me estaba haciendo, por su forma de ponerme sus fuertes patas en mi pecho, a la vez que me lamía entre pequeños y cariñosos ladridos mi rostro. Si con sus ladridos pudiese hablar mi lenguaje, seguramente que me diría. —No seas un iluso soñador, mi más querido y preciado compañero, no llegues con tu fantástico pensamiento hasta el extremo de acariciar ni tan siquiera cuanto te has imaginado. Comámonos con la alegría de que hacemos gala todos los días, esa mezquina comida que nos da nuestro despreciable amo, y juguemos con la inocente felicidad de siempre, ya que éste será el más grande tesoro que jamás podrás superar en tu vida. ¿Dónde podrás hallar una riqueza que se pueda comparar a la natural y sencilla felicidad que hoy gozas, aunque ésta se haga su camino dentro de la gran pobreza que te acompaña? Pero hoy yo sé fijamente, que aunque mi perro pudiese hablar, haciendo que en tal momento me asustase al presenciar tan grande milagro, y me dijese que no entrase en la cueva, porque lo que dentro de ella iba a encontrar sería mi propia muerte, la verdad es, que ni al mismo Faidor (Dios) en aquellos momentos yo no obedecería, y así de resuelto, encendí el candil, y sin el menor asomo de miedo, ya que la ilusión y la alegría que poblaban mi espíritu en aquel encaldar (hacer) eran tan inmensos, que empequeñecían hasta el ignoro cualquier otro sentimiento. Adentreme en la cueva que era iluminada tenuemente con la pobre luz que el candil despedía, siempre acompañado de Pelayu que tras de mí, el muy tuno de mi aventura se reía, no era larga la caverna, pues a treinta metros no alcanzaría, y cuando llegué al final, no encontré ni las Xanas, ni los Trasgus ni Xumicius, ni la chalga, preciado tesoro que yo perseguía, sólo había muchos cascos de avellanas y de nueces, algunas latas de conservas ya vacías, unos trapos manchados de sangre, unas mantas viejas y apoyadas en la rocosa y húmeda pared de la cueva, había varias armas de fuego que pronto me hicieron olvidar la riqueza que en un principio había imaginado que allí me aguardaría. Por primera vez en mi vida iba a tener juguetes, auténticos juguetes de verdad de los que usaban los hombres para asesinarse vilmente al igual que hacen los lobos cuando por su cuenta cogen un apacible rebano de ovejas. Dejé el candil en el suelo y elegí entre todas aquellas armas una brillante escopeta, lleno de contentura me senté encima de aquellas mantas y empecé a maniobrar con aquel peligroso juguete, yo sabía cómo se manejaba supuesto que mi amo tenía una escopeta muy parecida y le había visto limpiarla y cazar con ella algunas veces, durante algún tiempo estuve jugando con ella, de una canana que allí había saqué dos cartuchos que metía y sacaba dentro de su recámara, yo me creía en aquellos mis felices instantes el más grande cazador del universo. Pelayu que ya se había cansado de husmear por todas las partes y no habiendo encontrado nada donde llancái el diente (hincar) se tumbó en el suelo frente a mi mirándome sonriente y burlonamente, (porque aunque ustedes no lo crean, yo sé que los chuchos saben sonreir). Enojeme de Pelayu al ver como tan descaradamente se mofaba de mí, por eso encañonele con la escopeta con ánimo de amenazarle, pero cambió Pelayu de gesto rápidamente, levantose con rapidez del lugar donde estaba achucáu (costado), enseñome los clientes ladrándome muy enfadado y a la velocidad del rayo salió de la cueva, quizás porque el inteligente animal presentía, de que alguna desgracia iba a lleldar (hacer) yo con aquel mortífero artefacto, y no quería ser él quien primeramente la recibiese en su cuerpo. Aun permanecí algún tiempo en la gruta jugando a mi manera con las armas, y solamente cuando el candil por su guiños me hizo comprender que su luz ya se le estaba escosando (terminando), salí de la caverna con la escopeta en una mano, dos cartuchos en su recámara y el candil en la otra. En el exterior Pelayu correteaba detrás de los grillos y las camporinas (mariposas) al parecer ya libre de todo enfado. Ya cansado de jugar dejé la escopeta en el suelo y senteme tranquilamente al lado del zurrón, y en cuanto mi perro vio que ya había abandonado el arma, vino corriendo hacia mí, moviendo la cola y sonriéndome amigablemente. Allá abajo en la mitad del valle pude ver a mi rebaño cómo subía espenandu (comiendo) los pochitcus (enanas encinas), y yo de nuevo me volví a sentir feliz y contento a pesar de no encontrar la chalga que tanto con su riqueza había soñado e ideado. Comimos a hora desacostumbrada mi perro y yo aquella pobreza de comida, y tras de jugar un rato, él se quedó adormilado y yo comencé a pensar de quién serían aquellas armas. No me cabía la menor duda de que aquel arsenal de armas debía de ser de los fugáus (huidos), seguramente que eran de aquellos cuatro rapazones (mozos) que se entregaran a los soldados que estaban destacados en mi aldea. Yo los había visto en el cuartel que los militares tenían que era en la escuela de mi aldea, un amplio edificio que fuera regalado a la parroquia por unos indianos del chugar (lugar) que retornaran de las américas con la corexa betchá de cuartus (con la cartera llena de dineros). Recuerdo que aquel día que yo los vi, un soldado que de seguro sería el barbero, les estaba cortando el abundante pelo que lucían, y uno de los rapazus le dijo sonrientemente al militar. ¡No hace falta que te molestes mucho camarada, pues cuando un día de estos nos trasladeís a la cárcel de Oviedo, allí lo más seguro es que nos rebanen el pescuezo! EL MACHO CABRÍO Güelgu coyer el filu dóu d'endenantes m'enduébitchaba algamiandu na miou motchera alcuerdancies de cundu you yera guaxe, ya comu tóus non se puén cuntar per filera, per ísu xebreme d'aquín, pa dir p'acuchá, perque toes les couxes tienen la sou xaceda, ya non la quixéramus cataye nuexotrus. (Volviendo coger el hilo de los aconteceres que anteriormente en mi cerebro se barajaban dentro de las añoranzas de mi niñez, y como todos estos acaeceres no se pueden relatar en hilera, por eso me marché de éste, para ir al de más allá, que es de donde vengo ahora, porque todas las cosas tienen su propia postura, y no la que quisiéramos darle nosotros). Y aunque parecía que me había perdido por estar tan llargu lonxe (tan largo lejos) la verdad es que yo no pierdo el tiempo adornando los hechos que no deben de ser adornados, nin fiéndume en xebraures que van esfaese 'n probeces, perque 'l que non ye llicenciáu 'n filloxofía e lletres, non pué faer munches froritures con les pallabres nin les lletres, ya per ístu, tien que encaldase 'n aforrador d'istus dellicáus y'artifixusus monumentus, perque si lus mesmus que güéi día que lus manexan y'atreinan, la metá de les veces non xapien lu que falen, ya llanquen el focicu fasta les urées en telares de Pachu 'l Xabadiegu betcháus de poxa y'escosáus del granu que ye pelu que tóus muramus nista engochá vida, ¿qué fairé you que 'deprendí namái que tres meses nuna escola pública? (Ni me hondeo en deserciones que se deshagan en pobrezas, porque quienes no son licenciados en filosofía y letras, no pueden hacer muchas florituras con las palabras y las letras, y por esta razón, tienen que hacerse ahorrativos de estos delicados y artificiosos monumentos, porque si los mismos que hoy en día los manejan y cuidan, la mitad de las veces no saben muy bien ni la mitad de lo que escriben, ni otra pareja parte de lo que hablan, y meten por estos menesteres el hocico hasta las orejas, en cuestiones que los imposibilitan para después resolverlas, y si se aproximan a este nivelamiento, lo hacen sembrando una hierba productora de mermado grano, que es el punto primordial que todos intentamos recoger en esta cerda vida. Como cuento, si estos señores eruditos en estas materias se equivocan ¿qué puedo hacer yo, ¡pobre de mí!, que tan solamente he tenido la suerte de ir al colegio público tan sólo tres meses?). Cuento yo que me hallaba en aquellos mis infantiles pensares intentando saber a qué huidos pertenecían aquellas armas, y así dejé tal perder el mucho tiempo que me sobraba, cuando mis ojos retrataron el gran combate que a baja altura, muy por debajo de donde yo me encontraba, sostenían tres cuervos, que despiadada y valientemente le atacaban a un águila real, y ésta piando quizás por el dolor que le inferían los efectivos picotazos de los cuervos, o tal vez en su lenguaje maldiciéndoles llena de rabia por el no poder repeler el ataque de que era objeto. No podía defenderse de sus tenaces atacantes, porque todo su cuerpo en gran tensión estaba, ya que al volar tan bajo, todas sus enormes energías las precisaba para mover sin el menor descanso sus grandes alas, con el apremiante fin de salir de aquel espacio que al parecer pertenecía a los belicosos cuervos, que con ardorosa valentía y enquina ofensiva, disputaban tal natural privilegio, a las mismas soberanas de los cielos. Había yo presenciado muchas veces batallas entre las águilas y los cuervos, y siempre éstos las perseguían atacándoles por su parte posterior, hasta la altura donde el águila ya no necesitase mover sus alas para sostenerse, cuando esto sucedía, los cuervos precipitadamente abandonaban el combate, porque ellos sabían, que donde el águila pudiese planear, todo animal viviente que se acercara, encontraría entre sus poderosas garras una rápida muerte. Queriendo yo saber como es natural el por qué los cuervos atacaban a las águilas, un día que cuidando sus cabras junto a mí estaba un paisano llamado Máximo, que por apodo se le llamaba el «Puchegu», porque tenía tantas razones en sus hablares como palabras por su boca se alumbraran, a pesar de que el Puchegu no sabía leer ni escribir, sabía de cuentos más que el mismísimo Quevedo, e igual hacía cuando se le necesitaba de veterinario que de médico, atinaba casi siempre cuando iba a llover o hacer buen tiempo, en fin, que era Máximu el Puchegu en todas aquellas aldeas de mis amores, una Enciclopedia que aventajaría en mucho a todas las que en nuestros días nos sirven las grandes editoriales, industriadas por hombres estudiosos de las ciencias. Empezó mi amigo el Puchegu explicándome, que son los cuervos de las abruptosas montañas más bregáus (valientes) que los que moran en las valladas o pequeñas lomas, y todo porque la escasez de alimentos en las rocosas cumbres, es muy inferior a los que existen en los valles o montículos, y así como a los hombres la abundancia los hace temerosos y a veces hasta pusilánimes, y la necesidad o privaciones los vuelve por ley de vida temerarios y osados, en los animales ocurre en igual medida lo mismo, así pues, el cuervo defiende su pitanza no permitiendo que las águilas cacen a menor altura que la que les pertenece, y si desde tal situación descubren una pieza, y bajan con su endemoniado vuelo de alas plegadas la apresan y luego vuelven a elevarse al lugar que les corresponde, los cuervos no osarán ni tan siquiera molestarlas, pero si por el contrario descienden para dedicarse a cazar desde el lugar que no les pertenece, entonces los cuervos las atacan con verdadera saña y valentía y siempre logran hacerlas ascender hasta la posición que ellos consideran justa. Esto es así, porque desde tal altura las águilas sólo pueden divisar en tierra una pieza que ellos no cazan nunca, como puede ser un conejo, una pequeña res, un zorro, y hasta inclusive el mismo perro que con el pastor cuida el rebano, y también se han dado casos en que las águilas hasta han cazado un lobo, y con él entre sus garras han subido hasta sus utreras (nidos) donde le devoraban con la misma satisfacción que pudieran hacer cuando se afestinaban con las tiernas carnes de un inocente corderillo. Si las águilas pudiesen volar más bajo sin ser por los cuervos molestadas, también podrían cazar con gran facilidad, lagartos, culebras, etc., etc., y es ésta precisamente la comida que el cuervo defiende, por eso ataca al águila cuando ésta intenta apoderarse de la que él cree que es su exclusiva pertenencia. Terminó el águila al fin tras el ardoroso acoso a que la sometieron los cuervos de subir hasta la altura que ellos consideraron lícita, y rápidamente éstos plegando sus alas la abandonaron y en vertiginoso vuelo buscaron el abrigo de los arbustos de sus montañas. Terminó para mí aquel día el maravilloso espectáculo que la soberana del cielo y los bravos cuervos me habían ofrecido, y fue entonces cuando me incorporé del lugar donde me hallaba sentado, para mirar a mis cabras que guarecían (pastiaban) por encima de donde yo estaba a la corta distancia de unos cincuenta metros, lo primero que mis ojos retrataron fue el orgulloso y antipático macho cabrío, que empericotáu (subido) en un cuetaron (peñasco) a la par que espenucaba (arrancaba) las fuéas d'un pótchiscu (hojas de una enana encina), mientras que las enguyía, parecíame a mí que me estaba mirando desafiadora y despreciativamente, con sus grandes y retorcidos cuernos, su larga perilla y enorme cencerro, se me representaba como el diablo que sonriéndose ladinamente se guasaba de mi humilde persona, a la par que de mi buen Pelayu, pues a entrambos y dos el condenado nos había hecho correr infinidad de veces, por eso, tanto Pelayu como yo siempre que teníamos ocasión y traicioneramente, él le mordía sañudamente en sus cadríles (patas) y yo le atizaba barganazus (estacazos) y pedradas donde mejor encaldase (terciase). Ocurriósele a mi mente en aquellos momentos el darle un buen susto a aquel demonio con cuernos y cencerro, por eso así la escopeta con determinación, y cargada como se encontraba con dos cartuchos, apunté por debajo de donde él se hallaba con el firme propósito de tan sólo darle un susto que no olvidase en su vida, y ya sonriéndome adelantadamente por el resultado de la idea que sin más pérdida de tiempo iba llevar a la práctica, apreté los gatillos de la escopeta, y una doble y potente explosión originose que dio conmigo en el suelo por la fuerte sacudida que el arma emburrióu (empujó) con dolor en mi cuerpo. Pero escosóseme d'afechu (marchóseme del todo) tal dolor, cuando entre el repilar (ecos) de la montaña por la explosión, sentí al macho cabrío lanzar al viento grandes berridas, que hiciéronme con preocupada prontitud deducir, que aquel demonio odioso no se quejaba por el susto que pudiera recibir, sino por la perdigonada que sin yo proponérmelo le había albergado en su pelambroso y maloliente cuerpo, levanteme sin demora del pedregoso lecho donde la escopeta con su duro empujón me había acostado, y aún tuve tiempo de ver cómo el semental de mi rebano rodaba por entre los cuetus del xerrapeiru (peñas de la sierra) infiriéndose más heridas en su cuerpo que las que yo por equivocación con los dos disparos le había inferido, siendo quizás su muerte no la perdigonada que le había desequilibrado, sino los argutoxus cuetus (agudos peñascos) que cual cuchillos al rodar su pesado cuerpo por entre ellos le apuñalaban mortíferamente, por eso al detenerse en su poleamientu (rodar) detrás de un pótchiscu (encina) que encontró en su paso, dejó de berrar en el instante, que su vigoroso cuerpo perdiera la vida. Fuime yo corriendo acompañado de Pelayu que me ganó la palma en la carrera, hasta el lugar de aquel desgraciado suceso, y cuando llegué donde el chivo estingarráu (tirado, acostado) ya no contaba como enemigo vivo, vi cómo a torrentes se desangraba, a la par que Pelayu con su nutritiva sangre se fartaba (hartaba). Pensé yo con gran temor cómo decirle a mi amo lo que había pasado, él que sentía por su chivo un orgullo y continuo ponderado casi desmedido, pues siempre que la ocasión se le brindaba cuando con sus vecinos dialogaba, soliales afarrucado (faroleándose, chuleándose) decir, que no había en toda la comarca un macho cabrío que ni con mucho en raza y estatura, se le pudiese parecer al suyo. Era ya casi la hora de afalar (retornar arreando el ganado para casa) cuando se me ocurrió la idea de decirle a mi amo que el chivo por si sólo se había despeñado, así que guardé la escopeta en la cueva y apresuradamente yo temeroso y preocupado y Pelayu contento por hallarse harto, reunimos el rebaño y nos encaminamos hacia la aldea, parecía que hasta las mismas cabras que en otras ocasiones se mostraban rebeldes y saltarinas, aquel desdichado día caminaban cabizbajas y avizorantes, observando en todas las direcciones con pronunciosa alteración, buscando aquel macho cabrío que las dirigía y dominaba con su orgullosa presencia, haciéndose notar en todo momento, por el continuo tañir de su zumbiétchu (cencerro), que por primera vez en el rebaño no se sentía el caidonante ruxíu (dirigente sonido). Pienso yo que solo contento caminaba vigilante mi fiel Pelayu, porque ya nadie en el rebaño se atrevía a discutirle sus ladridos o frágiles mordiscos, cuando por orden mía a las cabras con eficiencia les infería. Más sin embargo yo, al igual que a mis cabras, algo me tenía también apresado, algo extraño para mí, por primera vez a mi espíritu esclavizaba, que ni era tristeza ni pena, pero sí era miedo y grande desesperanza. Siempre que retornaba con mi rebaño a la aldea, cuando en las atardecidas la montaña abandonaba, mi corazón ameruxáu d'allegría (rebosante de alegría) a mi garganta un torrente de cante le rogaba, y ésta inocente y falta de todo perjuicio, sintiéndose tan dichosa como los mismos celestiales ángeles, cantaba recias asturianadas, mientras que todo mi ente, afanosamente afalaba (arreaba) las cabras. Quizás cantara yo aquellas horas con más gracia que en todo el día por alegre que fuera y pudiera tener, porque por así decirlo me acercaba al sencillo y noble vivir de las gentes de mi aldea, pues diez o doce horas en la continua soledad que en las montañas me acompañaba, para un rapacín como yo era, eran muchas horas desamparado de la comunidad humana, y sobre manera yo, que con ser mi cuerpo ágil y fuerte hasta casi rayar en el desuso, empequeñecido se quedaba si le comparaba con mi espíritu tan ensoñador e imaginativo, que todas las cosas al engrandecerlas confundía, menos el miserable pan de la maxera (artesa) que mi amo me entregaba, que a pesar de ser tan escaso, jamás supe imaginar nada para engrandecerle. Estaba mi amo a la entrada de la aldea esperándome como siempre hacía para ayudarme a xebrar el rebaño, ya que como eran tantas cabras, no cogían todas en la misma corte (establo), y había que llevar parte de ellas a otra cortexa (cuadra pequeña) que estaba en la parte opuesta de la aldea. Entretenía siempre su espera el condenado de mi amo, hablando con un artesano del lugar, que se dedicaba a la fabricación de yugos y madreñas, que tenía su taller montado debajo de un hórreo, que estaba asentado a la salida de la aldea, mismamente en la desembocadura del pedregoso y empinado sendero que venía de la montaña. Desde tal lugar él sentía con antelación el potente tañir del zumbiérchu (cencerro) que ximielgaba (movía) con fuerza y hasta con orgullo el estupendo semental de su rebaño, entonces él liquidaba por el momento con el madreñeiru la conversación que estuviesen embargando, y dedicaba toda su atención a su rebano, observando con avarienta atención, en el propiar si sus ganados venían fartus óu famientus (hartos o hambrientos), o si alguna de sus cabras venía coxa (coja) por mor de haberle caído una piedra o cualquier otro accidente que hubiera acaecido, como solía ser normal algunas veces. Pero aquel inolvidable para mi atapecer (atardecer) vio antes sus cabras que escuchara el ya inexistente zumbiétchu, por eso con su vozarrón de trueno, y como una centella por mí temido, me preguntó a la distancia de una piedra lanzada cuesta abajo: —¿Qué fói lu que pasóu Xulín...? —¿El chivu perdiu 'l mayuelu...? —Quería decirme, que si el cencerro que llevaba su chivo, había perdido el majuelo, o pequeño péndulo que lleva dentro el cencerro. —Esto también era frecuente que sucediese. Contestele yo desde aquella altura con mucho menos miedo que si me encontrase ante su presencia, diciéndole que el chivo se había despeñado, y arriba en la montaña se encontraba muerto. Estas mis palabras que en el viento camino de la aldea mi voz empujó con fuerza, fueron escuchadas por mi amo que se encaricotóu (encendió) en una rabiosa tristeza, que si pudiese desahogarla, seguro que en mi persona haría él su complacencia. También la desgracia del chivo, que por mí a voces era anunciada, fue oída por algunos otros vecinos a parte del madreñeiru, y como aquel semental de macho cabrío había sido siempre tan aponderado e idolatrado por el babayu (bocazas, charlatán) de mi amo, que con su dichoso cabrón los vecinos de la aldea ya habían pescado la costumbre de decir siempre que alguien ponderaba una cosa, ¡non si paezme a mín, que moren más castrones que Manín na nuesa aldea! Bueno pues como estoy contando, todo el lugar en pocos minutos se había enterado y en parte congregado a la salida del camino que bajaba de la montaña, ya que la muerte de aquel chivo que había ya dejado entre ellos la ya dicha cantinela, les había algunos los más envidiosos y vengatibles alegrado, y a los otros los más sentimentales y nobles les entristecía la muerte de tan comentado castrón. (También se suele llamar castrones a los chivos muy grandes). Al fin entré yo en la aldea quizás con el mayor recibimiento que jamás a nadie le hicieran, y todos atropelladamente me preguntaban lo que con el dichoso castrón me había sucedido, y yo les repetía a la par que intentaba xebrar las cabras para llevarlas a sus respectivas cuadras, que se había despeñado y que todo descuatramindáu (deshecho, desarmado) se quedara en la montaña. Un ratiquín (un tiempo) más tarde, y ya siendo casi la oscurecida, tres vecinos del lugar haciendo cuadrilla con mi amo, caminaban en pos de Pelayu y mía, otra vez camino de la montaña, para enseñarles donde estaba estrapayáu (aplastado) el chivo, con el propósito de bajarle para casa, con el fin de aprovechar su piel y carnes, que serían curadas bajo las barras del xardu (secadero) una estupendísima cecina. Llegamos a la postre ya con la noche tan negra como la boca de el lobo, al xeitu (sitio) donde el chivo fechu 'n chaceiru (hecho un deshecho) ya en el frío de la muerte sin despertarse dormía, tanto Manín que yera mi amo, como los tres vecinos que le hacían compañía, sudorosos y respirando medio ahogados por el tremendo esfuerzo que suponía subir con tanta rapidez hasta tamaña altura, sin perder un momento amarraron el animal por las cuatro patas juntas haciendo cucara (en montón, juntándolas todas) con una cuerda que para tal menester ya traían, y colgándolas de un fuerte y largo palo del que también venían poseídos, echáronselo al hombro entre dos, y con menor rapidez y mayor precaución, relevándose entre ellos conseguimos llegar sin novedad a la aldea. A pesar de ser casi la media noche, aun había algunos vecinos en reunión dentro de al parecer amena charla que quizás tuviese mucho que ver con el castrón, Manín y con mi desventurada persona, esperándonos en el lugar donde el madreñeiru trabajaba. Entramos todos en procesión rumorosa en la corralada de la casa de Manín, detrás del cabrón que colgado del baral sofitado en los hombros de dos vecinos se xiringaba (balanceaba), vigilado siempre con sonrisa ladina por mi fiel Pelayu, que comprendía que al no tardar, iba a saciarse hasta el no poder manducar más, con los rojos hígados de quien en vida, le hubiera hecho correr con cierto temor con el rabo entre sus piernas. Mientras que mi amo y sus serviciales vecinos se disponían a desfoyar (desollar) colgado de unos garfios que había debajo del hórreo al desgraciado chivo, la muyer (mujer) de Manín sin parar de condolerse, y hasta inclusive queriendo a mi endilgarme parte de la culpa, me dio de cenar una escudilla de farines (harina de maíz cocida) con una taza de leche de cabra, porque la leche de las vacas la tomaban ellos y la que sobraba la hacían en manteca, que tampoco yo nunca la probaba. Por primera vez no se hallaba sentado a mi lado sacando la lengua y relamiéndose, mirándome con sus ojos inteligentes en espera que yo le tirase delante de sus narices una cucharada de mi comida a mi fiel Pelayu, pues él sabía que al lado del castrón, tenía una fiesta grande con sobrada pitanza. Comía yo vorazmente aquellas puliendras (farinas), a tan desusada hora de la noche, sin que mi mente de pensar cesara, y antes de terminar mi miserable cena, una luz que me llenó de cierto temor en mi cerebro escendiose, para decirme con su claridad, que no iba a transcurrir mucho tiempo antes de descubrirse mi mentira, porque al esmianaye 'l pelleyu (quitarle el pellejo) al castrón, le encontrarían incrustadas en su cuerpo las postas que le habían matado, y me interrogarían sobre tal suceso, siendo yo al momento un cómplice y encubridor de la muerte del condenado cabrón, que según parecía me iba a dar guerra hasta después de ser muerto. Seguramente querrían saber el por qué les había mentido, haciéndoles creer que se despeñara, cuando a la prueba estaba que fuera abatido por un tremendo pistoletazo. Bajé después de cenar a la corralada donde los hombres andaban a vueltas en la desfoyadura del castrón, a la luz de un par de candiles de carburo y no llevarían un cuarto de hora reparándoles en su circunstancial oficio de carniceros, cuando Antonón el de la Cuandia dijo sorprendido mirando para mi amo que le alumbraba con el candil en la mano para que los otros vieran mejor en la faena que encalducaban (hacían). ¡Ah Manín, isti castrón non morrióu comu diz el tou criadín despeñáu, pos tién ente 'l coración ya lus polmanes un manegáu de postes llancades, asina que si quiés saber quién l'achuquinóu, pregúntaye 'l tou rapazacu, lu que axucedióu! ¿Qué ye lu que me tas diciendu...? ¿Quién diañus diba pegái 'n tiru 'l miou cabrón ? Antonón arrabucandu d'ente les asaures del chivu cuatru ou cincu postes que yeren de grandies comu arbeyinus rancuayus, díxole 'l miou amu metiénduyes per dellantri 'l focicu: ¡Mira Manín, ístu fói lu qu'achuquinóu 'l tou chivu! (Ah Manín, este cabrón no murió despeñado como dice tu criado, pues tiene entre el corazón y los pulmones un cesto de postas plantadas, así que si quieres saber quién le asesinó, pregúntale a tu muchacho lo que sucedió). (¿Qué es lo que me estás diciendo? ¿Quién demonios le iba a pegar un tiro a mi cabrón?). (Antonón arrancando de entre las asaduras del chivo cuatro o cinco postas que eran de grandes como pequeños guisantes, le dijo al mi amo mostrándoselas por delante de su hocico: ¡Mira Manín, esto ha sido lo que asesinó a tu chivo!). Hallábame yo detrás de ellos a media penumbra, por eso no pudieron ver cómo todo mi cuerpo temblaba, y mis mexiétchas (mejillas) se encendían como las mismas brasas cuando el viento las apuxa (atiza). Quizás si fuese a pleno día, me hubiesen sacado la verdad al descubrir yo mismo por mis síntomas externos la mentira, pero la noche, encubridora de toda claridad que profané sus negras vestiduras, me ayudó a ser firme e inamovible de mi primera mentira. Convencido mi amo de que le había engañado, acercose a mí con el candil en una mano, y llena su despreciable alma de ira, y enloquecida venganza, con la otra su mano, atizome un fatáu de morráes (varias galletas, tortas, guantazos) que dieron con mi cuerpo en el suelo, y antes de que yo pudiese huir del peligro que me rodeaba, levantome del suelo con la misma mano que tan vilmente me castigara, y a la par que alumbraba mi rostro donde la abundante sangre que manaba de mi nariz lo embadurnaba, me dijo mirándome con sus ojillos de bracu (cerdo) donde la maligua ira en un brillo salvaje se enseñoreaba: ¡Ahora mismo me vas a decir hijo de perra y de republicano asesino, que el día que asesinaron a tu padre que era lo mismo que tu un embustero y un bandido, te tenían que haber envenenado a ti, para que no pudieses hacer el mismo mal que hizo tu condenado padre, vamos, dime quién fue el que disparó contra mi chivo, dímelo pronto o terminaré contigo! Y al tenor que esto me estaba diciendo, su dura mano caía una y otra vez sobre mi rostro, y fue entonces cuando aquellos hombres de entre sus manos me arrancaron, pues al no hacerlo, quizás aquella bestia humana, que había luchado en defensa de la (PAZ DE ESPAÑA) fácil me hubiera asesinado, como seguramente acostumbrado debía de estarlo, al haber practicado tal demoníaco proceder, con otros indefensos inocentes, de los miles que asesinados fueron en Nuestra Patria, por cobardes, dañinos y miserables hombres, como lo era mi despreciable amo. Fue curado con agua fresca mi amoratado y sangrante rostro por Antonón de la Cuandia, que me aconsejaba cariñosamente, les dijese lo que con el cabrón me había en la montaña sucedido, y que no tuviera ningún miedo de contar la verdad que se buscaba, pues ella misma me protegería de quien me hubiera amedrantado para que no le delatara. Cuéntanos hijo si fueron los huidos quienes al chivo le dispararon, ya que nadie más que ellos pudo hacer tal cosa, y ten presente que si no nos lo dices ahora, mañana vendrán los guardias y ya verás cómo con ellos no puedes seguir negando. Díjele a Antonón el de la Cuandia, que yo estaba dormido, y que me desperté cuando sentí al cabrón bramar desesperado al tenor que bajaba rodando por entre los peñascos, siendo aquello todo cuanto yo había visto y oído. Volvió otra vez ya más sosegado mi amo a insultarme y amenazarme, y a la postre me ordenó que abandonara su casa, pues él no fartaba bribones que lejos de cuidar su rebaño, permitían que personas tan canallas como yo lo era se lo asesinaran. Marcheme de aquella casa de noche, maltrecho mi cuerpo y deshecha de sufrimientos mi infantil alma, sin más pertrechos que los que llevaba a costillas, que eran los únicos que poseía, y que constaban de un mono de caqui hecho de la guerrera de un soldado, con más remiendinos que de plumas tiene una gallina y de todos los colores que imaginarse puede, calzado con unas alpargatas de esparto donde los calcaños se asentaban en el suelo y los dedos lo mismo hacían por no quedar de las alpargatas nada más que la parte del centro. Por primera vez desde hacía varios meses que Pelayu era o mejor dicho había sido compañero inseparable de hambres y fatigas, de juegos y caricias, de largas soledades entre ambos repartidas, por primera vez digo, mi fiel compañero ya no me seguía, me traicionaba el muy ladino por unas piltrafas que de vez en cuando aquellos hombres que carniceraban en el cabrón, le arrojaban en el empolvado suelo de la corralada, para él valía en aquellos momentos más la asquerosa pitanza, que todo el cariño que yo pudiera brindarle, ya no se recordaba el muy desagradecido de que yo repartía con él a partes iguales la escasa comida que para mi sólo me entregaba el llabascón (cerdo grande) de mi amo, en una palabra, Pelayu era un desagradecido y egoísta, propiedad que en mayor o menor cuantía, va fusionada en el instinto de todo ser mamífero de la Tierra. Llegué aquella primera noche de mi vida, que había sido maltratado, insultado, golpeado, pisoteado, arrastrado y ofendido a tan gran profundidad y altura, que dudo que a mis años en todo el mundo, a nadie le hubiera sucedido tan inhumana atrocidad, cuento yo, que hice mi entrada en la casa de mi madre, que en la sazón se encontraba trabajando en una alejada aldea, en el caserío de otra viuda que su marido había sido asesinado en el cementerio de San Salvador de Oviedo la misma noche y en el mismo paredón que fusilaran a mi padre, así pues, hallábame yo sólo en casa y eso enormemente en aquellos momentos me alegraba, pues si mi madre hubiera estado en la casa, le haría sufrir aviñonándome yo de pena, y quizás ocurriesen peores cosas, ya que mi madre era, y aun sigue siendo, y Dios me la conserve muchos años, pues fue lo mejor y lo único que he tenido en mi existencia, mujer de duro carácter, intrépida y valiente hasta no tener el más pequeño temor, de pelearse ella sólo contra todos los moradores de la aldea. ¡Cómo mi madre, nacen en un siglo pocas mujeres! Al día siguiente que era domingo, y por tener en la parroquia a que pertenecía mi aldea, un cura que para demonio había nacido, ya que el muy condenado había conseguido de las autoridades una ley, que no se quién se la había fabricado, pero el caso es que existía, y condenaba a todos los vecinos a oír la Santa Misa, y a no trabajar ni en las tierras, ni en los prados, ni en nada, bajo pena de una multa que la ley considerara justa por ser injusta. Como yo ya no tenía trabajo, pues cuidar los ganados estaba permitido, y aquel gochu de mi antiguo amo desde aquel día tendría que hacer el trabajo que como un miserable esclavo yo le hacía, me levanté tarde del único xergón de fuéa (jergón de hoja) que en la casa había, que lo había industriado de unos sacos, porque todo cuanto poseíamos que era bien poco, al terminar la guerra el honrado vencedor nos lo había robado, y no contentos con esto, todavía fusilaron a mi padre, acusándole de haber robado grandes cantidades de dinero, de haber hecho esto, lo otro, y lo demás allá, y todo porque se le querían cargar cuatro caciques, como se ha hecho en todos los lugares de mi Patria buena. Noté que me dolía el rostro y que le tenía ensangrentado, no pude mirármelo al espejo. porque éste era un lujo que en mi casa no existía, así pues, me fui hasta el río que por detrás de mi casa pasaba, y me lavé como mejor pude, secándome después a las sucias y ásperas mangas de mi mono, y sin desayunar nada, porque en la casa no habla ni la más mínima consolación de comida, me dirigí a oír la misa, ya que yo de pequeñín era muy creyente y religioso. Estando yo enredando (jugando) con algunos otros guaxinus (niños) de mi aldea, en espera que tocase la última campanada para entrar en la iglesia, vi llegar la pareja de la guardia civil y un vuelco de temor revolvió mi ánimo, que casi consiguió ordenarme que saliese corriendo, huyendo pronto de aquel nuevo peligro que me acechaba. Sin embargo no lo hice, porque o no era lo suficientemente valiente, o lo necesariamente cobarde para hacer tal cosa, lo cierto es que cesé de jugar y me quedé mirando para ellos, lleno de temor, de tristeza, de pena. Preguntaron a alguien quién era yo, uno de mis vecinos me señaló, entonces los guardias me llamaron, y yo hacia ellos avancé, cabizbajo, temeroso y desamparado, igual los niños que los vecinos me miraban sin urniar (decir) palabra, muy posible muchos de ellos, tanto fascistas como rojos, vencedores o vencidos, sintiesen una profunda pena al ver aquel niño, desventurado e inocente ruina que dejó la vil venganza de la posguerra, avanzar sin protección ni cariño de nadie hacia los guardias, al fin llegué junto a ellos y me los quedé mirando, no me gustaron sus rostros, que me parecieron dos demonios, entrambos se quedaron mirando unos momentos en silencio mi rostro, en el que se podía leer la despreciable cobardía y nefastosas intenciones, que se enraizaban en el podrido sentimiento de mi amo, pude comprobar que esbozaban una tenue sonrisa, y no pude descifrar, si era que les alegraba observar el sello del martirio anclado en mi cara, o si por todo lo contrario, me dedicaban un consuelo de lastimosa consideración. Qué enano era yo físicamente en aquella lejana y para mi inolvidable, desgraciada y maestrosa mala época, si desde mi distancia también en el momento mi señora prisionera, proyectó mi mente siempre libre, como el misterioso dios que en cada mente humana vive, cuento yo que si me observé ante toda aquella gente, asustados los unos, hartos de maltratos, satisfechos los otros, por formar parte del mando, e indiferentes los restantes por no contar nada en ningún bando, digo que si me vi tan insignificante en mayor cuantía todos cuantos me rodeaban eran, ya que ninguno de ellos optó, en defender a un niño inocente y lleno de temor, que no había cometido más delito que el matar sin querer a un chivo, que era menos cabrón que todos aquellos papalbus humanos. Uno de los guardias con el mosquetón en la mano, me acarició mi corta y jamás peinada cabellera, pues nada más que tenía dos dedos de larga, mi madre me la rapaba al cero para que los abundantes piojos en ella no sembraran la descendencia de sus miserias, y a la par que esto hacía tan despreciable celador de una ley muy poco justiciera, con palabras que pretendían ser cariñosas y amables me dijo: —Ya veo por las caricias que luces en tu rostro, que con todo merecimiento y sin ninguna duda el señor Manín te ha hecho, que eres un niño rebelde, desobediente y malo, que te niegas a decir la verdad, y por lo tanto por todos estos endemoniados pecados irás al infierno, así es, que si ahora mismo no me dices quién fue el que disparó contra el chivo de tu amo, yo también tendré que castigarte. En esto estábamos el guardia y yo rodeados por los vecinos que no decían ni pío, cuando hizo acto de presencia el señor cura, que relevando a la autoridad de su palabra no así de mi persona, me aconsejó apoyando sus frases en la Divinidad de Señor, para que les contase la verdad que me liberaría de todos mis sufrimientos. Díjele al cura lo mismo que al guardia que yo estaba dormido, y que sólo me había despertado al oír al chivo berrar a la par que bajaba por entre los peñascos rodando. La ruda mano de aquel guardia, que seguramente había sido toda su vida un rústico campesino y que la guerra le había liberado de tan honrado lugar para colocarle en el más delicado de los oficios, como es el de servir con dignidad a la Justicia, cuento yo que aquella pesada mano de aquel hombre que pensaba que las personas había que tratarlas como a las bestias con las que él hubiera vivido siempre, dejó de acariciar mi cabeza y sus dedos se aferraron como si fuesen fuertes murgazas (tenazas) a una de mis uréas (orejas), y sonriéndose como si me estuviese el muy hipócrita acariciándome, a la par que me rogaba que le contase la verdad, me apretujaba con tal fuerza, que el dolor que me inyectaba me hacía ver todas las estrellas. Creo que lo que más le molestaba aquel cobarde representante de la ley, no de la Justicia, era que yo, que la vida ya me había forjado en saber llevar el sufrimiento, ni llorara, ni gritara ni menos me quejara de nada, por eso el infame seguía despiadamente con todas sus fuerzas apretándome, aun es hoy el día, que cada vez que me recuerdo de aquel momento mi oreja se pone tan rápidamente colorada, que hasta me molesta el calor que alumbra. Así en este atroz sufrimiento yo me debatía, sin que nadie de los allí reunidos por mí intercediera, dentro del horripilante dolor que me producía aquel estrapayáu d'uréas (retorcimiento, aplastamiento de orejas), cuando llegó mi madre ante la concurrencia, pues como era domingo, bajaba la pobre de aquella aldea donde toda la semana había estado trabajando, trayendo encima de la cabeza una manieguina (cesta) llena de viandas que en el caserío le habían dado a cuenta de su esfuerzo. Cuando mi madre me vio a mí, en tal escarnecimiento, tiró la manieguca al suelo, y llena de una fuerza airada que la multiplicaba, se acercó tan randa como una centella hasta mi verdugo y arrancándole el mosquetón de un fuerte tirón de entre su mano, le pegó con él tamaño golpe encima de sus costillas, que dio con él como si se tratara de un muñeco de trapo en tierra. Antes de seguir con esta cierta historia, voy hacer un inciso, para describir muy someramente cómo era mi madre en aquella época. Era joven, aun no llegaría a los cuarenta años, y a pesar de su juventud, ya había perdido la pobrecita dentro de los mayores sufrimientos que se puedan imaginar, a dos hijos que luchaban en la guerra, a su marido que fuera fusilado y a todo cuanto poseía. Mi madre como perteneciente a la más ancestral raza astur, era rubia, con el pelo del color de la miel, o de la escanda sazonada, tan abundante lo tenía, que cuando lo llevaba suelto y se acuruxaba (agachaba) le tapaba todo su cuerpo como si lo cubriera con una preciosa manta. Sus ojos eran a veces tan azules como el transparente cielo de una mañana de primavera, y en ocasiones eran tan verdes como los mismos campos de nuestra aldea. Era tan pura y recia como la misma madre naturaleza, inamovible en sus decisiones, honrada y justiciera. Era una auténtica astur procedente de la primera raza que pobló las ubérrimas montañas de mi noble tierra, y no una mistificación como somos hoy en día más del noventa por ciento de las gentes asturianas, enraizados con todos los colonizadores de nuestra tierra. Mi madre enojada era una invencible fiera, y tranquila y serena, era tan hermosa y dulce como incomparablemente lo es mi asturiana tierra. Y ya dicho con suficiente claridad como era esta excepcional mujer, vuelvo a centrarme en el desaguisado que mi madre justicieramente preparara, con una valentía y decisión tal, que dejó a todos perplejos y anonadados, pues el guardia que en posición ridícula espanzarrado moraba en el suelo, desde tal lugar miraba con ojos desorbitados a mi madre que con el mosquetón en la mano y a la par que se lo arrojaba con fuerza y mala sangre contra su pecho le decía: ¡Yes un llimiagu, lu mesmu que toes istes xentes que conxentíen, qu'dellantri de la mesma ilexia del Faedor, y'en prexencia d'isti cura escosáu de coyones ya xusticieres razones, lú mesmu que tous vuexotrus que sois una cabaná de baldreyus, que tu que yes un cachiparru, martirizares a isti nenín pequenu, ya s'ístu faedis con miou fíu qu'entavía 'l probitín non sabe dúnde come, ¿qué faeredis con les prexones mayores? (Eres un rastrero baboso, lo mismo que todas estas gentes que te consienten, que delante de la iglesia de Dios y ante la presencia de este cura que no tiene ni cojones, ni justicieras razones, lo mismo que todos vosotros, que no sois nada más que un rebaño de cobardes, que tú que no eres nada más que un parásito martirizaras a este pequeño niño. Y si esto haceís con mi hijo, que todavía el pobrecito no sabe de dónde come, ¿qué hareis con las personas mayores...?). El otro guardia que sin lugar a dudas parecía un hombre con mejores sentimientos que el gusano que me había martirizado, intentaba sujetar a mi madre propinándole palabras que le aconsejaban que no complicara más las cosas, mientras que su repugnante compañero se levantaba del suelo, y ya con el arma entre sus manos, la enarboló por encima de su cabeza en amago de dejarla caer encima de mi madre a la sazón que con una inquina maligna y cobardosa le decía: ¡Si fuese usted un hombre, ahora mismo le partía la cabeza en dos para que al final de su existencia comprendiera usted, que el deber de todo ciudadano es respetar a la ley! A lo que mi madre le respondió de la siguiente manera: —Si you fora un home, a usté había qu'allevantalu dóu tá, p'ancuandiálu debaxu tierra, que ye 'l llugar quéi cuerresponde a la xentuza baldreyante comu ye usté. Ya tocante a la ley que reprexenta, que ye tan betchá de maldáes comu usté mesmu, pásula you ya toes les prexones decentes pente les piernes ya mexamus per echa. ¡Perque isa lley que tantu cacaréa achuquinóu ya t'achuquinandu a fatáus d'iñocentes, sin respetar nin al vietchu que t'encantu la xepoltura, nin al xoven qu'entavía non golióu 'l tafu de papalbus ya rapiegus que tienen tous los comedores que la endubiechan y'esmarachen! (Si yo fuese un hombre, a usted había que levantarle del lugar donde se encuentra para enterrarle bajo tierra, que es el sitio que le corresponde a la gentuza cobarde como lo es usted. Y tocante a la ley que tanto cacarea, que está tan rica de maldades como usted mismo, la paso yo y todas las personas decentes por entre las piernas y meamos por ella). (¡Porque esa ley que usted representa, ha asesinado y está asesinando a muchos inocentes, sin respetar ni al viejo que ya se encuentra al borde de su sepultura, ni tampoco al joven que todavía no se ha olido, el característico mal hedor que emana de los comedores, indeseables y ladrones que la han hecho, así como ustedes que atropelladamente obligan a punta de pistola y látigo a que se cumpla!). Aun puedo ver en los rostros de todas aquellas gentes que nos rodeaban, desde esta asquerosa celda donde viviendo el presente que me aprisiona en esclavo de unas injustas ordenanzas, mi mente desdoblándose en dimensiones pasadas, añora con tristezas y alegrías, las primeras alumbradoras fuentes de toda mi desgracia. Sí, veo los ojos asustados de algunos de mis convecinos, que al escuchar aquellas graves y acusadoras palabras que mi madre airada, enloquecida y por toparse en su justo desquiciada, le decía a aquel guardia que tan cobardemente la amenazaba. Sí, veo como todos ellos con tristeza pensaban, que mi madre no iba a salir de aquel asunto bien librada. Pues en aquellos tiempos por menor delito, al paredón de fusilamiento llevaban a personas más recomendadas. Vi los ojos de aquel guardia ruin y rastrero, vilos cómo se llenaban de una alegría satánica, quizás en otras ocasiones ya por él vivida, cuando a tantos inocentes martirizaba o asesinaba. Vi cómo dejó de amenazar a mi madre, cómo colgó el mosquetón de su hombro, y metiendo la mano sonriendo canallescamente en su macuto, sacó unas relucientes esposas con las que se disponía a encadenar a mi madre en el lleldar (acaecer) que le decía: —La voy a llevar a usted y a su hijo detenidos hasta el cuartelillo, y allí, le enseñaremos a usted a respetar la ley y el orden, ya verá usted cómo cuando nosotros la dejemos, no se le ocurrirá jamás ofender a la ley y al régimen, ni aun en su propio pensamiento. Y en cuanto a su cachorro, que parece ser tiene su misma casta, también le enseñaremos a decir la verdad aunque tengamos que arrancarle la lengua. Fue entonces cuando uno de los dos principales caciques de la aldea, que también ye menester que cuando encarte les diga cómo eran, le dijo al guardia con palabras amenazadoras: ¡Dexe tranquíl ista muyer ya 'l sou fíu, pos güéi mesmu vou cuntaye you 'l sou xefe la clás de guardia que ta fechu. (Deje tranquila a esta mujer y a su hijo, y hoy mismo le voy a contar a su jefe la clase de guardia que está hecho, que se ha dejado desarmar por una mujer cuando cobardemente usted martirizaba a su hijo, poco puedo poder yo si no le hago catar covixu noitre ufixu (oficio), perque nisti de guardia paeme amindi que nun ten llixa (arte, valer, etc.). La fuerza y poder que tenían aquellos desalmados caciques en aquellos tiempos de desalmados vivires, achindi mesmu xuntu lus mious güétchus (allí mismo frente a mis ojos) quedaba bien claro, porque aquel guardia aviñonáu de miéu (lleno de miedo), se justificaba rastrera y servilmente pidiéndole perdón aquel hombre que no había sido en toda su vida nada más que un verdadero canalla, per ístu miou má noxá fasta cuaxí la llocura dista maneira le falóu (por esto mi madre enojada hasta casi la locura de esta manera le habló). —Lu que me faltaba per uyír, que tena que debéi cumplíus a isti baldrayu d'achuquín, que dexóu la nuexa 'ldina xemá de güerfaninus dexamparáus de la mán del Faidor ya de lus homes. (Lo que me faltaba por escuchar, que tenga yo que deberle favores a este cobarde de asesino que dejó la aldea sembrada de huérfanos desamparados de la mano de Dios y de los hombres). ¿Nun foste tóu sou banduerru de lus enfermus el que denuncióu 'l miou home paque me l'achuquinaren na cárxel d'Uviéu? (¿No has sido tu comedor, canalla de los infiernos el que ha denunciado a mi marido para que me lo asesinasen en la cárcel de Oviedo?). ¿Ya con lus fíus de Manolón el Gocheiru...? ¿Qué foi lu que fixiste conechus baldrayán? Que yeren un par de rapazus más bonus qu'el pan d'escanda qu'enxamás fixerun mal a naide, ya cundu taben per aquíndi de millicianus, ya tóu t'encovaxabes fugáu per les branes, tóus xapiemus na cabana que t'empayaretabes, ya tantu nuexóitres perque yeras veicín comu aquechus ñocentinus rapazus qu’achuquinasti deximiémuste xempre pa que nun te prendieren. Que fatiquinus forun lus probetayus rapazus, y'anxín pagarun con las sous vides les sous fatezas, pos se te viexen deñunciáu, nistes gores tabes fechu 'n meruxéiru de merucus, xustamente lu que yes, y'echus taríen vivus al lláu de lus sous pás. (¿Y qué has hecho con los hijos del Cerdero?, que eran un par de mozos más buenos que el pan de escanda, que no han hecho más mal los pobrecitos, que cuando fueron al servicio militar por la quinta; y estuvieron por estos contornos de milicianos, mientras que tu andabas por la braña huido, y sabiendo nosotros en la cabaña donde te refugiabas, no te hemos denunciado porque eras nuestro vecino, aunque tuvieras la idea política que te diera la gana, que no debe de ser ninguna, porque te parió tu madre canalla desde la entraña, pues como te estoy diciendo, tanto aquellos grandes rapazos como nosotros, te olvidábamos siempre para que nunca te cazaran. ¡Qué tontos fueron aquellos pobres y desgraciadinos muchachos, y así pagaron con sus vidas sus tontezas, pues si te hubiesen denunciado, a estas horas, tu estarías hecho una verbena de gusanos, que ni más ni menos es lo que eres, y ellos estarían vivos al lado de sus desesperantes padres!). Todos escuchaban a mi madre silenciosos y asustados, considerando algunos con tristeza, que mi madre se había vuelto turulata (loca) para atraverse a manifestar acusadoramente ante los guardias, el cura y el pueblo, lo que todas las gentes de la aldea sabían que era cierto, pero no se detuvo mi madre en el acuse que le hacía aquel villano de todas sus bellaquerías, pues al no encontrar nadie que la importunara, siguió con su palabra y con igual fuerza mortificándole de esta manera: —E nus tiempus d'endenantes, cundu lus roxus mandaben lu mesmu que vuexotrus facedis nagora, non trañia l'esquilona de l'ilexa p'axuntanus en conceyu p'uyír la misa tres el cura, perque pieschada taba la casa del Faidor, ya con lus curas lus roxus nagua querían, peru a pesar de tar tan lexus del Faidor, a naide s'achuquinóu n'aldea, ya se morrierun un par de rapazus, fói nel frenti, peru nagora que tenemus l’ilexa 'l entestate, y'un cura que coyius de la man quiér chevanus a tóus pel atayu de non sei que Dios, ya non sei que cielu, pos con tou isti telar, entremedáu de cures, ya caciques comu lu yes tóu, de confexones, mises ya xermones, achuquinasteis n'aldea 'n poucus dies, más xentes que de mala manera, enxamás de lus xamases en Asturies murrierun. Se tóu xupiés so lladrón achuquinante, lu mesmu que toes istes xentes que m'acorrelan, lu que you tenu xufriu nes comunicaciones de la muerte que se encaldaben na cárxel d'Uvieu, dúnde 'l miéu ya 'l espavoríu facien fuercia, únde 'l fríu enxenebráu la entraña te queimaba, únde les chárimes esbocáes en el glayíu xapoixaben, atristeyáus ya dollores qu'eszarapicaben, tous lus xentíus de cuantus escuchaban. Non puéu apoixar de mious videtches, lus güeyus enfervecíus de aquechus homes, qu'agoxáes allumbraben engafuráes chárimes, con les manes tembluqueántes per el miéu, acoyendu con desesperación las rexes de fierru, que non lus dexaben en postreira vez, abrazar a la sou muyer ya lus sous fíus, qu'ameruxáus de cariñu, ya betcháus de dollor, choraben ya glayaben, xiringáus per el amore que profexaben naquel home, que yera 'l pá de lus fíus, el mantín desous quereres, y’l caidonal del sou llare. Naide algamía per mor de aqueches rexes de fierru entemedades, falagar cómu postreira despedida, a la muyer nin al home, nin lus pequeninus fíus, que güerfaninus naquecha nueche diben quedaré, perque banduerrus baldreyus lu mesmu que tóu, lus deñunciaben y'acusaben de faer fatáus de couxes, que ni nel xoñéu lus probetayus dacuandu lleldaren. Tóus nun mirabamus atristeyáus per debaxu la borrina qu'acobertoriaba lus güeyus encarnispáus pe les chárimes, ya lexus de falanus tantes couxes, nel tiempu tan escosu que nus daben, esfaíamonus en playíus choramiqueirus llastimeirus e nes fanes más mortales. Enclicáus tous per un dollor que nes entrañes esquiciáu t'esgarduñaba, tabamus fatáus de xocenes muyeres que güéi toes viudes y'esgraciaínes semos, enlloquecides y'engarrinchades a les rexes que a la llibertá ya la xusticia trincotiaben. Nagua podiamus decinus, perque la pallabra afogábase na conguetcha qu’el alma esfaída pe la tristieza sacupaba, sous penares nel gargüélu, a munchus el dollor añuedábayes el celebru con tal prietura, que esmurgazábanse col xentíu perdíu nel enllabanáu xuelu. Alcuérdume comu s’agora mesmu fora, ya xamás de lus xamases tal desxusticiáu, endiañáu, baldreyóuxu ya chuquinamientu de xentes abondes d'eches tan iñocentes comu isti rapacín, que la mesma lley qu'achuquinóu a suo padre, martirizóulu a él, ante 'l cura, que mangonéa la mitá la aldea, y'isti banduerru de cacique dumeña entrambas partes, ya tous voxoutrus qu'empaparáus per el miéu, olvidósebus defender tou lo güenu per lu que lus vuesus homes llucharun ya morrierun ¡Sin alcuerdume d'aqueches canallesques comunicaciones que se lleldaben na cárxel d'Uvieu, ya non esborraránseme de les mious vidatches metantu que la vida me acompañe! (En los tiempos ya pasados, cuando los rojos mandaban lo mismo que vosotros hacéis ahora, no tañía la campana de la iglesia, para llamarnos y rejuntarnos a todos en fraternal comunidad, para escuchar la misa detrás de un cura, porque cerrada estaba la Casa de Dios, y con los curas los rojos no querían saber nada. Pero a pesar según parecía de que se encontraban muy lejos del Hacedor, a nadie asesinaron en la aldea, y si han muerto un par de jóvenes, ha sido luchando en el frente. Sin embargo ahora, que tenemos la iglesia siempre abierta y un cura que asidos de la mano, quiere llevarnos a todos por el camino más corto para alcanzar, no sé a qué dios, ni tampoco a qué cielo, pues con todos estos sucederes que ahora están pasando, entretejidos por los curas, y por caciques como lo eres tú, de confesiones, misas y sermones, habéis asesinado en la aldea en pocos días, más gentes que de mala manera, jamás de los jamases no contando estos tiempos, en todo Asturias han muerto. Si tu supieras so ladrón y asesino, lo mismo que todas estas gentes que nos rodean, lo que yo he sufrido en las famosas comunicaciones de la muerte que se hacían en la cárcel de Oviedo, donde el miedo y el pavor, hacían fuerza, donde el helado frío que el temor producía, al mismo tiempo las entrañas te quemaba, donde las lágrimas deslocadas en gritos lastimeros se posaban, haciendo tristezas y dolores tan inmensos, que despedazaban todos los sentidos de cuantos escuchaban. No puedo apear de mi cerebro los ojos enardecidos de aquellos hombres, que a cestadas alumbraban envenenadoras lágrimas, y con sus manos temblorosas por el miedo, cogían con desesperación las rejas de hierro, que les prohibían por última vez, abrazar a sus mujeres e hijos, que llenos de cariño y ricos de dolor, lloraban y gritaban desesperadamente, movidos por el amor que profesaban a aquel hombre, que era el padre de los hijos que quedarían ya para siempre desamparados, el amante esposo de sus quereres, y el fuerte guía de sus lares. Nadie alcanzaba por la causa de aquellas rejas de hierro fuertemente entretejidas, halagar como última despedida, a la mujer ni al hombre, ni a los amados y pequeños hijos, que huerfanitos aquella noche si iban a quedar, porque indeseables cobardes lo mismo que tu eres, les habían denunciado y acusado, de haber hecho muchas y malas cosas, que ni en el sueño los pobrecitos, jamás ni habían pensado. Todos nos mirábamos entristecidos, por debajo de la niebla que nublaba los ojos enrojecidos por las lágrimas, y lejos de hablar de tantas cosas en el tiempo tan corto que nos daban, nos deshacíamos en lamentos lastimosos, que nos precipitaban en los abismos más mortales. Agachados todos por un dolor que en nuestras entrañas enloquecido sin piedad las arañaba, estábamos en aquella triste ocasión, muchas jóvenes mujeres que hoy todas viudas y desgraciadas somos, enloquecidas y agarradas con desespero a aquellas rejas, que a la Libertad y a la Justicia pisoteaban. Nada podíamos decirnos, porque las palabras ahogábanse en la garganta, que el alma deshecha por la tristeza, vertía en ella sus penares. A muchos el dolor les aprisionaba el cerebro con tal fuerza, que se desvanecían privados del sentido entre las losas que poblaban el suelo. Recuerdo como si ahora mismo estuviese sucediendo, y nunca jamás, tal injusticia, endiablada cobardía, y canallesco asesinamiento de gentes, muchas de ellas tan inocentes como este pequeño, que la misma ley que asesinó a su padre, le está martirizando ahora, precisamente ante la presencia del cura, que es el dueño de la mitad de la aldea, y de este indeseable de cacique, que domina entrambas partes, y de todos vosotros que llenos y dominados por el miedo, os olvidasteis de defender todo lo bueno y hermoso, por lo que vuestros hombres lucharon y murieron). (¡Sí recuerdo aquellas canallescas comunicaciones que se hacían en la cárcel de Oviedo, y que ya nunca podrán borrarse de mis sienes, mientras que la vida me acompañe!). Recuerdo perfectamente cómo todas aquellas gentes escuchaban a mi madre entre asombrados, y compasivos, entre temerosos avergonzados y ofendidos, y quizás hubiesen escuchado muchas más injusticias que habían hecho no los caballeros y valientes soldados, que denodadamente lucharon hasta conseguir la victoria, ni tampoco las juventudes que militaban en el partido triunfador, sino las gentes maduras, caciques que habían conservado la vida en entrambos bandos, que llenas de un odio vengativo y endiablado, habían hecho ellas más muertes criminales en la paz de la posguerra que todos los leales luchadores de enemigos bandos. Digo yo que mi madre con su cordura de mente les hubiese seguido acusando, si el cura, muy oportuno y diplomático, como son todos los religiosos de carrera larga, no se ausentara sin decir palabra, y ordenara al sacristán que tocase la última campanada, para entrar a la iglesia con el fin de escuchar la misa. Y ahora diré, que mal dicho está que yo diga que el sacristán tocase la campana, porque no había tal campana, ni en la iglesia de mi aldea ni en ninguna otra en todo el valle, ya que los rojos, se las habían llevado todas, no sé con qué fin ni propósito, como tampoco puedo comprender porque quemaban los santos que jamás les harían ningún daño, y dejaban con vida a indeseables como los caciques asesinos de mi aldea. Lo cierto es, que como campana de la vieja iglesia de mi aldea, había un trozo de raíl colgado del pórtico con una alambre, donde aporreaba el sacristán, con un martillo medio deshecho de los de cabruñar la guadaña. Nada más que el toque comenzó hacerse sentir, fueron las gentes desfilando tras la llamada de la postrera campanada, sin que nadie se osara replicarle a mi madre ni tan sola una palabra, bien fuese de desagrado o de conformidad con cuanto había enardecidamente manifestado. Todos se adentraron en la casa del Señor donde yo creo, que si el Nazareno pudiese apoixase (apearse) de la Cruz, no dudo que a todos ellos una tocata de barganazus les esfargayara. (Paliza de palos que en ellos prodigara). Dejó mi madre de reñir a voz en grito, pero siguió haciéndolo muy quedadamente, a la par que con gran remango recogía su cesta, que colocándola esta vez debajo el brazo, nos encaminamos para nuestro lar, mientras que aquellas gentes, culpables unas e inocentes las otras, le rogaban a Dios, los unos por sus pecados monstruosos ya cometidos, que en El no habían pensado cuando los ordenaban, los otros, quizás le pidieran paz y prosperidad para ellos, sus cosechas y ganados, pero Dios no escucharía ni menos ayudaría, ni al pecador tal vez arrepentido, ni al inocente libre de pecado, y lo sé por propia experiencia, porque yo, tantas veces le he llamado, suplicado y rogado, siempre a cuestas con el temor, la miseria y el desprecio que el mundo en mi había sembrado, y jamás El se dignó ni tan siquiera escucharme, porque si me hubiese escuchado, y no remediara con prontitud ni nefastoso sufrimiento, yo diría ya sin el menor equívoco, que el Dios que todos tememos y adoramos, no es nada más que un diablo. Y esto sin lugar a dudas es así, porque Nuestro Señor está harto de nosotros hasta la misma coronilla, y por eso pensó ya en inmemoriales tiempos, que o liquidarnos a todos, y olvidarse sin pena y con prontitud del mal invento que había industriado, o dejarnos vivir a nuestro aire, sin preocuparse ya para nada de nuestros haceres, hasta que la muerte nos lleve a su presencia. Caminaba yo detrás de mi madre, sujetándome con la mano mi dolorosa y sangrante oreja, que más doloroso sufrimiento me había reportado, cuando aquel imbécil y canalla de guardia me la había retorcido, que si me hubiesen molido todo mi cuerpo a palos. Llegamos a la postre a nuestra humilde casa, y siempre sin parar de reñir mi madre, de maldecir y de amenazar, estongóu 'l llar (limpió la cocina) de añejas cenizas, y con la rapidez con que ella solía hacer las cosas, tizóu ‘l fuéu (prendió el fuego) y después, puso un cazo lleno de agua con sal y unas hierbas (que ahora no sé cómo se llaman, pero que son muy buenas para las heridas) a hervir, y mientras que hervía, s'encaldóu nel trabayu de pulgar patacas (se hizo en el trabajo de mondar patatas), de las que había traído de la aldea de donde venía. Cuando el agua estuvo en su punto, que fue en el momento que ella terminara de aliñar las patatas ya listas para ser fritas, se dispuso mi madre a curarme, y al tenor que lo estaba haciendo, y viendo yo en su rostro retratado el cariñoso sufrimiento que por mí sentía, ella como siempre intentando disimular toda emoción, me preguntó dando muestras de un enfado cariñoso, ¿que qué era lo que había sucedido, o en qué líos me había yo alojado, para que los guardias me hubiesen puesto el rostro como un Ecce Homo? —Díjele a mi madre que el guardia no me había hecho nada más que estrapayáu l'uréa (deshecho la oreja), y que las otras heridas me las proporcionara el amo Manín, por las causas del condenado cabrón que ustedes ya saben. —Vi cómo las recias manos de mi madre temblaban al tenor que a mis heridas con aquella agua milagrosa me lavaba, sentí cómo su voz enardecida juraba y perjuraba contra aquel Manín de los infiernos, al cual ella decía, le iba a colgar la foiz (hoz) del pescuezo. Dio por terminada mi cura y en instantes me preparó la comida, que consistía en un buen cazo de patatas fritas con grasa de tocino, un gran cantezu (pedazo) de pan de escanda, y un escudiecháu de lleiche con borona (taza de leche con pan de maíz), y ya fartuquín fasta ‘l rutiar (harto hasta el eructo), preguntele que si podía ir a dar una vuelta por la aldea, a lo que ella me respondió afirmativamente, recordándome con amenazas, el que non m'engarricra con lus oitres rapacinus. (Que no me pelease con los otros niños). Cuando me dirigía al lugar donde todos los chicos por costumbre teníamos de reunirnos para enredar (jugar), en una de las callejas de mi aldea, me topé con Pelayu, que seguramente habría abandonado a su amo en el monte, por el extraño de no verme a mi como sucedía siempre. ¿Porque qué animal o persona con sentimientos nobles y cariñosos, podría vivir en la soledad del monte en la compañía de una repugnante bestia, como lo era Manín nuestro amo...? Viome primero Pelayu que yo a él le avistara, y casi estoy por asegurar, que me había olfateado antes de que yo desembocara en la calleja, donde él buscándose la vida por todos los rincones husmeaba. Porque yo jamás había visto a Manín, darle al pobre de Pelayu de comer nada, ya que Manín solía decir dándoselas siempre de razonero eficiente, que el perro no se le podía dar la esllaba óu llabaza de fregar lus cacíus (las aguas sucias residuos de lavar los cacharros de la cocina) porque estaban los bracus na cobil urniándu per llapalas (cerdos en el cubil gruñendo por tomarlas), que al perro lo único que se le podía dar, era aquello que no tuviese aprovechamiento para nada, como les llixes de les vaques cundu betchaban, de las uvées ya les cabras, óu cuallesquier oitra molicie que paque nún fediera menester yera encuandiála (como las libraduras de las vacas, de las ovejas y las cabras cuando parían, o cualquier otra porquería que para que no oliese mal, fuera necesario enterrarla). Vino Pelayu hacia mí envuelta su alma perruna por una gozasa alegría, pero me di cuenta con pena profunda, que no hacía tal acercamiento dentro del desenfado y gracial camaradería que en todas las ocasiones él conmigo usara, pues por primera vez mi buen Pelayu, para acercarse a mí, rastreramente se arrastraba, no era por el miedo de que yo le apaleara, ya que jamás ni de palabra le había ofendido, era sin duda porque se sentía muy avergonzado de haberme abandonado la pasada noche, cuando tan triste y solo me encontraba, y quizás más le necesitara. ¡Pobre Pelayu! ¡Qué alma más humana tenía, y a cuántos humanos, el alma de los rabiosos perros les dirigía! Me agabuxé (agaché) a su lado, envuelto yo por una sana, jovial, y angelical alegría, le besé su rostro varias veces entusiasmado, y acaricié con gozo su fino y sedoso cuerpo, y olvidándonos entrambos él de su cobardía y yo del rencor que pudiera por su gesto guardarle, nos fusionamos en un abrazo risueño y cariñoso, donde él dando pequeños ladridos por los que manifestaba su alegría y pena, me lamía una y mil veces las heridas que adornaban mis mexietchas (mejillas), y quizás se estuviese jurando, que aunque le costase la vida, nunca de mi lado se alejaría. Toda aquella tarde, estuve jugando al «llanque» y a la «palombietcha» con el único amigo de verdad que en la aldea tenía que se llamaba Muel. Pobre amigo mío, murió cuando apenas tenía veintiocho años, reventado por el más duro y esclavizante trabajo, que desde su niñez y en mi compañía, fustigados por el hambre y la necesidad, entrambos y dos a las severas órdenes de su padre, como serradores en casi todos los montes de mi Asturias, habíamos llevado a cabo, al final, su cuerpo ya deshecho, explotado y gastado, fue consumiéndose en la triste soledad del sanatorio del Naranco, donde murió devorado por una tisis galopante. Tenía Muel dos o tres años más que yo, y sin embargo éramos los dos de la misma estatura, y empezamos a serrar madera manualmente los dos en el mismo día, teniendo yo en la sazón, tan sólo trece años, fue nuestro maestro su propio padre, y nos trataba como nadie se puede imaginar, ya que no había día, que no nos untara ‘l focicu (nos azotaba) por lo menos un par de veces. No es que aquel hombre y excepcional trabajador fuese malo, no nada de eso, es que el pobre precisaba por fuerza mayor, para poder desarrollar el duro trabajo del serrador, que nosotros hiciésemos el trabajo de hombres y no éramos nada más que dos niños. Digo yo que aquella tarde, le conté a mi amigo Muel, como había encontrado en la montaña la cueva de las armas, y así hablando de nuestros proyectos, acordamos que al día siguiente subiríamos hasta ella, para jugar hasta cansarnos con aquellos juguetes de verdad. Así es que a la oscurecida retornamos cada uno para su casa, saboreando por adelantado lo felices que al día siguiente habíamos de ser. Caminaba en pos de mí, tan contento y satisfecho como siempre mi buen Pelayu, sin preocuparse para nada de que él, era un esclavo de Manín, y no un ser libre que pudiese hacer lo que más le conviniese, pero al llegar a la esplanada donde asentada estaba la bolera, lugar clave donde se reunían todos los vecinos de la aldea, después que concluían sus trabajos, bien fuese para charlas y cambiar impresiones, o para jugar unas partidas a los bolos, como cuento, allí estaba Manín, en diálogo con unos vecinos, ya de retirada para su casa después de haber encerrado las cabras, cuando vio a su desleal Pelayu, que muy contento y moviendo con gran felicidad su rabo, me acompañaba a mí, como si yo fuese en vez de él su amo, dejó a su contertulio con la palabra en la boca, y cambiando su pacífica charla por la riña loca, embistiome a mi con ofensiva y pecaminosa palabra, al mismo tiempo que con la vara que portaba en su mano, descargó sobre el confiado Pelayu tal varazo, que a quedarse el pobre tan sólo un segundo condoliéndose del acuciante dolor que en su cuerpo se anidaba, seguramente que hubiese llevado sobrada ración de varazos, que fácil la dejarían sin vida in situ. Pero no hizo tal cosa mi buen Pelayu, sino que salió huyendo como alma que se lleva el diablo, lanzando en el aire ladridos, que yo creo que no eran por el profundo sufrir que le proporcionara el castigo, sino que en su lenguaje, seguramente maldeciría aquella bestia con figura humana, que era capaz de azotar despiadadamente a un inocente niño, o de asesinarle a él mismo, que no se encontraba con más culpa, que de despreciar a su amo, por canalla y miserable. Y lo propio que Pelayu hizo, no lo dejé yo para más pensado, y a la vez que me perdía en la carrera, huyendo de aquel reptil repugnante y asqueroso, recuerdo que con rabia enloquecida yo le dije: ¡Fíu de put, baldreyu, llimiagu! (Hijo de puta, cobarde, rastrero, baboso..., etc., etc.). Pero miren ustedes por donde, estaba mi madre allí cerca en casa de una vecina hablando de sus cosas tranquilamente, cuando al sentir al Manín que me ofendía, al perro ladrar por la caricia que había recibido, y a mi insultándole poniéndole como un pingayu (de lo peor), salió mi madre de casa de su vecina, con todos sus muchos ánimos aviesporáus (envenenados, aguijoniantes), y cogiendo un palo que allí a mano había, bien seco y sudado, porque hiciera su servicio sirviéndole de mango a una fexoria (azada), se dirigió con extrema rapidez y silenciosamente al lugar donde Manín estaba, y sin decirle ni una sola palabra, empezó a darle palos con aquel formidable mango, que la suerte a Manín le cupió de que nuestros vecinos la detuvieran, porque sino, creo que le hubiese matado. «LA MULTA O EL REFORMATORIO» Al día siguiente, mi amigo Muel, yo y Pelayu, subíamos alegremente hacia la montaña, con locas ansias de llegar pronto a la cueva, con el infantil y firme deseo, de jugar hasta saciarnos con aquellas armas, recuerdo a mi querido amigo, futuro candidato al igual que yo, a la penosa esclavitud que como serradores nos aguardaba, la veo con su sana sonrisa, pintada en sus pequeños y vivarachos ojillos azules, acariciar una y otra vez, con una alegría inmensa aquellas armas, no existía para nosotros en el mundo, en aquellos felices momentos, nada que pudiésemos apreciar tanto, como aquellos mortíferos juguetes, de los que en la sazón, éramos los únicos señores y dueños, nos hallábamos fuera de la cueva, enredando cada uno con su escopeta, y una canana repleta de cartuchos colgada del hombro a la bandolera, Pelayu, desentendiéndose de nosotros mitigaba su hambre cazando grillos y mariposas, o cualquier otro insecto que plugiérale y fuérale rentable para entretener su enflaquecido estómago. Después de cansarnos de hacer la instrucción marcando el paso con la escopeta al hombro, emulando a los soldados cuando hacían prácticas en nuestra aldea, yo le dije a mi amigo señalándole el lugar, que desde aquel mismo sitio, yo había tumbado de dos certeros disparos al cabrón de mi amo. Muel, sacando dos cartuchos de la canana y metiéndolos dentro de la recámara de su escopeta, me dijo que él también pudiera haberlo hecho, y para asegurármelo de que no marraría el tiro, me señaló una piedra rojiza que había muy cerca de donde muriera el chivo, y a la par que se ponía la escopeta en el hombro para materializar lo que había asegurado, me decía ilusionado: —¡Fíxate Xulín!, ya veras cómu la desfaigu nun fatáu de cachiquinus—. (—¡Fíjate Julín!, ya verás como la deshago en mil pedazos—). El doble disparo retumbó dentro del natural silencio de la montaña, como si se tratase de un ruidoso trueno de las tormentas de los veranos, las águilas y los cuervos, así como todos los pájaros y animales que moraban por aquellos aledaños, moviéronse de sus lugares, graznando las aves al levantar el vuelo, y quizás las alimañas agudizasen al oído para saber el peligro que pudiese traerles aquel espanto. Hasta Pelayu dejó su caza insectívora para ladrar desaforado, como si presintiera que otro cabrón había sido abatido, que le haría de nuevo volver a hartarse, o tal vez nos estuviese reprimiendo, queriendo con su lenguaje decirnos, que aquella xuxeante folixa (crecido ruido, alegría, juerga, etc., etc.) que tan amanicomiadamente entamábamos (enloquecido ruido que hacíamos) no iba a reportarnos buenos resultados. Lo cierto fue que mi querido amigo Muel, no atinó a deshacer aquella rojiza piedra contra la que había disparado, y yo alegrándome por su fracaso, cargué con rapidez mi escopeta, me la puse en el hombro, y disparé contra aquel blanco otros dos disparos, tampoco pude yo hacer puntería, y él mofándose de mí, cargó de nuevo su escopeta con notoria alegría, a la vez que me aseguraba que de aquella no fallaría, volvía a disparar sin importarle para nada el tremendo culatazo que nos solían dar aquellos guerreros artefactos. Y así, una y otra vez, atenazados por un gozo y felicidad que nunca con tanta fuerza a nuestros juveniles espíritus había con entera libertad creado, disparábamos con alegría ilusionada contra aquel aproxetáu cuctu (enrojecida piedra), creyéndonos guerreros invencibles, o cazadores afamados. Muy posible yo me creyera un jefe poderoso, justiciero y honrado, que cada disparo que hacía, l'eszarapaba les vidatches d'uno de lus baldreyus homes, que habíen achuquináu ‘l miou padre. (Le deshacía las sienes de algunos de los cobardes hombres que habían asesinado a mi padre). Lo cierto fue, que tras de quemar veintitantos cartuchos cada uno, la piedra seguía en su sitio, y nosotros un poco desilusionados, hicimos un pequeño descanso, en el que acordamos cambiar de blanco. Disponíamos de nuevo hacer más atinadas prácticas sobre el rugoso y fuerte tronco de una encina, cuando Pelayu salió de junto nosotros y con apremiante prisa ladrando, contra un intruso que nos visitaba, guiado al parecer por el atronador ruido, que con nuestros alegrativos disparos formábamos. Era nuestro mal recibido visitador un rapazacu (mozalbete) que andaba por aquellos montes a la caza de la perdiz, que había endemasía nutridos bandos, que bajaban a veces hasta los sembrados d'arbeyinus y'oitres semáus (de guisante y otros sembrados) más alejados de la aldea, y ni el gran espantapáxaru tenía llixa de xebrayus (espantapájaros tenía fuerza para espantarlos). Jerónimo se llamaba aquel jovenzuelo indeseable, que había heredado de su padre toda la cobardía y males tales, que muchas gentes de mis lugares, le estarían rabiosa y odiativa, despreciable y asquerosamente maldiciendo, hasta que el Hacedor les llevara de este mundo tan poco lleno de humanidades. Era hijo de este sujeto tan maldecido, cacique de mi aldea con vuelos tales, que no del todo satisfecho con enviar para el otro barrio algunos de sus inocentes convecinos, en el acaecer se dedicaba, a que a sus vecinos la ley, que había, muy moldeable para dar por buenas todas las denuncias avaladas por caciques facciosos como él, se ensañara con crecidas multas, que al no tener dinero la gente aldeana para satisfacerlas, tenían que vender parte de sus ganados, y sabedores los tratantes por ser lobos de la misma camada aunque con diferente collor (color), que los campesinos tenían que vender sus reses con abonda priexa (mucha prisa) para satisfacer aquellas multas antes que se enrodietcharen (enredaran) peores males, pues como cuento, aquellas aves de rapiña de tratantes, se unían todos de tal manera, que lograban desbaratar los mercados hasta tal punto, que más que comprar, lo que hacían, era robar dentro de la ley a los aflijidos y siempre maltratados campesinos. Al quedarse los desdichados aldeanos sin sus ganados, por la causa de aquellas multas, que la verdad era nadie sabía que era lo que castigaban, aquellas asesinantes multas que la ley les inxertaba (injertaba), que les hacía dentro del acuciante temor que en aquel lleldar (ácaecer) era aterrante, deshacerse de sus ganados para pagar tan diabólicas y desnaturalizantes sanciones. Y como los campesinos, por lo menos en todas las embrujadoras aldeas de mi melgueira tierrina (dulce tierra), y me supongo que tal sucederá en todas las aldeyuelas del mundo, sin ganados de tiro no pueden trabajar sus erus (tierras), tenían que por fuerza mayor, agenciárselo aunque fuese dentro de las más viles condiciones, y así, el canalla de cacique de mi aldea, daba vacas, yegüas, cabras, y ovejas a la comuña (condición) que tan sólo el agobio de la desesperante necesidad hacíales aceptar, con lo que se condenaban a ser esclavos de un ganado que no era de ellos, siendo en la mayor parte de las ocasiones las ganancias completamente nulas, pues si una res se moría, se despeñaba, la mataban los lobos o la devoraba el oso, no la perdía el dueño, sino el comuñero, y así, de esta miserable forma, este canalla de cacique, explotaba vilmente a muchos campesinos que por imperativa necesidad, eran comuñeros de este indeseable asesino, que no había hecho la guerra en las trincheras, porque su cobardía era tan grande, que le había obligado a pasar toda la contienda escondido en los montes, y ahora que la guerra ya terminara, era cuando él verdaderamente la hacía, en la entristecida y enlutada paz que poseían las gentes de mis aldeas. ¿Cuántos despreciables seres como este nefasto individuo había en mi Patria... ? ¡¡Yo creo que honradamente debemos todos de reconocer, que había un par de ellos en cada aldea, y en las villas y ciudades me supongo que morarían muchos más!! Cuento que llegó el Jerónimo con su escopeta al hombro acompañado de su perro perdiguero ante la nuestra presencia, y ufanándose altaneramente quizás pensando que nos iba a hacer, lo que le diera la gana, nos dijo con apariencia muy enojada, al mismo tiempo que nos ofendía con sus palabras: ¡Haber decirme pronto, ¿dónde habéis robado estas escopetas?, si no queréis que vos falague ‘l llombu con ista bardiaca! (que nos moliera a palos todo el cuerpo con una vara que portába en sus manos). No despegó sus labios en el momento mi amigo Muel, porque el padre de aquel llabasquín (cerdo pequeño) era el dueño de los ganados de su casa, y por aquello de que el amo siempre, sin la razón con la ganancia anda, no le refutó pequeña palabra. Pero yo que ya me había creído que aquel babayu de guaxón (farolero, fantasma de mozalbete) se iba apoderar de mis armas, las que yo creía que eran de mi entera propiedad, le dije sin miedo y desafiantemente, que aquellas escopetas eran mías, y que ni él ni nadie sería capaz de quitármelas. Entonces Jerónimo mirándome acusadoramente me replicó seguidamente con estas palabras que me condenaban: ¡Entonces... tu fuiste el que mató antes de ayer al chivo de Manín? ¡Si yo fui!, le dije envalentonado y poseído de una airada rabia, a la vez que le encañonaba con la escopeta y amenazándole firmemente le aconsejaba: ¡Fáinus el favore de dexanus nel nuexu antroxu, ya colar pel mesmu xeitu per únde sen chamate 'llegasti, se nun quiés que faiga nel tou ventrón, el mesmu buracu quei fexe nus fégadus del cabrón de Manín! (¡Haznos el favor de dejarnos con nuestra alegría, y márchate por el mismo sitio, por donde sin llamarte has llegado, si no quieres que haga en tu barriga, un orificio parecido, al que le hice en los hígados del cabrón de Manín!). —Y fue entonces cuando Muel valientemente apoyándome con su amenazante escopeta y con sus advertientes palabras le dijo: ¡Mira Jerónimo, no tiene nada que ver que mi padre se arrastre frente a vosotros, por el miedo de que le quitéis el ganado, pero yo ahora no soy mi padre, y si no sales en el momento corriendo como una exhalación (centella, rápido), me parece a mí, que te vamos a coser a perdigonazos! Justificándose Jerónimo con el atropello que en el miedo se cosecha, dio media vuelta y casi a las carreras, tomó las de villadiego, a la par que se alejaba murmurando no se qué amenazas. Su perro, quedose unos instantes olisqueándose con Pelayu, al que yo achuché (azuzé), y Pelayu que para engarradiercharse (pelearse) era una ardorosa fiera, saltó como un león, atacando con un furor endemoniado al fino can perdigonero, y si no es por Muel, me parece que allí en el mismo lugar que había muerto el chivo, Pelayu hubiera despachado, aquel hermoso, cariñoso e inocente perro. Quedámonos muy satisfechos y gozosos, a la par que en nuestros espíritus, navegaba el orgullo perfumándose con la vanidad Humana, y todo, por haber acoyanáu ya féchule moscar ameruxáu de miéu (acojonado y haberle hecho huir, lleno de miedo) al hijo de uno de los amos de la aldea, que en un principio se había creído, que le sería sencillo hacer con nosotros cuanto le viniese en gana. Durante algún tiempo, estuvimos llindiándu (vigilando, cuidando) a Jerónimo por ver el camino que se tomaba, pues teníamos el temor que se ocultara para después sorprendernos, pero no fue así, y al final muy contentos ya le vimos corriendo que se las pelaba en compañía de su perro, desembocando en el pedregoso camino que le conducía a la aldea. Sabiéndonos libres del temor del adefesio de Jerónimo, y olvidándonos en el mismo instante de cuanto con él nos había acontecido, volvimos a nuestro peligroso juego, de disparar las escopetas contra diferentes blancos, y así, hablando de nuestras cosas con satisfacción que nos embargaba dentro de una felicidad pasajera, deslizábase el tiempo sin enterarnos, hasta que a la postre, dimos fin a todos los cartuchos que teníamos, y fue entonces, cuando decidimos esconder las armas en la cueva, y con los hombros doloridos por las sacudidas que nos propinaban las escopetas por los disparos, disponíamosnos muy contentos en el regreso para nuestras casas, y para simular que veníamos de la leña, agenciámosnos unos tochacus de pochiscus (leños de encina) y poniéndonoslos al hombro, bajamos corriendo por entre los vericuetos y las serpenteantes sendas, hasta llegar al camino real que nos conduciría a la aldea. El ubérrimo valle de alegría alborazada, que poblaba por entero nuestros espíritus, viose en unos segundos nublado y con rapidez cubierto, por un zozobrante y temeroso manto, nacido del retrato que nuestros ojos hicieran, cuando a la entrada de la aldea, justamente en el mismo lugar donde por costumbre, mi amo solía esperarme para xebrar (apartar) sus cabras, estaban aguardándonos los guardias, en la alegre compañía de Jerónimo, que poseyendo las mismas indeseables zunas (costumbres) que su padre, no había perdido ningún tiempo en ir hasta el cuartelillo para delatarnos. Yo tentado estuve cuando me percaté que eran los mismos guardias que el día anterior me habían cobardosamente martirizado, de tirar los garbetus (leños) que llevaba en el hombro, y salir corriendo para huir de aquel verdugo que sonriéndose ladinamente, quizás estuviese pensando su enrevesada y nefastosamente, el volver a esforgayame (arrancarme, estriparme, deshacerme) la única oreja que me quedaba sana. Sin embargo, logré dominar el miedo, y dejando a Muel que abriera la marcha, llegamos a la postre ante la presencia de ellos, y aquel canalla de guardia, no se dirigió a Muel a pesar que unos metros delante de mí iba, sino que vino sonriendo malignamente hacia mí, con las mismas asesinas intenciones que el hambriento lobo lleva, cuando para satisfacer sus ansias del espíritu y la carne, sin el menor miedo se lanza, sobre el inocente corderillo que no tiene a nadie que le defienda. Antes de dirigirme la palabra, aquel demonio con tricornio, que a fe mía desprestigiaban, porque hermosa para el pueblo es la esclava de la Justicia, cuando todas sus obligaciones y credos justamente da cumplidas. Digo yo, que lo primero que hizo fue cogerme mi oreja sana, apretarme un poco para ponerme en atención, y luego mirándome altanera y sonrientemente me dijo: ¡Ahora ya no me negarás de que no has sido tu quien disparó sobre el cabrón de tu amo, y me supongo que también me dirás, dónde has conseguido las armas, maldito pilluelo, hijo de una bruja y de un rojo republicano, o comunista sin entrañas! Tiré los tochucus (leños secos) al suelo apremiado por el dolor que de rabia me desencaldaba (deshacía), con tan mala fortuna que por mí no había sido pensada, que diéronle en las piernas de aquella fiera uniformada, y gran dolor en él tuvo que lleldarse (hacerse), porque dejó de esfarugarme (deshacerme la oreja), para acariciar con gestos de dolor la caña de una de sus piernas, al mismo tiempo que yo hacía lo propio con mi oreja, que ya colorada como una guinda, me resquemaba como si estuviese ardiendo. Mirome con ojos extraviados por la rabia que le enloquecía, y siendo mayor la fuerza de su cobardosa entraña ya en poder de las iras que lo movilizaban, que el dolor que su cuerpo sentía, soltome de revés dos guantazos, que dieron conmigo en tierra, con el rostro manando abundante sangre. Fácil siguiese abofeteándome, pues ya estaba enclicándose (agachándose) para hacer conmigo vayan ustedes saber qué, cuando intercedió su compañero que asiéndole por un hombro, con desprecio y enfado le dijo: ¡Lo que terminas de hacer con este pequeño es una canallada, y como otra vez intentes tocarle del pelo la ropa, te las vas a entender conmigo! ¡¡Estoy harto de tus abusos, y de tus odios y desprecios por todas las gentes desgraciadas!! Ayudome aquel buen guardia a levantarme, y después con su propio pañuelo limpiábame el rostro de sangre, y al parojo que esto hacía cariñosamente me decía: ¡Te juro que nadie te volverá a martirizar más pequeño, y ahora si tu quieres, y que conste que ni te ordeno ni te obligo a contarnos nada, dinos de una vez dónde están esas malditas armas que tanto doloroso daño te han originado! Dime cuenta pronto que de seguir negando no sacaría en limpio nada, ya que el baldroyán (cobarde) de Jerónimo había descubierto ya todo, y a poco listos que fuesen, nada más que les conduciese al lugar donde nos había sorprendido, darían pronto con la cueva, donde se ocultaban las armas. Así que acompañado de Muel y de Pelayu, y seguido de cerca por los dos guardias y el delator de Jerónimo, guielos a paso rápido por entre las vegetativas y pedregosas sendas que serpenteaban por casi inaccesibles lugares, pronto me alegré al comprobar cómo aquel despreciable guardia que tan sañudamente me había martirizado, abarquinaba (respiraba) con penoso trabajo, al mismo tiempo que se deshacía en copiosos sudores el condenado, lo mismo que la manteca fresca expuesta al sol en el verano. Al observar el penoso esfuerzo que aquel guardia repugnante y gordo, imbécil y malvado, tenía que realizar para seguirnos, apreté más aun el paso, que casi se convirtió en carrera y que sólo Muel y Pelayu pudieron aguantarme alejándanos en cuestión de segundos un largo trecho de nuestros enemigos, que en el lleldar (acontecer), ya se habían detenido para hacer acopio de energías unos momentos. Aproximadamente aun no habíamos caminado ni una décima parte del trayecto que nos separaba de la cueva, y ya el llimiagu (baboso) de aquel guardia, se encontraba casi d'afechu despaxaretáu (deshecho), seguramente que antes de llegar al final, en la mente de aquel fucheiru (estercolero) humano, se dibujaría el ruin pensamiento, de maldecir a la ley que como enyordiáu pioyu (sucio piojo) servía, al cachiparru (parásito) que me había delatado, y a mí, por no haber seguido negando. Muel y yo con satisfacción nos reíamos de aquellas gentes, que en nuestras infantiles y sin cultivar mentes, habíamos retratado como personas que tenían menos llixa (fuerza, arte, valer, etc.) que un mure entre las zarpas de un gato. Estaríamos como a la mitad de la andadura, cuando la distancia que nos separaba ya era enorme, y a pesar que de continuo nos ordenaban que no corriésemos tanto y que procuráramos ir siempre a su lado, la verdad es, que ya les habíamos perdido todo miedo y que no les hacíamos el menor caso. Fue entonces cuando se me ocurrió la idea de decirle a mi amigo Muel, que cuando llegásemos al potchisquéiru (encinal), yo me adelantaría corriendo con todas mis fuerzas, para volver aquel mismo lugar antes que ellos lo hicieran, pero después de haber ya ido a la cueva, para poder esconder para nosotros, dos pistolinas muy atongadetas (bonitas, curiosas), que era una pena que se llevaran los guardias, y que nosotros podíamos esconder en cualquier lado. Y así lo hice, y logré regresar, mucho antes de que ellos, llegaran escadriláus (derrengados), claro que descontando a Jerónimo, porque éste andaba tanto como con la lengua si quisiera andarlo. El caso fue que los guardias aquel día se llevaron las armas, y a los cinco o seis días, regresaron a la aldea preguntando por mi madre y el padre de Muel, para llevarles hasta el cuartelillo, con el fin de no sé qué preguntarles o darles. Cuando mi madre en compañía del padre de Muel regresaron del cuartel, estábamos nosotros xugaretiándu (jugando) debajo del ñoceón (nogal grande) que había a la entrada de la aldea, que tanto como tenía de frondoso y grande, eran de pequeñas, escasas e insípidas sus nueces. De donde viene un adagio asturiano que dice: ¡Mucher grandie ande óu non ande, peru tantu s'espatuxa, comu senún lu fixera, en dalgún lláu fae bona atongadura! (Mujer grande, ande, o no ande, pero tanto si camina, como si no lo hace, por grande en todos los lugares estorba). «Claro que se me olvidó decir, que menos en el catre, para añuedar el cibietchu cundu nun hay oitra, pequenina, atongaina ya melgucira». (Para hacer el amor, cuando no hay otra, pequeñita, bien hecha, y tan dulce como lo que debe ser vivir en la gloria). Digo yo que al ver nuestros padres corrimos hacia ellos, y cuando ante su presencia nos encontramos, casi sin darme cuenta vi a mi amigo rodar por el suelo, por la fuerza vigorosa del tremendo castañazo que su padre le llantó nuna mexietcha (le plantó en una mejilla), pero antes de que yo me percatara del peligro que sobre mí se cernía, vime acochetáu (cojido, sacudido) por mi madre, que me allumbróu (alumbró) un mamplenáu (muchos) pescozones, tan seguidos y atinados, que me parecía que todos me llegaban en ringlera, no teniendo que esperar uno por el otro, para que no se enfadasen ninguno. Y allí mismo por este procedimiento que nuestros progenitores nos hacían, comprendimos que nada bueno los guardias a nuestros padres les habían hecho. Y claro que no era nada respetable ni justo, sino un atropello despiadado, inhumano, mezquino, repugnante y apartado de la Justicia a tanta distancia, como la que existe desde la Tierra hasta el Infinito Cielo. Resulta que la canallesca ley que en aquella para mí inolvidable época existía, nos había condenado a ir a un reformatorio, o a que pagasen nuestros padres una multa de ciento cincuenta pesetas en papel del Estado, en el término de treinta días. Y fue entonces cuando yo empecé a preguntarme, ¿que qué era lo que tenían que reformar en mi...? ¿Acaso entraba en la reforma que aquella ley que estaba por todos los rincones de la Patria haciendo encima de los vencidos y sus descendientes, asesinar a nuestros padres, hermanos, parientes y hasta madres, privarnos de nuestra libertad, y robarnos cuánto teníamos? —¿Aquella ley digo, todavía tenía que reformar algo más en mí, que en un principio ya no hubiese inhumana y endemoniadamente reformado? Yo que era en aquel lleldar un pobre niño de poco más de ocho años, condenado precisamente por la misma ley, a no tener jamás ya el amoroso cariño de mi padre, yo que había sido condenado como todos los jóvenes hijos de los vencidos y encarcelados y asesinados padres, yo que estaba lleno de hambre, de miseria, de sufrimiento y de una soledad inconsolable, yo que si quería comer un trozo de pan duro, tenía que caminar descalzo y medio desnudo, por entre las zarzas y guijarros de las montañas, esclavizando mi cuerpo y mis sentidos, en el cuidado de unos ganados que no eran míos, a mí, a un ser así de natural, puro, desamparado y desgraciado, ¿aún quería aquella entroyada (sucia) ley reformarme por considerarme malo? —Yo nunca he sido político, pienso ahora, ni tampoco con mis palabras harto vulgares y aldeanescas, pretendo fomentar el odio hacia nadie, soy ante todo un liberal disciplinado, que ama a mi Patria, por la que estoy en cualquier momento dispuesto a morir, pero me creo con el suficiente derecho de contar al mundo de cuanto yo he sufrido, que es el retrato de tantos otros huérfanos de guerra que lo mismo que yo tanto sufrieron, aunque más en duda, pongo que lo hubieran hecho, quiero contar todo lo que considero que siendo verdad, no debe ser olvidado, y desearía con toda mi alma, que mis palabras tuviesen repílos (ecos) más clarividentes, que los que en su origen se formaron, para que llegasen a todos los oídos, y en sus mentes gigantesca Humanidad digna y justa edificasen, que diera paso a una libertad liberal y disciplinada, que atrancase (cerrase, peslase) sus puertas a todo cuanto no fuese digno y honrado, de esta sencilla y natural manera, la fraternidad sería por primera vez, el tesoro más puro, luminoso y deseado, que la Humanidad en toda su existencia hubiese conquistado. En este relato, que para muchos críticos comedores, que sólo saben fartase comu gochus (comer como cerdos) e intentar con sus medios deshacer lo que alguien con más capacidad creativa que ellos, más bien o peor ha edificado, digo yo, que muchos críticos fanáticos defensores de normas idealísticas, que con sus leyes en la ocasión asquerosamente convencionales, que lograron deshacer el destino que a mi vida creo que le pertenecía, al igual que a toda la generación de los hijos de los perdedores, no les agradara en absoluto, que un hombre que fue despojado de cuanto poseía, y empujado vengativa y canallescamente al arroyo, cuando él por ser un niño, no podía defenderse, tenga ahora la osadía, con sus pobres medios culturales, d’abayucar la trelda (revolver la porquería), que nadie hasta el presente, tan ajustada y verídicamente pudiera contar jamás. Digo porquerías, pues es eso precisamente lo que suelen dejar las secuelas de una guerra civil, y pobre de aquellos países que la sufran, porque sus hijos quedarán divididos, y los perdedores, tendrán que soportar un yugo, que más flojo, o menos prieto, esclavizándolos los ha de postergar. En este relato retrato yo, al vencedor y al vencido, menos al perdedor de quien soy hijo, ya que he tenido la desgracia de conocerle cuando el desventurado ya era un vencido, pero con el vencedor he vivido siempre, sirviéndole con decencia y honradez, silenciosamente observándole siempre, y no recibiendo de él, nada más que calamidades y ofensas, y sin embargo, nunca le odié, siempre disciplinadamente le serví, y si en el lleldar se siente ofendido por lo que de verdad digo, espero que se comporte conmigo, de la misma manera que con él siempre yo he hecho. Sé que estas narraciones no se han de publicar en mi Patria, porque la censura no permitirá que el hijo más humilde, cuente una verdad que denigra no a mi querida y noble España, sino algunos de sus inamovibles sistemas, pero tengo la firme certeza, que algún querido hermano país, sin el menor odio ni rencor sí ha de hacerlo, y con esta mi voz del pueblo, sencilla y natural, ubérrima y estéril, millones de seres de la Tierra habrán de saber, que hoy todavía, vive en mi Patria, la mitad de una generación, descendiente de los perdedores de la sanguinaria Guerra Civil que empobreció a la más maravillosa nación del mundo como es mi España, apartados de todo acceso a cualquier puesto de responsabilidad, bien en el gobierno, en los sindicatos, o en cualquier otro lugar, de responsabilidad de la Patria. Y desde aquí, invito a todos los españoles para que investiguen esto que he dicho, y ya verán como es una verdad, que no admite discusión posible. Cuánto placer sentiría yo si me pudiese expresar con ustedes en la maravillosa, ancestral y rica Lengua Asturiana, pues para mí, decir las cosas en Castellano es un verdadero fastidio, con tantos puntos y comas, y demás signos ortográficos, que para un hombre sin estudios de ninguna clase como yo, es una verdadera tortura, pues mi imaginación que idea y piensa con la fuerza de un enorme río enloquecido, a la hora de querer contar estas copiosas cosechas, que hasta en los mismos sueños me alumbra, cuando me pongo a escribir todos estos pensamientos y acaeceres, al expresarlos en español, meto la pata hasta los corbétchones, por esto ruego me perdonen, y háganse a la idea, de quién les está hablando, no es nada más que un humilde aldeano, sin más escuela que la siempre dura universidad de la vida. Y con la fortuna o desgracia de haber nacido con el embrujador duende de ser soñador, no por aparentar, por ocio o por estudio, sino con la intima necesidad que me tortura el alma, al mismo tiempo que me embarga dentro de una felicidad, que me hace en ocasiones ser dichoso, sin jamás haber sido feliz, y en otras dimensiones me llena de tal tristeza, que en apariencia sin sucederme nada, me encuentro tan apenado y deprimido, que todo cuanto me rodea y hasta yo mismo, me parece la pestilente porquería, con que se harta sin jamás hastiarse, el nefasto diablo al que entusiasmados y egoístas servimos. Enteponíu colaba you dellantre de miou madre, espatuxandu caleya adiantre, afalau per las engafuráes pallabres de miou má, camín de la nuesa teixá. (Conducido corría yo delante de mi madre, caminando rápido calleja arriba, arreado por las envenenadoras palabras que mi madre me dirigía, a la vez que hacia nuestro hogar nos acercábamos. Yo miraba arisco para ella, pensando que me iba alcanzar presto, para propinarme ante mis vecinos, otra somanta (paliza) como la que de aun mi cuerpo se condolía. Al fin llegamos a nuestra casa, y ya en ella encoyíu (encogido) por el temor, aguardaba resignado que mi madre calmara su furia dándome una nueva cuera, que mereciéndola, no la merecía. Estaba visto que llevaba unos días, que todos los golpes me habían elegido a mí para sus descansos, primero el cobarde de mi amo, que con sus asquerosas manos, me había puesto el rostro, tan descalabrado que no había en él un lugar sano donde coyera una guya (cupiera una aguja), después el canalla del guardia, que me dejara las orejas tan maltratadas, que me parecía que no eran mías, y para finalizar mi madre con aquella argurtóuxa tocata que m'apurriera (alta paliza que me propinara), que según me parecía, no había sido nada más que la parba (desayuno breve) de la que se esperaba Furibunda y desesperada asiome mi madre por mis maltrechos hombros, y al mirarme yo en sus hermosos y enojudos ojos, pude ver en lo más profundo de ellos, el desmesurado amor que la pobre me tenía, y lejos de azotarme como yo pensaba, sólo me preguntó muy apenada y preocupada: ¿De dónde vamos a sacar esas ciento cincuenta pesetas Xulín? ¡En alguna parte hijo, nos las agenciaremos, porque yo no permitiré que esta canallesca ley, hecha por indeseables sin entrañas, te lleven al reformatorio, donde ellos se tenían primero que reformar, para no seguir sembrando entre los desventurados vencidos, tanta vengativa y nefastosa canallada! Al día siguiente al rayar el alba, después de desayunar el rabón, (leche ácida cocida con harina de maíz) del que yo sí que me harté, pero ella la pobre apenas comió unas cucharadas, armada mi madre de un azáu (hacha) que había pedido prestado a un vecino, y yo de una foiceta (hoz) de podar la leña, fuimos al monte comunal a baltiar (cortar) leña, pues un carro de leña de encina, roble y espinero, que pesaba más de tres mil kilos, pagaba el maestro panadero, de la única panadería que había en el concejo, cincuenta pesetas por él, así que teníamos todo un mes por delante, para preparar los nueve mil kilos de leña, que nos proporcionarían las ciento cincuenta pesetas, con las que calmaríamos las iras de aquella inhumana ley, que tan despiadadamente nos había castigado. Parecía que mi madre poseía la fuerza del más intrépido de los hombres, talmente era un gigante que con una fiereza incomparable, chorreando sudor y espelurciada su rubia cabellera al viento, cortaba sin el menor descanso encinas, robles y espineros, mientras que yo imitándola en cuanto podía, podaba aquellos arbustos con el más grande de todos mis entusiasmos. Serían las tres de la tarde y no habíamos hecho aun el más pequeño descanso, cuando mi madre me dijo que buscase caracoles, que se criaban en abundancia por aquellos lugares, tal cosa hice mientras que ella prendía un buen fuego, y allí asamos los caracoles que al ser atacados por el calor, estiraban su cuerpo asándose perfectamente, y fue aquella asquerosa comida la que mitigó nuestra hambre. Y así un día, y quince, y veinte, hasta que logramos preparar sin desfallecer ni descansar, los tres carros de leña, acarreándolos a las costillas, en otras ocasiones poleándolos (haciéndoles rodar) por entre los zarzales y las peñas, hasta poder llegar con tan copiosa cantidad de leña, al estratégico lugar donde el panadero con su carro, pudiera cargar la leña. Estábamos embalagándola (apilándola) mi madre y yo muy ufanos y satisfechos, de la difícil victoria que habíamos en tan escaso tiempo conseguido, porque en duda pongo, que pocas gentes en todo el Universo en las circunstancias que nosotros nos encontrábamos hubieran podido lograrlo. Digo yo que en tal trabajo nos encontrábamos amontonando aquella leña, que todos los tochos (leños) medio descortezados por la cantidad de veces, que fue menester rodarlos por entre los cuetus (piedras) que poblaban aquel xerrapeíru (sierra) daban señales y no por los cortes de las herramientas, de haber sufrido lo indecible por encontrarse despeyexáus (despellejados) hasta casi el total emporricamiento (desnudez) de las arnas (cortezas) que los cubrían. Nuestras físicas humanidades se encontraban tan maltrechas después de tantos días de sobrehumano trabajo y de raquíticos y deplorables alimentos, que tal parecía que éramos cadabres (cadáveres) vivientes, sino supiesen cuantos nos conocían, que éramos dos invencibles barras del más puro acero. Yo descalzo de afechu (del todo) y mi madre con las alpargatas dándoles vueltas alrededor del tobillo, imposibilitadas del menor encatesu (remiendo) todas nuestras escasas vestiduras lucíanse tan acuchilladas, como si fatáus (muchos) puñales anárquicamente las hubieran rasgado. Y nuestras pieles por todos los lados se encontraban arraguñáes (arañadas), pinchadas, magulladas, en definitiva martirizadas por las piedras, por los espinos, por la infinidad de arbustos que en aquella sierra casi inaccesible para las mismas cabras, yo y mi madre como dos guerreros invencibles, cortamos aquellos tres carros de leña, que al decir de mi madre, servirían estupendísimamente bien para amagostar (asar) a la propia ley, y a los sinvergüenzas y deshumanizadores fascistones que la vieran fechu (hubieran hecho). Y en postura tan deplorable se empobrecían nuestros desventurados cuerpos, por todo lo contrario, nuestros espíritus se lucían sanos y fortalecidos, orgullosos y alegres, por haber conseguido aquel trabajoso y casi imposible triunfo. También solía decir mi madre dentro de una rabia y desilusión enfurecida, que si los «roxus» (rojos) hubiesen batallado con el mismo ardor, e indómito entusiasmo que nosotros habíamos puesto, todos los fascistones de Europa serían nada para vencerlos, ni en lo más mínimo. Vuelvo a repetir, que concluíamos mi madre y yo de empericotar (apilar) los cuatro leños que faltaban para dar por terminada aquella proeza, cuando la diosa fortuna nos vino a visitar en la forma de Falu el maderero, que más o menos, esto fue lo que nos hizo, y nos dijo: ¡Buenas tardes Lluza!, que así era como llamaban en asturiano a mi madre, ya que en castellano su gracia es Luzdivina. ¡Se ‘l tou home allevantara la motchera, ya te viera a tí ya ‘l tuo fiyiquín, nel estáu que vus deixó la llamazoúsa ley del venceor, paime amín, qu'el probetayu espavoríu per tan grandie inxusticia, oitra vez se morrería! (Si tu marido volviera al mundo y te viera a ti y a tu pequeño hijo, en la situación que os ha dejado la fangosa ley del vencedor, me parece a mí, que el pobre lleno de un enloquecedor pavor por tan grande injusticia, otra vez se volvería a morir). —Recuerdo yo muy bien, lo mismo que si en este momento de nuevo lo estuviese viviendo, lo que me ha hecho esta canallesca ley que ahora a ti te martiriza, cuando en los frentes de Teruel me cogieron prisionero. Me internaron en un campo de concentración, y me dieron más palos que días me quedan de vida, aunque muerra tan viétchu (muera tan viejo) como Marcelín el de Fresnedo, que le llevó Dios cuando pasaba de los ciento diez años. Como comida nos daban una lata redonda de sardinas o bonito, que los prisioneros le llamábamos «el reloj», ya que así era de pequeña. Cuando te salía podre, que sucedía la mayor parte de las veces, te pasabas el día haciendo vigilia. ¿Cuánto te va a dar el panadero por esta leña Lluza? ¡Hombre yo creo que son tres carros buenos, y como está pagándose a diez duros el carro, pues me dará treinta! ¿Algamate? (alcánzate para la multa). ¡Sí Falu, ye lu xustu! (Es lo justo). Rafael, que así se llamaba Falu, (uno de los hombres más honrados, trabajadores y enteros que yo he conocido), a la vez que del bolsillo interior de su chaqueta sacaba la cartera dijo: ¡Mera compañera, voy a venir con el camión de la compañía maderera y llevar toda esta montaña de leña a Trubia, yo te voy a entregar ahora por ella trescientas pesetas, si después vale más, ya te daré el resto, y si vale menos, considera ese dinero que te di, como regalo de un roxu decente ya honráu comu tú le yes miou neña! (Rojo decente y honrado como tú lo eres mujer). Al día siguiente que era feria semanal en la capital del concejo, pidiole mi madre prestado a una buena vecina amiga suya un paxiechacu (traje, vestido) y unas zapatillas, y así vestida de prestado la pobre, se trasladó bien de mañana a la Villa, pagó la multa a aquellos canallas que servían a una ley tan ultrajante, que a los vencidos y sus inocentes descendientes peor que a apestosos esclavos nos trataba. Luego, después, compró ella un paxietyín (un vestidito), unas zapatillas y unas madreñas, para mí, un buzo, que era la vestimenta que entre los pobres se estilaba, unas alpargatinas y unas fuertes madreñas, y después de mercar algunas cosas necesarias, vino para casa la mar de contenta y satisfecha. Y ahora yo me pregunto a muchos años de distancia, viviendo aquellos por mí vividos pisoteados y vengativos tiempos, ¿a qué asesinas, sucias y cobardosas manos, irían a parar, aquellos nuestros dineros, ganados con el sobrehumano esfuerzo y la más justa honradez, manchados por la sangre de nuestras heridas producidas en el agotador trabajo, y mojados por tantas gotas de sudor, como de estrellas debe de haber en el infinito cielo? ¿No se dan cuenta amigos lectores, que injusticias como ésta, o de otra índole aun mayores, deben de contarse al Mundo, pese a quien pese, para quienes las escuchan forjen en sus sentimientos, de que en toda guerra, y sobre todo las civiles, dejan tras de sí, primeramente el dolor más deshumanizante, después las venganzas más pervertidas, que darán vida con fuerza ilimitada, a la repugnante, sanguinaria y odiosa fiera, que todo ser humano, desde los primitivos tiempos de su nacencia, lleva celosamente escondida, en el apartamiento más oscuro y más brillante de su espíritu, donde se mueve gozoso el sentimiento humano, tras de saber que a su Prójimo bien le ha hecho, y se revuelve envilecido, encanallado y airado por el odio y las iras endiabladas, cuando también comprende que a sus semejantes, en el dolor y el sufrimiento los ha sumergido. Y fue precisamente a estos desatinados sentimientos, manejantes en aquellos tristes momentos, de las inhumanas leyes que regían los destinos de mi Patria, donde fueron a parar mis dineros, mis primeros dineros, ganados con más santidad y honradez, que pueda llevar dentro la propia Hostia Santa, que es tanto como decir, que sólo los mismos demonios faltos de toda conciencia y sin el más mínimo sentimiento de honestidad, podrían sin sentir asco de sus propias personas, apoderarse de los honrados y muy fatigosos trabajos, de una viuda de los roxus (izquierdistas, rojos, por el mismo estilo), y de un huérfano de los mismos. ¡¡Yo creo, que como aún no habían satisfecho sus ansias asesinas, con la muerte de mi padre y de tantos inocentes, precisaban en el momento que preciso les venía, afestinarse en postres con el esfuerzo y sufrimiento de sus deudos!! Durante algunos días viví yo jugueteando por la aldea, mi vida sin ninguna preocupación, muy contento porque iba vestido con aquel mono nuevo, más delgado que un papel de fumar, ya que se me había esgazáu (roto) por más de media docena de lugares, pero aún así, a mí me parecía que llevaba puesto, mejores galas que el mismo vencedor, que poco lucía sobre sus costillas, que se le pudiera denominar verdaderamente honrado. Mi madre mientras tanto, seguía incansablemente trabajando por las tierras de los vecinos, sin jamás cobrarles ni una peseta de sueldo, pues ella tan sólo quería, que al cambio de sus sudores le dieran una cestina de patatas, una fontadina de farina, ou de fabes lu mesmu foran prietes que blanques, d'arbeyinus ou d'oitra cebeira, dalgún terreñaín de lleiche, mazá, tarabazá, ‘n culiestrus ou cabantes de brañar. (Una fuente de harina, o de alubias de cualquier marca o color que fueran, de guisantes o de cualquier otro cereal que fuera, algún jarro de leche, desnatada, cuajada, o la que alumbran las vacas recién paridas, o de la que terminasen de ordeñar a una vaca de leche). Ella llegaba todos los atardeceres a nuestra casa, sudorosa y cansada, pero resplandeciente de alegría, porque en su mandil traía mi comida. Luego, después de que yo me hartaba, nos acostábamos los dos en aquel jergón de sacos, repleto de hojas de maíz y también de pulgas, y abrazada a mí, se quedaba muy pronto profundamente dormida. Yo que desde niño he dormido poco siempre, quizás para hacer bueno el dicho que de camino me invento, que considera al que poco duerme más infeliz, que quienes tienen la dicha de dormir prácticamente, dentro de estos mis desvelos, en la silenciosa tranquilidad de la noche de aquella amplia sala desmueblada, cuyas paredes y techo estaban del sarro que deja el humo, y plagadas de arroxetáus (enrubiecidos) goterones, que ponían al descubierto las primeras pinturas que habían tenido, fendíu (cortado) de continuo este silencio, por el risueño y sórdido murmullo que alumbraba el pequeño río que vertiginosamente se deslizaba a menos de diez metros de nuestra casa, y otras veces también era enruxeráu (alterado) aquel silencio, por los ladridos de los perros de la aldea, o por el cante siempre misterioso y apabullador que hacen las curuxas (buhos) en la noche, cuento yo en que estos desvelos, observaba el placenteroso dormir de mi madre, con su respirar acompasado, fuerte y sano, con todos sus acerosos músculos, con naturalidad relajados, talmente parecía mi madre del todo inofensiva, mas sin embargo, aquel perfecto y vigoroso cuerpo que acoplaba fuerzas en el descanso, de la misma natural manera que agigantadamente dormido descansaba, cuando despierto se hallaba, se transformaba en un invencible e incansable guerrero, condenada ya a luchar en l'engarradiétcha del trabayu (la pelea del trabajo), todos los momentos de su vida, por los mismos endemoniados vencedores, que primeramente le habían achuquináu ‘l sou home ya lus sous fíus. (Asesinado a su marido y a sus hijos). Y ahora que ya todo ha pasado, y lejos de olvidarlo se agiganta cada día más en mi mente, yo me pregunto, que si mi madre no hubiese sido así de luchadora, de brava, de valiente y honrada, qué seria de mí y de ella misma, acosados en todo momento por la ley insana del vencedor, y xunius (uncidos) también para siempre, en el desventuroso carro de la esclavitud bien vigilada, por el látigo y la pistola del triunfador.Primer Diccionario Enciclopédicu de la Llingua Asturiana > carraca
-
16 tirare
1. v/t pull( tendere) stretch( lanciare) throw( sparare) fire( tracciare) drawtirare fuori take outbambino bring uptirare giù take down2. v/i pulldi abito be too tightdi vento blow( sparare) shoottirare avanti ( arrangiarsi) get by, manage( continuare) keep goingtirare dritto go straight ontirare a sorte draw lots* * *tirare v.tr.1 to pull; to draw*; ( trascinare) to drag: tira, non spingere, pull, don't push; tirare una corda, to pull a rope; una carrozza tirata da quattro cavalli, a coach drawn by four horses; tirava un sacco pesante, he was dragging a heavy sack; tirò il tavolo vicino al muro, he drew the table near the wall; tirare la manica a qlcu., tirare qlcu. per la manica, to pull (o to pluck) s.o.'s sleeve; tirare il campanello, to pull the bell; tirare le reti, to haul in the nets // una parola tira l'altra, one thing leads to another // una ciliegia tira l'altra, cherries are moreish // il suo comportamento tira gli schiaffi, his behaviour gets my goat // tirare il fiato, to get one's breath back // tirarsi gente in casa, to bring people home // tirare qlcu. dalla propria parte, to bring s.o. round to one's point of view // tirare giù, to pull down, to let down; ( abbassare) to lower: tirare giù la saracinesca, to pull down the shutter (o to let the shutter down); tirare giù un libro da uno scaffale, to take down a book from a shelf; (comm.) tirare giù un prezzo, to lower (o to reduce) a price // tirare su, to pull up; ( raccogliere) to pick up: tira su quel pezzo di carta dal pavimento, pick up that piece of paper from the floor; tirarsi su le calze, to pull up one's socks; tirarsi su i capelli, to put up one's hair; tirare su un muro, to build a wall; tirare su un bambino, to bring up a child; le vacanze l'hanno tirato su, the holidays have set him up again // tirare dentro, to bring in; hanno tirato dentro anche me, they dragged me into it too // tirare fuori, to draw out: tirò fuori l'abito dalla valigia, she drew out the dress from the case; tira fuori le mani di tasca, take your hands out of your pockets; tira fuori tutto quello che hai da dire, spill the beans; tirare fuori la verità, to come out with the truth; tirare fuori qlcu., ( di prigione) to have (o to get) s.o. out (of prison) // tirare via, ( togliere) to take away; to pull out (o off o away): tira via la sedia, take away the chair; hanno tirato via l'etichetta, they have pulled off the label; tirò via un chiodo, he pulled out a nail; tirare via un lavoro, ( non farlo accuratamente) to finish off a job // tirarsi dietro, to draw (o to pull) after oneself; ( portare con sé) to drag after oneself: si tirò dietro la porta, he pulled the door to after him; devo sempre tirarmi dietro mio fratello, I always have to drag my brother around after me // tirarsi addosso le critiche di tutti, to make oneself the object of everybody's criticism2 ( lanciare) to throw*: tirare un sasso a un cane, to throw a stone at a dog; tirare una freccia, to shoot an arrow; tirare ( il pallone) in porta, a rete, to shoot // tirare i dadi, to throw dice // tirare calci, pugni, to kick, to punch3 ( tendere) to draw*: tirare le tende, to draw the curtains; tirare un filo, to put up a line, ( delle calze) to pull a thread (in one's stockings) // tirare una riga, to draw a line // tirare l'arco, to bend (o to draw) the bow // tirarla, ( vivere in ristrettezze) to have trouble making ends meet // tirare tardi, giorno, mattina, (region.) to stay up late; tirare notte, to pass the time4 ( ricavare) to draw; ( fare) to make*: tirare una conclusione, to draw a conclusion; tirare le somme, to sum up (anche fig.) // tirare la paga, l'affitto, (antiq.) to draw (o to collect) one's wages, the rent5 ( far diventare): tirare a lucido, a cera, to polish; essere tirato a lucido, (fig.) to be dolled up6 ( stampare) to print, to run* off: tirare 1000 copie di un libro, to print (o to run off) 1000 copies of a book; tirare le bozze, to pull proofs◆ v. intr.1 to go* on, to carry on: ''Come va?'' ''Si tira avanti'', ''How are you?'' ''Not so bad'' (o ''Could be worse''); tirarono avanti per parecchi chilometri, they went on for many kilometres2 ( mirare, tendere) to approach, to tend: un grigio che tira all'azzurro, a bluish grey // tirare ai soldi, to aim at money3 (fig. fam.) ( avere inclinazione) to prefer (sthg.): tira più per la pallacanestro che per il calcio, he prefers basketball to football4 ( sparare) to shoot*; ( far fuoco) to fire: sa tirare bene, he is a good shot; ordinò loro di tirare, he ordered them to fire; tirare a qlcu., to shoot (o to fire) at s.o. // tirare di scherma, di spada, to fence; tirare di boxe, to box5 ( soffiare) to blow*: tira vento, the wind is blowing (o it is windy) // tira aria di tempesta, (fig.) a storm is in the air (o there is a stormy atmosphere)6 ( avere tiraggio) to draw*: il camino non tira, the chimney doesn't draw; questo sigaro tira bene, this cigar draws well // (econ.): l'industria automobilistica tira, the car industry is thriving; questa azienda non tira, this firm is not doing well8 ( di strada) to go* uphill, to run* uphill9 ( di indumenti, stringere) to be tight: questo vestito tira sui fianchi, this dress is too tight on the hips◘ tirarsi v.rifl.1 to draw*; to drag: si tirò da parte, he drew to one side // tirare su, ( alzarsi) to draw oneself up; ( riprendersi) to feel better: si tirò su quando mi vide, he drew himself up (o stood up) when he saw me // tirare indietro, to draw back, (fig.) to hold back2 (ant.) to go*.* * *[ti'rare]1. vttirare qn da parte — to take o draw sb aside
tirare qn per i capelli — to pull sb's hair, fig to force sb
tirare fuori — to pull out, take out
tirare su qn/qc — to pull sb/sth up
tirare su qn — (fig : rallegrare) to cheer sb up, (allevare) to bring sb up
tirarsi dietro qn — to bring o drag sb along
tirarsi addosso qc — to pull sth down on top of o.s., fig to bring sth upon o.s.
2) (chiudere: tende) to draw, close, pulltirare la porta — to close the door, pull the door to
3) (tracciare, disegnare) to draw, trace, (stampare) to print4) (lanciare: sasso, palla) to throw, fling, (colpo, freccia) to fire, (fig : bestemmie, imprecazioni) to hurl, let flytirare il pallone Calcio — to kick the ball
2. vitirare avanti — (fig : vivere) to get by, (proseguire) to struggle on
tirare tardi/mattina — to stay up late/till the early hours o dawn
tirare col fucile/con l'arco — to shoot with a rifle/with a bow and arrow
che aria tira? fig — what are things like?, what's the situation like?
tirare in porta Calcio — to shoot (at goal)
il mercato/l'economia tira — the market/the economy is thriving
3. vr (tirarsi)tirarsi indietro — to draw o move back, fig to back out
tirarsi su — to pull o.s. up, fig to cheer o.s. up
* * *[ti'rare] 1.verbo transitivo1) (esercitare una trazione su) to pull [catena, corda, leva, freno a mano]; to pull, to tug [ capelli]; (per chiudere) to draw*, to pull [ tende]tirare qcn. per il braccio — to pull sb. by the arm o sb.'s arm
2) (lanciare) to throw*, to toss, to fling* [ pallone]; to throw*, to cast* [sasso, dadi]; to shoot*, to fire [ freccia]; (sparare) to shoot*, to fire [proiettile, granata]; to fire, to take* [ colpo]tirare qcs. a qcn. — to throw sth. at sb., to toss sb. sth
3) (sferrare)tirare calci — [persona, animale] to kick (out)
tirare un rigore — sport to kick a penalty
4) (tendere) to stretch, to tighten [ filo]; to draw* [ arco]; (stendere) gastr. to roll out [ pasta]5) (trainare) to draw*, to pull [roulotte, carro, aratro, slitta]6) (tracciare) to draw* [linea, tratto]8) (trarre, ricavare) to draw* [acqua, vino]10) tirare dentro (portare dentro) to bring* in(side); fig. (coinvolgere) to bring* into, to drag into11) tirare dietro to throw* [sth.] behindte li tirano dietro — fig. they are two o ten a penny, they are a dime a dozen
12) tirare fuori to take* out, to draw* out, to get* out, to pull out [documenti, ombrello, portafogli]; to get* out [ auto]; to bring* out, to get* out, to pull out [fazzoletto, pistola]; to come* up with [idea, risposta]; to come* out with [scusa, verità]; to poke out, to put* out, to stick* out [ lingua]tirare fuori da qcs. — to take o draw [sth.] out of sth., to produce [sth.] from sth. [ oggetto]
tirami fuori di qui! — (fare uscire) get me out of this place!
tirare qcn. fuori dai guai — to get sb. out of trouble
13) tirare giù (abbassare) to take* down, to pull down [pantaloni, mutande]; to draw* down [tapparella, velo, tenda]; to let* down [ orlo]; to fold down [ lenzuolo]; to roll down [ maniche]; to wind* down, to put* down [ finestrino]; fig. to bring* down, to knock back [ prezzo]; (buttare per terra) to throw* [sb., sth.] to the ground; (abbattere) to shoot* down [ aereo]tirare giù qcn. dal letto — to get o drag o haul sb. out of bed
14) tirare indietro to put* back, to throw* back [ spalle]; to slide* back [ sedile]; (pettinare) to push back [ capelli]15) tirare in dentro to pull in [ pancia]16) tirare su (alzare) to pull up, to lift, to hitch up [pantaloni, gonna, calze]; to raise, to draw* up [tenda, tapparella]; to take* up [ orlo]; to pull up, to hitch up [ coperte]; to turn up [ colletto]; to roll up [ maniche]; to wind* up, to put* up [ finestrino]; to raise, to lift, to put* up [testa, braccia, gambe]; to pin up, to put* up [ capelli]; fig. to put* up, to raise, to push up [ prezzo]; (sollevare) to pick up, to catch* up [bambino, borsa]; (costruire) to build* [parete, casa]; (allevare) to bring* up [bambino, figlio]; fig. (risollevare) to uplift, to cheer up [ persona]; to raise, to uplift, to boost [ morale]tirare su qcs. dal pavimento — to pick sth. off the floor
tirare su col naso — to sniff(le), to snuffle
17) tirare via (togliere) to draw* away [mano, piede]; to pull off [ coperchio]; (strappare) to pull off [ adesivo]2.1) (esercitare una trazione) to pull2) (soffiare) to blow*; (avere tiraggio) [camino, pompa] to draw*oggi tira vento — it's windy o the wind is blowing today
sentire o vedere che aria tira fig. to see which way the wind blows; con l'aria che tira! — at the rate things are going!
3) (con un'arma) to shoot* (su, a at)tirare di boxe — sport to box
tirare di scherma — sport to fence
4) (stringere)tirare in vita — [ vestito] to be (too) tight around one's waist
6) fig. (contrattare)tirare sul prezzo — to haggle over the price, to bargain
7) gerg. (sniffare)8) tirare avanti (continuare) to go* on, to carry on, to press on; (vivacchiare) to bear* up, to struggle along; (sopravvivere economicamente) to cope, to get* along, to scrape by9) tirare d(i)ritto (andare oltre) to pass on3.verbo pronominale tirarsi- rsi i capelli — to pull at one's hair; (l'un l'altro) to pull at each other's hair
-rsi i baffi, il labbro — to tug at one's moustache, lip
2) (spostarsi)- rsi in là — to budge up o over, to shove over
tirati da parte — step o move aside
3) (lanciarsi) to throw* [sth.] to each other [ pallone]; to throw* [sth.] at each other, to throw* [sth.] against each other [sassi, colpi]4) tirarsi addosso to bring* (down) [sth.] upon oneself; fig. (attirarsi) to bring* down, to incur [dispiacere, collera]; to bring* [sth.] down [ critiche]5) tirarsi dietro to bring* along [ persona]; fig. to bring* about [problemi, complicazioni]6) tirarsi fuori da to wriggle one's way out of, to clamber out of- rsi fuori dai guai — fig. to wriggle off the hook
7) tirarsi indietro (scansarsi) to move aside, to step aside; (ritirarsi) to back down, to flinch, to hang* back; (pettinarsi)8) tirarsi su (alzarsi) to rise*, to draw* oneself up, to raise oneself up; (mettersi dritto) to rise*, to stand* up, to get* up; (mettersi seduto) to sit* upright, to raise oneself to a sitting position; fig. (risollevarsi) (moralmente) to cheer up; (fisicamente) to gather oneself, to recover, to bounce back; (economicamente) to bounce back; (raccogliere) to put* up, to pin up [ capelli]; to pull up, to hitch up [pantaloni, gonna, calze]9) tirarsela colloq. to put* on airs, to get* above oneself••tirare per le lunghe, in lungo — to spin out [storia, discussione]; to drag out [riunione, discorso]
tirarla per le lunghe — to drag one's feet o heels, to hang fire
* * *tirare/ti'rare/ [1]1 (esercitare una trazione su) to pull [catena, corda, leva, freno a mano]; to pull, to tug [ capelli]; (per chiudere) to draw*, to pull [ tende]; tirare qcn. per il braccio to pull sb. by the arm o sb.'s arm; tirare il collo a un pollo to wring a chicken's neck; tirare le reti to pull the nets (out)2 (lanciare) to throw*, to toss, to fling* [ pallone]; to throw*, to cast* [sasso, dadi]; to shoot*, to fire [ freccia]; (sparare) to shoot*, to fire [proiettile, granata]; to fire, to take* [ colpo]; tirare qcs. a qcn. to throw sth. at sb., to toss sb. sth.3 (sferrare) tirare calci [persona, animale] to kick (out); tirare un pugno to throw a punch; tirare un rigore sport to kick a penalty4 (tendere) to stretch, to tighten [ filo]; to draw* [ arco]; (stendere) gastr. to roll out [ pasta]5 (trainare) to draw*, to pull [roulotte, carro, aratro, slitta]6 (tracciare) to draw* [linea, tratto]7 (portare con sé) una parola tira l'altra one word leads to another8 (trarre, ricavare) to draw* [acqua, vino]10 tirare dentro (portare dentro) to bring* in(side); fig. (coinvolgere) to bring* into, to drag into11 tirare dietro to throw* [sth.] behind; te li tirano dietro fig. they are two o ten a penny, they are a dime a dozen12 tirare fuori to take* out, to draw* out, to get* out, to pull out [documenti, ombrello, portafogli]; to get* out [ auto]; to bring* out, to get* out, to pull out [fazzoletto, pistola]; to come* up with [idea, risposta]; to come* out with [scusa, verità]; to poke out, to put* out, to stick* out [ lingua]; tirare fuori da qcs. to take o draw [sth.] out of sth., to produce [sth.] from sth. [ oggetto]; tirami fuori di qui! (fare uscire) get me out of this place! cosa tirerà fuori adesso! what (will he come out with) next! tirare qcn. fuori dai guai to get sb. out of trouble13 tirare giù (abbassare) to take* down, to pull down [pantaloni, mutande]; to draw* down [tapparella, velo, tenda]; to let* down [ orlo]; to fold down [ lenzuolo]; to roll down [ maniche]; to wind* down, to put* down [ finestrino]; fig. to bring* down, to knock back [ prezzo]; (buttare per terra) to throw* [sb., sth.] to the ground; (abbattere) to shoot* down [ aereo]; tirare giù qcn. dal letto to get o drag o haul sb. out of bed14 tirare indietro to put* back, to throw* back [ spalle]; to slide* back [ sedile]; (pettinare) to push back [ capelli]; tirare indietro le lancette dell'orologio to put the clock back15 tirare in dentro to pull in [ pancia]16 tirare su (alzare) to pull up, to lift, to hitch up [pantaloni, gonna, calze]; to raise, to draw* up [tenda, tapparella]; to take* up [ orlo]; to pull up, to hitch up [ coperte]; to turn up [ colletto]; to roll up [ maniche]; to wind* up, to put* up [ finestrino]; to raise, to lift, to put* up [testa, braccia, gambe]; to pin up, to put* up [ capelli]; fig. to put* up, to raise, to push up [ prezzo]; (sollevare) to pick up, to catch* up [bambino, borsa]; (costruire) to build* [parete, casa]; (allevare) to bring* up [bambino, figlio]; fig. (risollevare) to uplift, to cheer up [ persona]; to raise, to uplift, to boost [ morale]; tirami su! lift me up! tirare su qcs. dal pavimento to pick sth. off the floor; tirare su col naso to sniff(le), to snuffle17 tirare via (togliere) to draw* away [mano, piede]; to pull off [ coperchio]; (strappare) to pull off [ adesivo](aus. avere)1 (esercitare una trazione) to pull; tira forte! pull hard!2 (soffiare) to blow*; (avere tiraggio) [camino, pompa] to draw*; oggi tira vento it's windy o the wind is blowing today; sentire o vedere che aria tira fig. to see which way the wind blows; con l'aria che tira! at the rate things are going!3 (con un'arma) to shoot* (su, a at); tirare con l'arco to shoot with a bow and arrow; tirare di boxe sport to box; tirare di scherma sport to fence8 tirare avanti (continuare) to go* on, to carry on, to press on; (vivacchiare) to bear* up, to struggle along; (sopravvivere economicamente) to cope, to get* along, to scrape by; questo mi basta per tirare avanti this is enough to keep me going9 tirare d(i)ritto (andare oltre) to pass onIII tirarsi verbo pronominale1 (esercitare una trazione) - rsi i capelli to pull at one's hair; (l'un l'altro) to pull at each other's hair; -rsi i baffi, il labbro to tug at one's moustache, lip3 (lanciarsi) to throw* [sth.] to each other [ pallone]; to throw* [sth.] at each other, to throw* [sth.] against each other [sassi, colpi]4 tirarsi addosso to bring* (down) [sth.] upon oneself; fig. (attirarsi) to bring* down, to incur [dispiacere, collera]; to bring* [sth.] down [ critiche]5 tirarsi dietro to bring* along [ persona]; fig. to bring* about [problemi, complicazioni]; tirati dietro la porta close the door behind you6 tirarsi fuori da to wriggle one's way out of, to clamber out of; - rsi fuori dai guai fig. to wriggle off the hook7 tirarsi indietro (scansarsi) to move aside, to step aside; (ritirarsi) to back down, to flinch, to hang* back; (pettinarsi) - rsi indietro i capelli to tie back one's hair8 tirarsi su (alzarsi) to rise*, to draw* oneself up, to raise oneself up; (mettersi dritto) to rise*, to stand* up, to get* up; (mettersi seduto) to sit* upright, to raise oneself to a sitting position; fig. (risollevarsi) (moralmente) to cheer up; (fisicamente) to gather oneself, to recover, to bounce back; (economicamente) to bounce back; (raccogliere) to put* up, to pin up [ capelli]; to pull up, to hitch up [pantaloni, gonna, calze]9 tirarsela colloq. to put* on airs, to get* above oneselftirare per le lunghe, in lungo to spin out [storia, discussione]; to drag out [riunione, discorso]; tirarla per le lunghe to drag one's feet o heels, to hang fire. -
17 plato
m.1 plate, dish.parece que no ha roto un plato en su vida (figurative) he looks as if butter wouldn't melt in his mouthplato hondo o sopero soup dish o plateplato llano plateplato de postre dessert plate2 course (parte de una comida).primer plato first course, starterde primer plato for starterssegundo plato second course, main coursesu actuación es el plato fuerte de la noche her performance is the night's main eventplato principal main course3 dish (food).plato combinado = single-course meal which usually consists of meat or fish accompanied by chips and vegetablesplato del día dish of the dayplato precocinado pre-cooked mealplato preparado ready-made mealplato típico typical dish4 turntable.5 chain wheel.6 clay pigeon (sport).7 film set.* * *1 (recipiente) plate, dish2 COCINA dish3 (en comida) course■ de primer plato hay sopa y de segundo pescado we've got soup for starters and fish for the main course4 (de una balanza) pan5 (de un tocadiscos) turntable\fregar/lavar los platos to do the dishes, do the washing-uppagar los platos rotos familiar to take the blame, carry the cantener cara de no haber roto un plato (en la vida) familiar to look as if butter wouldn't melt in one's mouthplato de postre dessert plateplato fuerte (de una comida) main course 2 (de un acto) main attraction 3 (de un espectáculo) star attractionplato hondo soup plate, soup dishplato llano dinner plateplato sopero soup plate, soup dish* * *noun m.1) dish2) plate3) course* * *SM1) (=recipiente) [para comer] plate; [de balanza] panfregar los platos — to wash o do the dishes, wash up
plato hondo — soup dish, soup plate
plato sopero — soup dish, soup plate
2) (=contenido del plato) plate, platefulun plato de arroz — a plate o plateful of rice
- vender algo por un plato de lentejas3) (Culin) [en menú] course; (=guiso) dishplato central — Ven main course
plato combinado — set main course, meat or fish etc served with vegetable accompaniment as one dish
plato fuerte — (=comida principal) main course; (=abundante) big meal; (=tema principal) main topic, central theme; (=punto fuerte) strong point
4) [de tocadiscos] turntableplato giradiscos, plato giratorio — turntable
5)6) (Téc) plate7) (Dep)8) Cono Sur*es un plato — (=guapo) he's a dish *, he's very dishy *
¡qué plato! — (=divertido) what a laugh!
* * *1)a) ( utensilio) platelavar or fregar los platos — to wash o do the dishes
no haber roto un plato — (fam)
tiene cara de no haber roto un plato en su vida — she looks as if butter wouldn't melt in her mouth (colloq)
b) ( para taza) tb2) ( contenido) plate, platefulme comí dos platos — I had two helpings o platefuls
3)a) ( receta) dishno es plato de gusto — it's no fun (colloq)
b) ( en una comida) course¿qué hay de segundo plato? — what's for (the) main course?
4)a) ( de balanza) (scale) panb) ( de tocadiscos) turntablec) (Dep) clay pigeond) ( en béisbol) home plate5) (AmS fam) (situación, persona divertida) scream (colloq)* * *1)a) ( utensilio) platelavar or fregar los platos — to wash o do the dishes
no haber roto un plato — (fam)
tiene cara de no haber roto un plato en su vida — she looks as if butter wouldn't melt in her mouth (colloq)
b) ( para taza) tb2) ( contenido) plate, platefulme comí dos platos — I had two helpings o platefuls
3)a) ( receta) dishno es plato de gusto — it's no fun (colloq)
b) ( en una comida) course¿qué hay de segundo plato? — what's for (the) main course?
4)a) ( de balanza) (scale) panb) ( de tocadiscos) turntablec) (Dep) clay pigeond) ( en béisbol) home plate5) (AmS fam) (situación, persona divertida) scream (colloq)* * *plato11 = dish [dishes, -pl.], plate, platter.Ex: She put the dishes in the sink, locked the balcony door, found her purse, and sallied forth.
Ex: To make it even easier on you, we will provide plates, forks, napkins, cups and even candles for your party.Ex: Hard drives typically have several platters which are mounted on the same spindle.* carro de los platos sucios = dirty-dish cart.* Comida + de dos platos = two course + Comida.* comida de dos platos y postre = three-course meal.* comida de tres platos = three-course meal.* fregar los platos = do + the washing-up.* lavado de platos = dishwashing.* lavar los platos = wash + dishes, washing up, do + the washing-up.* pagar los platos rotos = carry + the can, pick up + the pieces.* plato bandeja = charger.* plato de cristal = glass plate.* plato de papel = paper plate.* plato de plástico = picnic plate.* plato de un solo uso = disposable plate.* plato de usar y tirar = disposable plate.* plato fuerte = main dish, strong point, entrée, main entrée.* plato principal = entrée, main entrée.* platos precocinados = baked goods.* primer plato = side entrée.* primer y segundo plato = main dish.* recoger los platos rotos = pick up + the pieces, sort out + the mess.* reunión en la que cada persona trae un plato para compartir = potluck.* sacar los pies del plato = break out of + the box.* segundo plato = a little something on the side, entrée, main entrée.plato22 = chainring, clay pigeon.Ex: If you're sitting on your bike, the shifter on your left controls shifting over the chainrings.
Ex: This voucher permits you to shoot at 60 clay pigeons, with cartridges and hearing protection under the supervision of your clay pigeon shooting instructor.* plato de presión del embrague = pressure plate.* tiro al plato = clay pigeon shooting.* * *A1 (utensilio) platenada entre dos platos nothing much¿qué pasó al final? — nada entre dos platos what happened in the end? — nothing dramatic o nothing muchno haber roto un plato ( fam): tiene cara de no haber roto un plato en su vida she looks as if butter wouldn't melt in her mouth ( colloq)pagar los platos rotos to pay the consequences, to take the rap ( AmE colloq), to carry the can ( BrE colloq)2 (para una taza) tbplatito saucerCompuestos:( Chi) dinner plate, platedessert plate( Méx) dinner plate, platesoup dish● plato llano or lisodinner plate, plate( Méx) dinner plate, plate( RPI) dinner plate, platesoup dishB (contenido) plate, platefulestaba delicioso, yo comí dos platos it was delicious, I had two helpings o platefulsC1 (receta) dishun plato de arroz/pescado a rice/fish dishes su plato favorito it's his favorite dishes el plato típico de esa región it is the typical dish of that regionno es plato de gusto it's no fun ( colloq), it's not much fun2 (en una comida) courseuna comida de cuatro platos a four-course meal¿qué hay de segundo plato? what's for (the) main course?no me gusta ser plato de segunda mesa I don't like being treated as second best o playing second fiddleCompuestos:( Ven) main course( Esp) meal served on one plate, eg burger, eggs and fries( AmL); main course, main dishdish of the day( Coc) main course, main dish ; (de un espectáculo) pièce de résistanceel plato fuerte del día fue la conferencia del doctor Tercedor the main attraction o the high point of the day was the talk by doctor TercedorD1 (de una balanza) scale pan, pan2 (de un tocadiscos) turntable3 ( Dep) clay pigeon4 (de la ducha) base, tray5 (en béisbol) home plate¡qué plato! what a scream o hoot o laugh! ( colloq)es un plato she's a scream o a riot* * *
Multiple Entries:
plato
plató
plato sustantivo masculino
1
lavar or fregar los platós to wash o do the dishes;
plató hondo or sopero soup dish;
plató llano or (RPl) playo or (Chi) bajo or (Méx) extendido (dinner) plate
2 ( contenido) plate, plateful
3
◊ plató central (Ven) main course;
plató combinado (Esp) meal served on one plate, eg burger, eggs and fries;
plató del día dish of the day;
plató fuerte or principal (Coc) main course
4
c) (Dep) clay pigeon
plató sustantivo masculino
set
plato sustantivo masculino
1 (pieza de vajilla) plate, dish
plato de postre, dessert plate
plato sopero, soup dish
2 (contenido) plateful, dish
3 (parte de una comida) course
primer plato, starter, first course
4 (receta) dish
5 (de balanza) pan, tray
6 (de tocadiscos) turntable
♦ Locuciones: no ser plato de gusto, to be no fun
pagar los platos rotos, to pay the consequences
plato fuerte, Cul main course o dish
(de un espectáculo) el plato fuerte de la noche fue el número de la contorsionista, the main attraction of the evening was the contortionist's number
plató m Cine TV set
' plató' also found in these entries:
Spanish:
cubierta
- cubierto
- fuente
- grabar
- herniarse
- honda
- hondo
- mella
- plato
- repetir
- servirse
- sopera
- sopero
- Tiro
- alguno
- alimenticio
- apetitoso
- árabe
- brocheta
- crema
- criollo
- curry
- desconchado
- desconcharse
- enchilar
- estrellar
- inclinar
- llenar
- minuta
- mirar
- mole
- orilla
- pedir
- platillo
- preparar
- quebrar
- quemar
- romper
- roto
- salado
- típico
- tiro
- tornamesa
English:
back
- course
- deck
- dish
- exit
- film set
- grill
- highlight
- hurl
- main
- menu
- ovenproof
- plate
- polish off
- rind
- set
- shallow
- soup bowl
- soup plate
- turntable
- baked beans
- dash
- dinner
- haggis
- hash
- heap
- hot
- rush
- starter
- turn
- wash
* * *plato nm1. [recipiente] plate, dish;lavar los platos to wash the dishes, Br to do the washing-up;estaba el mar como un plato the sea was like a millpond;Famcomer en el mismo plato to be great friends;Famnada entre dos platos nothing special;Fampagar los platos rotos to carry the can;Famparece que no ha roto un plato en su vida he looks as if butter wouldn't melt in his mouthplato hondo soup dish o plate;plato llano plate;Méx, RP plato playo plate;plato de postre dessert plate;plato sopero soup dish o plate2. [parte de una comida] course;segundo plato second course, main course;Fam [haber perdido la virginidad] to be spoiled goods plato combinado = single-course meal which usually consists of meat or fish accompanied by French fries and sometimes vegetables; Chile plato de fondo main course;plato fuerte [en una comida] main course;Fig main part;su actuación es el plato fuerte de la noche her performance is the night's main event;plato principal main course3. [comida] dish;mi plato favorito my favourite mealplato del día dish of the day;plato precocinado pre-cooked meal;plato preparado ready-made meal;plato típico typical dish;plato único single-course meal4. [de tocadiscos, microondas] turntable5. [de bicicleta] chain wheel6. [de balanza] pan, scale7. Dep clay-pigeon8. CompAm Famser un plato to be a scream;¡qué plato! how hilarious!* * *m1 recipiente plate;parece no haber roto un plato en su vida she looks as though butter wouldn’t melt in her mouth;pagar los platos rotos fam carry the can fam2 GASTR dish* * *plato nm1) : plate, dishlavar los platos: to do the dishes2) : serving, helping3) : course (of a meal)4) : dishplato típico: typical dish5) : home plate (in baseball)6)plato hondo : soup bowlplató nm: set (in the movies)* * *plato n1. (recipiente) plate2. (guiso) dish3. (parte de la comida) course -
18 plató
m.1 plate, dish.parece que no ha roto un plato en su vida (figurative) he looks as if butter wouldn't melt in his mouthplato hondo o sopero soup dish o plateplato llano plateplato de postre dessert plate2 course (parte de una comida).primer plato first course, starterde primer plato for starterssegundo plato second course, main coursesu actuación es el plato fuerte de la noche her performance is the night's main eventplato principal main course3 dish (food).plato combinado = single-course meal which usually consists of meat or fish accompanied by chips and vegetablesplato del día dish of the dayplato precocinado pre-cooked mealplato preparado ready-made mealplato típico typical dish4 turntable.5 chain wheel.6 clay pigeon (sport).7 film set.* * *1 (recipiente) plate, dish2 COCINA dish3 (en comida) course■ de primer plato hay sopa y de segundo pescado we've got soup for starters and fish for the main course4 (de una balanza) pan5 (de un tocadiscos) turntable\fregar/lavar los platos to do the dishes, do the washing-uppagar los platos rotos familiar to take the blame, carry the cantener cara de no haber roto un plato (en la vida) familiar to look as if butter wouldn't melt in one's mouthplato de postre dessert plateplato fuerte (de una comida) main course 2 (de un acto) main attraction 3 (de un espectáculo) star attractionplato hondo soup plate, soup dishplato llano dinner plateplato sopero soup plate, soup dish* * *noun m.1) dish2) plate3) course* * *SM1) (=recipiente) [para comer] plate; [de balanza] panfregar los platos — to wash o do the dishes, wash up
plato hondo — soup dish, soup plate
plato sopero — soup dish, soup plate
2) (=contenido del plato) plate, platefulun plato de arroz — a plate o plateful of rice
- vender algo por un plato de lentejas3) (Culin) [en menú] course; (=guiso) dishplato central — Ven main course
plato combinado — set main course, meat or fish etc served with vegetable accompaniment as one dish
plato fuerte — (=comida principal) main course; (=abundante) big meal; (=tema principal) main topic, central theme; (=punto fuerte) strong point
4) [de tocadiscos] turntableplato giradiscos, plato giratorio — turntable
5)6) (Téc) plate7) (Dep)8) Cono Sur*es un plato — (=guapo) he's a dish *, he's very dishy *
¡qué plato! — (=divertido) what a laugh!
* * *masculino set* * *1)a) ( utensilio) platelavar or fregar los platos — to wash o do the dishes
no haber roto un plato — (fam)
tiene cara de no haber roto un plato en su vida — she looks as if butter wouldn't melt in her mouth (colloq)
b) ( para taza) tb2) ( contenido) plate, platefulme comí dos platos — I had two helpings o platefuls
3)a) ( receta) dishno es plato de gusto — it's no fun (colloq)
b) ( en una comida) course¿qué hay de segundo plato? — what's for (the) main course?
4)a) ( de balanza) (scale) panb) ( de tocadiscos) turntablec) (Dep) clay pigeond) ( en béisbol) home plate5) (AmS fam) (situación, persona divertida) scream (colloq)* * *plato11 = dish [dishes, -pl.], plate, platter.Ex: She put the dishes in the sink, locked the balcony door, found her purse, and sallied forth.
Ex: To make it even easier on you, we will provide plates, forks, napkins, cups and even candles for your party.Ex: Hard drives typically have several platters which are mounted on the same spindle.* carro de los platos sucios = dirty-dish cart.* Comida + de dos platos = two course + Comida.* comida de dos platos y postre = three-course meal.* comida de tres platos = three-course meal.* fregar los platos = do + the washing-up.* lavado de platos = dishwashing.* lavar los platos = wash + dishes, washing up, do + the washing-up.* pagar los platos rotos = carry + the can, pick up + the pieces.* plato bandeja = charger.* plato de cristal = glass plate.* plato de papel = paper plate.* plato de plástico = picnic plate.* plato de un solo uso = disposable plate.* plato de usar y tirar = disposable plate.* plato fuerte = main dish, strong point, entrée, main entrée.* plato principal = entrée, main entrée.* platos precocinados = baked goods.* primer plato = side entrée.* primer y segundo plato = main dish.* recoger los platos rotos = pick up + the pieces, sort out + the mess.* reunión en la que cada persona trae un plato para compartir = potluck.* sacar los pies del plato = break out of + the box.* segundo plato = a little something on the side, entrée, main entrée.plato22 = chainring, clay pigeon.Ex: If you're sitting on your bike, the shifter on your left controls shifting over the chainrings.
Ex: This voucher permits you to shoot at 60 clay pigeons, with cartridges and hearing protection under the supervision of your clay pigeon shooting instructor.* plato de presión del embrague = pressure plate.* tiro al plato = clay pigeon shooting.* * *A1 (utensilio) platenada entre dos platos nothing much¿qué pasó al final? — nada entre dos platos what happened in the end? — nothing dramatic o nothing muchno haber roto un plato ( fam): tiene cara de no haber roto un plato en su vida she looks as if butter wouldn't melt in her mouth ( colloq)pagar los platos rotos to pay the consequences, to take the rap ( AmE colloq), to carry the can ( BrE colloq)2 (para una taza) tbplatito saucerCompuestos:( Chi) dinner plate, platedessert plate( Méx) dinner plate, platesoup dish● plato llano or lisodinner plate, plate( Méx) dinner plate, plate( RPI) dinner plate, platesoup dishB (contenido) plate, platefulestaba delicioso, yo comí dos platos it was delicious, I had two helpings o platefulsC1 (receta) dishun plato de arroz/pescado a rice/fish dishes su plato favorito it's his favorite dishes el plato típico de esa región it is the typical dish of that regionno es plato de gusto it's no fun ( colloq), it's not much fun2 (en una comida) courseuna comida de cuatro platos a four-course meal¿qué hay de segundo plato? what's for (the) main course?no me gusta ser plato de segunda mesa I don't like being treated as second best o playing second fiddleCompuestos:( Ven) main course( Esp) meal served on one plate, eg burger, eggs and fries( AmL); main course, main dishdish of the day( Coc) main course, main dish ; (de un espectáculo) pièce de résistanceel plato fuerte del día fue la conferencia del doctor Tercedor the main attraction o the high point of the day was the talk by doctor TercedorD1 (de una balanza) scale pan, pan2 (de un tocadiscos) turntable3 ( Dep) clay pigeon4 (de la ducha) base, tray5 (en béisbol) home plate¡qué plato! what a scream o hoot o laugh! ( colloq)es un plato she's a scream o a riot* * *
Multiple Entries:
plato
plató
plato sustantivo masculino
1
lavar or fregar los platós to wash o do the dishes;
plató hondo or sopero soup dish;
plató llano or (RPl) playo or (Chi) bajo or (Méx) extendido (dinner) plate
2 ( contenido) plate, plateful
3
◊ plató central (Ven) main course;
plató combinado (Esp) meal served on one plate, eg burger, eggs and fries;
plató del día dish of the day;
plató fuerte or principal (Coc) main course
4
c) (Dep) clay pigeon
plató sustantivo masculino
set
plato sustantivo masculino
1 (pieza de vajilla) plate, dish
plato de postre, dessert plate
plato sopero, soup dish
2 (contenido) plateful, dish
3 (parte de una comida) course
primer plato, starter, first course
4 (receta) dish
5 (de balanza) pan, tray
6 (de tocadiscos) turntable
♦ Locuciones: no ser plato de gusto, to be no fun
pagar los platos rotos, to pay the consequences
plato fuerte, Cul main course o dish
(de un espectáculo) el plato fuerte de la noche fue el número de la contorsionista, the main attraction of the evening was the contortionist's number
plató m Cine TV set
' plató' also found in these entries:
Spanish:
cubierta
- cubierto
- fuente
- grabar
- herniarse
- honda
- hondo
- mella
- plato
- repetir
- servirse
- sopera
- sopero
- Tiro
- alguno
- alimenticio
- apetitoso
- árabe
- brocheta
- crema
- criollo
- curry
- desconchado
- desconcharse
- enchilar
- estrellar
- inclinar
- llenar
- minuta
- mirar
- mole
- orilla
- pedir
- platillo
- preparar
- quebrar
- quemar
- romper
- roto
- salado
- típico
- tiro
- tornamesa
English:
back
- course
- deck
- dish
- exit
- film set
- grill
- highlight
- hurl
- main
- menu
- ovenproof
- plate
- polish off
- rind
- set
- shallow
- soup bowl
- soup plate
- turntable
- baked beans
- dash
- dinner
- haggis
- hash
- heap
- hot
- rush
- starter
- turn
- wash
* * *plato nm1. [recipiente] plate, dish;lavar los platos to wash the dishes, Br to do the washing-up;estaba el mar como un plato the sea was like a millpond;Famcomer en el mismo plato to be great friends;Famnada entre dos platos nothing special;Fampagar los platos rotos to carry the can;Famparece que no ha roto un plato en su vida he looks as if butter wouldn't melt in his mouthplato hondo soup dish o plate;plato llano plate;Méx, RP plato playo plate;plato de postre dessert plate;plato sopero soup dish o plate2. [parte de una comida] course;segundo plato second course, main course;Fam [haber perdido la virginidad] to be spoiled goods plato combinado = single-course meal which usually consists of meat or fish accompanied by French fries and sometimes vegetables; Chile plato de fondo main course;plato fuerte [en una comida] main course;Fig main part;su actuación es el plato fuerte de la noche her performance is the night's main event;plato principal main course3. [comida] dish;mi plato favorito my favourite mealplato del día dish of the day;plato precocinado pre-cooked meal;plato preparado ready-made meal;plato típico typical dish;plato único single-course meal4. [de tocadiscos, microondas] turntable5. [de bicicleta] chain wheel6. [de balanza] pan, scale7. Dep clay-pigeon8. CompAm Famser un plato to be a scream;¡qué plato! how hilarious!* * *m1 recipiente plate;parece no haber roto un plato en su vida she looks as though butter wouldn’t melt in her mouth;pagar los platos rotos fam carry the can fam2 GASTR dish* * *plato nm1) : plate, dishlavar los platos: to do the dishes2) : serving, helping3) : course (of a meal)4) : dishplato típico: typical dish5) : home plate (in baseball)6)plato hondo : soup bowlplató nm: set (in the movies)* * *plato n1. (recipiente) plate2. (guiso) dish3. (parte de la comida) course -
19 shoot
ʃu:t
1. past tense, past participle - shot; verb1) ((often with at) to send or fire (bullets, arrows etc) from a gun, bow etc: The enemy were shooting at us; He shot an arrow through the air.) disparar, lanzar2) (to hit or kill with a bullet, arrow etc: He went out to shoot pigeons; He was sentenced to be shot at dawn.) fusilar, matar de un tiro3) (to direct swiftly and suddenly: She shot them an angry glance.) lanzar4) (to move swiftly: He shot out of the room; The pain shot up his leg; The force of the explosion shot him across the room.) salir disparado5) (to take (usually moving) photographs (for a film): That film was shot in Spain; We will start shooting next week.) rodar, filmar6) (to kick or hit at a goal in order to try to score.) tirar, disparar, chutar7) (to kill (game birds etc) for sport.) cazar
2. noun(a new growth on a plant: The deer were eating the young shoots on the trees.) brote, retoño- shoot down
- shoot rapids
- shoot up
shoot1 n broteshoot2 vb1. pegar un tiro / disparardon't shoot! ¡no dispares!2. chutar / disparar / tirar3. ir disparado / ir volandowhen the cat saw the dog, it shot up a tree cuando el gato vio al perro, subió al árbol volandotr[ʃʊːt]1 (person, animal) pegar un tiro a, pegar un balazo a; (hit, wound) herir (de bala); (kill) matar de un tiro, matar a tiros; (by firing squad) fusilar; (hunt) cazar3 (film) rodar, filmar; (photograph) fotografiar, sacar una foto de5 (bolt) echar, correr1 (fire weapon) disparar (at, a/sobre); (hunt with gun) cazar■ don't shoot! ¡no disparen!■ we're being shot at! ¡nos están disparando!2 SMALLSPORT/SMALL (aim at goal) tirar, disparar, chutar3 (move quickly) pasar volando, salir disparado,-a■ the record shot to the top of the charts el disco subió directamente al número uno de la lista de éxitos4 SMALLCINEMA/SMALL rodar, filmar5 SMALLBOTANY/SMALL brotar\SMALLIDIOMATIC EXPRESSION/SMALLto shoot for the moon pedir la lunato shoot it out (with somebody) resolverlo a tiros (con alguien), emprenderla a tiros (con alguien)to shoot pool jugar al billarto shoot one's mouth off irse de la lenguato shoot on sight disparar en el actoto shoot one's bolt echar el restoto shoot oneself pegarse un tiroto shoot oneself in the foot salirle a alguien el tiro por la culatato shoot to kill disparar a matar1) : disparar, tirarto shoot a bullet: tirar una bala2) : pegarle un tiro a, darle un balazo ahe shot her: le pegó un tirothey shot and killed him: lo mataron a balazos3) throw: lanzar (una pelota, etc.), echar (una mirada)4) photograph: fotografiar5) film: filmarshoot vi1) : disparar (con un arma de fuego)2) dart: ir rápidamenteit shot past: pasó como una balashoot n: brote m, retoño m, vástago mn.• brota s.f.• brote s.m.• pimpollo s.m.• plantón s.m.• renuevo s.m.• retoño s.m.• serpollo s.m.• tallo s.m.• tiro s.m.• vástago s.m. (Film)v.(§ p.,p.p.: shot) = rodar v.v.(§ p.,p.p.: shot) = balear v.• descargar v.• disparar v.• fusilar v.• herir con arma de fuego v.• tirar v.
I ʃuːt1) ( Bot) (bud, young leaf) brote m, retoño m, renuevo m; (from seed, potato) brote m2) ( shooting expedition) cacería f3) ( Cin) rodaje m, filmación f
II
1.
(past & past p shot) transitive verb1)a) \<\<person/animal\>\> pegarle* un tiro or un balazo athey shot him dead they shot him to death (AmE) lo mataron a tiros/de un tiro; to shoot oneself pegarse* un tiro; you'll get me shot! (colloq) me van a matar por tu culpa! (fam); to shoot the breeze o bull — (AmE) darle* a la lengua or a la sinhueso (fam)
b) ( hunt) \<\<duck/rabbit/deer\>\> cazar*2)a) ( fire) \<\<bullet\>\> disparar, tirar; \<\<arrow/missile\>\> lanzar*, arrojar; \<\<glance\>\> lanzar*b) (eject, propel) lanzar*, despedir*3) ( pass swiftly)to shoot the lights — (BrE colloq) saltarse la luz roja or (Méx tb) pasarse los altos
4)a) ( Sport) \<\<ball/puck\>\> lanzar*; \<\<goal\>\> marcar*, anotar(se) (AmL)b) ( play) (AmE) jugar* ato shoot craps/billiards — jugar* a los dados/al billar
5) ( Cin) rodar*, filmar6) ( inject) (sl) \<\<heroin/cocaine\>\> chutarse (arg), picarse* (arg)
2.
vi1)a) ( fire weapon) dispararto shoot to kill — disparar or tirar a matar
to shoot AT somebody/something — dispararle a alguien/a algo
b) ( hunt) cazar*to go shooting — ir* de caza
c) ( proceed) (colloq)can I ask you something? - sure, shoot! — ¿te puedo preguntar algo? - claro dispara! or (AmL) pregunta nomás!
2) ( move swiftly)she shoot past — pasó como una bala or como un bólido (fam)
3) ( Sport) tirar, disparar, chutar, chutear (CS)to shoot at goal — tirar al arco or (Esp) a puerta
•Phrasal Verbs:- shoot up
III
interjection (AmE colloq) miércoles! (fam & euf), mecachis! (fam & euf)[ʃuːt] (vb: pt, pp shot)1. N1) (Bot) brote m, retoño m2) (Cine) rodaje m ; (Phot) sesión f fotográfica3) (=shooting party) cacería f, partida f de caza; (=preserve) coto m de caza, vedado m de caza; (=competition) concurso m de tiro al blanco, certamen m de tiro al blanco2. VT1) (=wound) pegar un tiro a; (=kill) matar de un tiro; (more brutally) matar a tiros; (=execute) fusilar; (=hunt) cazaryou'll get me shot! * — ¡me van a asesinar or matar por tu culpa! *
•
he was shot as a spy — lo fusilaron por espía•
we often go shooting rabbits at the weekend — solemos ir a cazar conejos los fines de semana•
he was shot in the leg — una bala le hirió en la pierna•
he had been shot through the heart — la bala le había atravesado el corazón- shoot o.s. in the foot2) (=launch) [+ bullet, gun, arrow] disparar; [+ missile] lanzar3) (=propel) [+ object] lanzar (at hacia)•
the volcano shot lava high into the air — el volcán despidió or arrojó lava por los aires4) (fig) [+ glance, look] lanzar; [+ smile] dedicar; [+ ray of light] arrojar, lanzar•
she shot me a sideways glance — me lanzó una mirada de reojo, me miró de reojo•
he began shooting questions at her — empezó a acribillarla a preguntas- shoot the breeze or bull- shoot a line- shoot one's mouth offbolt 1., 1)5) (Cine) rodar, filmar; (Phot) [+ subject of picture] tomar, sacar6) (=speed through)•
to shoot the lights — (Aut) * saltarse un semáforo en rojo7) (=close) [+ bolt] correr8) (=play)9) * (=inject) [+ drugs] inyectarse, chutarse *, pincharse *3. VI1) (with gun) disparar, tirar; (=hunt) cazar•
to shoot at sth/sb — disparar a algo/algn•
to go shooting — ir de caza•
to shoot to kill — disparar a matar, tirar a matarshoot-to-kill policy — programa m de tirar a matar
2) (in ball games) (gen) tirar; (Ftbl) disparar, chutar•
to shoot at goal — tirar a gol, chutar•
to shoot wide — fallar el tiro, errar el tiro3) (=move rapidly)•
she shot ahead to take first place — se adelantó rápidamente para ponerse en primer puesto•
flames shot 100ft into the air — las llamas saltaron por los aires a 100 pies de alturathe car shot past or by us — el coche pasó como un rayo or una bala
•
to shoot to fame/stardom — lanzarse a la fama/al estrellato•
the pain went shooting up his arm — un dolor punzante le subía por el brazo4) (Bot) (=produce buds) brotar; (=germinate) germinar5) (Cine) rodar, filmar; (Phot) sacar la foto, disparar6) (US)* (in conversation)shoot! — ¡adelante!, ¡dispara!
4.EXCL* euphoh shoot! — ¡caracoles! *, ¡mecachis! (Sp) *
- shoot up* * *
I [ʃuːt]1) ( Bot) (bud, young leaf) brote m, retoño m, renuevo m; (from seed, potato) brote m2) ( shooting expedition) cacería f3) ( Cin) rodaje m, filmación f
II
1.
(past & past p shot) transitive verb1)a) \<\<person/animal\>\> pegarle* un tiro or un balazo athey shot him dead they shot him to death (AmE) lo mataron a tiros/de un tiro; to shoot oneself pegarse* un tiro; you'll get me shot! (colloq) me van a matar por tu culpa! (fam); to shoot the breeze o bull — (AmE) darle* a la lengua or a la sinhueso (fam)
b) ( hunt) \<\<duck/rabbit/deer\>\> cazar*2)a) ( fire) \<\<bullet\>\> disparar, tirar; \<\<arrow/missile\>\> lanzar*, arrojar; \<\<glance\>\> lanzar*b) (eject, propel) lanzar*, despedir*3) ( pass swiftly)to shoot the lights — (BrE colloq) saltarse la luz roja or (Méx tb) pasarse los altos
4)a) ( Sport) \<\<ball/puck\>\> lanzar*; \<\<goal\>\> marcar*, anotar(se) (AmL)b) ( play) (AmE) jugar* ato shoot craps/billiards — jugar* a los dados/al billar
5) ( Cin) rodar*, filmar6) ( inject) (sl) \<\<heroin/cocaine\>\> chutarse (arg), picarse* (arg)
2.
vi1)a) ( fire weapon) dispararto shoot to kill — disparar or tirar a matar
to shoot AT somebody/something — dispararle a alguien/a algo
b) ( hunt) cazar*to go shooting — ir* de caza
c) ( proceed) (colloq)can I ask you something? - sure, shoot! — ¿te puedo preguntar algo? - claro dispara! or (AmL) pregunta nomás!
2) ( move swiftly)she shoot past — pasó como una bala or como un bólido (fam)
3) ( Sport) tirar, disparar, chutar, chutear (CS)to shoot at goal — tirar al arco or (Esp) a puerta
•Phrasal Verbs:- shoot up
III
interjection (AmE colloq) miércoles! (fam & euf), mecachis! (fam & euf) -
20 chimenea
f.1 fireplace.2 chimney (tubo).3 smokestack, chimney.* * *1 chimney2 (hogar) fireplace, hearth3 (de barco) funnel, stack\no andar bien de la chimenea familiar to be off one's rockerchimenea de campana canopy fireplacechimenea de ventilación air shaftchimenea francesa fireplace with a mantelpiece* * *noun f.1) chimney2) fireplace* * *SF1) [en el tejado] chimney; [de fábrica] smokestack, chimney2) [dentro de casa] fireplace, hearth3) [de barco] funnel4) (Min) shaft5) * (=cabeza) nut **, noggin (EEUU) *, head* * *1)a) ( de casa) chimney; ( de barco) smokestack (AmE), funnel (BrE); (de locomotora, fábrica) smokestack (AmE), chimney (BrE)fumar como (una) chimenea — (fam) to smoke like a chimney (colloq)
b) ( de volcán) vent2) ( hogar) fireplace, hearth•* * *= fireplace, hearth, chimney, smokestack.Nota: Referido a la estructura que sobresale generalmente por el tejado de un edificio.Ex. A modern comfortable library could look like that in Berlin's Tiergarten, with its opne-air gardens, or resemble Evanston's library with its comfortable chairs and elegant (and, one hopes, safe) fireplaces.Ex. The first phase of occupation was represented by at least one timber-framed house with a central hearth, dated to the early 13th c.Ex. These concept areas include: (1) fuels; (2) chimneys and flues; (3) safety regulations; (4) heating systems; and (5) environmental considerations.Ex. Nearly everyone has seen a factory's smokestack billowing out black sooty smoke that dirties the air and blackens buildings.----* campana de la chimenea = chimney breast.* cañón de la chimenea = flue.* chimenea de leña = wood-burning fireplace.* chimenea hidrotermal = hydrothermal vent, hydrothermal venting.* chimenea volcánica = volcanic vent.* fumar como una chimenea = smoke like + a chimney.* junto a la chimenea = at the fireside.* reparador de chimeneas = steeplejack.* * *1)a) ( de casa) chimney; ( de barco) smokestack (AmE), funnel (BrE); (de locomotora, fábrica) smokestack (AmE), chimney (BrE)fumar como (una) chimenea — (fam) to smoke like a chimney (colloq)
b) ( de volcán) vent2) ( hogar) fireplace, hearth•* * *= fireplace, hearth, chimney, smokestack.Nota: Referido a la estructura que sobresale generalmente por el tejado de un edificio.Ex: A modern comfortable library could look like that in Berlin's Tiergarten, with its opne-air gardens, or resemble Evanston's library with its comfortable chairs and elegant (and, one hopes, safe) fireplaces.
Ex: The first phase of occupation was represented by at least one timber-framed house with a central hearth, dated to the early 13th c.Ex: These concept areas include: (1) fuels; (2) chimneys and flues; (3) safety regulations; (4) heating systems; and (5) environmental considerations.Ex: Nearly everyone has seen a factory's smokestack billowing out black sooty smoke that dirties the air and blackens buildings.* campana de la chimenea = chimney breast.* cañón de la chimenea = flue.* chimenea de leña = wood-burning fireplace.* chimenea hidrotermal = hydrothermal vent, hydrothermal venting.* chimenea volcánica = volcanic vent.* fumar como una chimenea = smoke like + a chimney.* junto a la chimenea = at the fireside.* reparador de chimeneas = steeplejack.* * *A1 (de una casa) chimney; (de un barco) smokestack ( AmE), funnel ( BrE); (de una locomotora, fábrica) smokestack ( AmE), chimney ( BrE)3 (de un paracaídas) ventCompuestos:air shaftventilation shaftcooling towerB (hogar) fireplace, hearthsentados frente a la chimenea sitting in front of the fireplace o hearth o fireechar un leño a la chimenea to put a log on the fire* * *
chimenea sustantivo femenino
1
(de locomotora, fábrica) smokestack (AmE), chimney (BrE)
2 ( hogar) fireplace, hearth
chimenea sustantivo femenino
1 (hogar) fireplace, hearth
2 (tiro del humo) chimney
La parte de la chimenea donde se encuentra el fuego (la parte interior) se llama fireplace y la parte por donde sale el humo (la parte exterior) se llama chimney. Si te refieres a la chimenea de un barco, debes emplear la palabra funnel.
' chimenea' also found in these entries:
Spanish:
hogar
- tenaza
- tenazas
- Tiro
- tronco
- campana
- humear
- lumbre
- pantalla
- parrilla
- pinza
- rejilla
- repisa
- tiraje
- tirar
- tiro
English:
chimney
- fender
- fire
- fireplace
- funnel
- grate
- hearth
- mantelpiece
- smoke
- stack
- sweep
- open
* * *chimenea nf1. [tubo] [de casa] chimney;[de locomotora, fábrica] chimney, smokestack; [de barco] funnel, smokestack;entrar/salir por la chimenea [humo, viento] to come down/go up the chimney2. [hogar] fireplace;encender la chimenea to light the fire4. [de paracaídas] apex5. [en montaña, glaciar] chimneyno te calientes la chimenea don't worry your head about it* * *f1 chimney2 de salón fireplace* * *chimenea nf1) : chimney2) : fireplace* * *chimenea n1. (en general) chimney2. (hogar) fireplace3. (de barco) funnel
См. также в других словарях:
Tiro — ► sustantivo masculino 1 Acción y resultado de tirar. 2 Disparo de un arma de fuego: ■ la mató de un solo tiro. SINÓNIMO descarga 3 Sonido producido por un disparo de arma de fuego: ■ oí el tiro y gritos. SINÓNIMO detonación 4 Señal, huella o… … Enciclopedia Universal
Tiro de Gracia (banda) — Tiro de Gracia Datos generales Origen Chile, Santiago Estado … Wikipedia Español
Tiro Loco McGraw — Título Tiroloco McGraw Género Dibujos animados Creado por William Hanna Joseph Barbera … Wikipedia Español
Tiro de Gracia — Saltar a navegación, búsqueda Tiro de Gracia Información personal Origen Santiago de Chile, Chil … Wikipedia Español
tiro — sustantivo masculino 1. Acción y resultado de tirar: Quiso darle con una piedra, pero falló el tiro. Sinónimo: lanzamiento. 2. Disparo de un arma de fuego: Esa película es muy violenta, hay muchos tiros. tiro de gracia Tiro que se da a una… … Diccionario Salamanca de la Lengua Española
Tiro Suizo — Saltar a navegación, búsqueda Tiro Suizo se refiere a tres entidades en la ciudad de Rosario, Provincia de Santa Fe, República Argentina : el barrio, el club social y el cine que supo funcionar en las inmediaciones. El Club es el que le ha… … Wikipedia Español
Tiro Suizo (Rosario) — Tiro Suizo se refiere a tres entidades en la ciudad de Rosario, Provincia de Santa Fe, República Argentina : el barrio, el club social y el cine que supo funcionar en las inmediaciones. El Club es el que le ha dado el nombre tanto al barrio… … Wikipedia Español
Una semana en el motor de un autobús — Álbum de Los Planetas Publicación 13 de abril de 1998 Grabación Grabado en Zabriskie Point (Nueva York, Estados Unidos) en enero de 1998 Mezclado en Red Led (Madrid) en febrero de 1998 … Wikipedia Español
Tiro con arco — Este artículo o sección sobre deporte necesita ser wikificado con un formato acorde a las convenciones de estilo. Por favor, edítalo para que las cumpla. Mientras tanto, no elimines este aviso puesto el 6 de enero de 2008. También puedes ayudar… … Wikipedia Español
Tiro — Para otros usos de este término, véase Tiro (desambiguación). Tiro … Wikipedia Español
Tiro libre (fútbol) — En fútbol, un tiro libre es una forma de reanudar el juego tras una falta. El balón deberá estar inmóvil cuando se lanza el tiro y el ejecutor no podrá volver a jugar el balón antes de que éste haya tocado a otro jugador. En un tiro libre se… … Wikipedia Español